Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 12 settembre 2019, n. 22766

Tributi - Contenzioso tributario - Sentenza - Annullamento della cartella impugnata per difetto di motivazione - Eccezione non dedotta nel ricorso - Rilevabilità d’ufficio - Esclusione - Ultra petitum - Nullità della sentenza

 

Rilevato che

 

1. con sentenza n. 389/17/11 del 25/11/2011, la Commissione tributaria regionale della Campania (hinc CTR) accoglieva l'appello proposto dalla Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 345/02/10 resa dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli (hinc CTP), che aveva a sua volta accolto il ricorso proposto da A.M. avverso una cartella di pagamento per IRPEF ed ILOR relative agli anni d'imposta 1994 e 1995;

1.1. come si evince dalla sentenza della CTR: a) con la cartella di pagamento impugnata l'Amministrazione finanziaria, dopo avere sgravato l'IRPEF e l'ILOR sull'erroneo presupposto del passaggio in giudicato di sentenza favorevole al contribuente e riguardante la sola IVA, aveva proceduto al recupero dei menzionati crediti; b) la CTP accoglieva il ricorso del contribuente sul presupposto della carenza di motivazione dell'atto impugnato; c) la sentenza della CTP era appellata dall'Agenzia delle Entrate;

1.2. su queste premesse, la CTR motivava l'accoglimento dell'appello osservando che: a) i giudici di primo grado erano andati «ultra petitum in quanto l'eccezione sul difetto di motivazione della cartella impugnata non è stata sollevata dal contribuente nel ricorso introduttivo»; b) «gli avvisi di accertamento furono ritualmente notificati e il contribuente fu avvisato da una raccomandata A/R con ricevuta di ritorno che gli stessi giacevano presso l'ufficio postale»;

2. A.M. impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;

3. l'Agenzia delle Entrate resisteva in giudizio con controricorso e proponeva, altresì, ricorso incidentale affidato a due motivi;

 

Considerato che

 

1. va pregiudizialmente evidenziata l'infondatezza dell'eccezione di inammissibilità del ricorso proposta dall'Agenzia delle entrate per non avere la ricorrente impugnato l'autonoma ratio decidendi costituita dalla regolare notificazione degli avvisi di accertamento che supportano l'iscrizione a ruolo e, quindi, l'emissione della cartella di pagamento da parte dell'Agenzia delle entrate;

1.1. la mancata impugnazione in punto di invalidità della notificazione dei menzionati atti impositivi non è idonea a far venire meno l'interesse della ricorrente a vedere riconosciute le proprie pretese concernenti: a) il vizio di motivazione della cartella di pagamento; b) la cessazione della materia del contendere in ragione del pregresso sgravio di altra cartella di pagamento avente analogo oggetto; c) la non debenza di sanzioni ed interessi in ragione dell'intervenuta prescrizione quinquennale del credito;

1.2. invero, le questioni poste dal ricorrente prescindono dalla regolare notificazione degli avvisi di accertamento, nel senso che possono essere fatte valere anche nei confronti di una cartella di pagamento emessa sulla basa di atti impositivi regolarmente notificati;

2. con il primo motivo di ricorso principale, A.M. deduce la nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., evidenziando che il giudice di primo grado non sarebbe andato ultra petita partium nel rilevare il difetto di motivazione della cartella di pagamento impugnata, pur in assenza di specifica censura da parte del ricorrente, atteso che tale vizio è rilevabile d'ufficio dal giudice di merito, alla cui attenzione è stata comunque sottoposta la questione della legittimità della emissione della cartella;

3. il motivo è infondato;

3.1. è pacifico che il ricorrente non abbia impugnato la cartella di pagamento per vizio di motivazione, ma, come si evince dalla stessa sentenza della CTR, per illegittimità dell'emissione della stessa in ragione dell'intervenuto sgravio e per la prescrizione quinquennale di sanzioni e interessi;

3.2. orbene, è noto che per gli atti tributari (e, dunque, anche per la cartella di pagamento) il legislatore, nella sua discrezionalità, ha configurato una categoria unitaria d'invalidità-annullabilità: ciò comporta, da un lato, che il contribuente ha l'onere della tempestiva impugnazione nel termine decadenziale di cui all'art. 21 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, onde evitare il definitivo consolidarsi della pretesa tributaria, e dall'altro che eventuali vizi dell'atto, anche ove emergenti dagli atti processuali, non possano essere rilevati d'ufficio dal giudice (Cass. n. 18448 del 18/09/2015; Cass. n. 381 del 13/01/2016; si vedano, altresì, Cass. n. 10802 del 05/05/2010; Cass. n. 13087 del 08/09/2003; Cass. n. 8114 del 05/06/2002);

3.2.1. invero, i vizi di invalidità dell'atto impositivo per difetto di elementi formali essenziali, incompetenza o violazione di norme sul procedimento non sono rilevabili d'ufficio nel contenzioso tributario, laddove solo la contestazione dei fatti costitutivi della pretesa si risolve in una mera difesa (Cass. n. 19414 del 30/09/2015);

3.3. legittimamente, pertanto, il giudice di appello ha ritenuto che la CTP sia andata ultra petita partium in quanto il difetto di motivazione dell'atto impositivo impugnato non è rilevabile d'ufficio dal giudice;

4. con il secondo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 56 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., evidenziando che il giudice di appello ha omesso di esaminare i motivi di impugnazione ritenuti assorbiti dal giudice di primo grado;

5. il motivo è inammissibile;

5.1. secondo la giurisprudenza di questa Corte, «affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, è necessario, da un lato, che al giudice di merito fossero state rivolte una domanda o un'eccezione autonomamente apprezzabili, e, dall'altro, che tali domande o eccezioni siano state riportate puntualmente, nei loro esatti termini, nel ricorso per cassazione, per il principio dell'autosufficienza, con l'indicazione specifica, altresì, dell'atto difensivo o del verbale di udienza nei quali le une o le altre erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività, e, in secondo luogo, la decisività» (Cass. S.U. n. 15781 del 28/07/2005; conf., da ultimo, Cass. n. 5344 del 04/03/2013);

5.2. nel caso di specie, il ricorrente ha solo dedotto di avere riproposto in appello le censure ritenute assorbite dalla sentenza della CTP e di cui la stessa CTR ha dato conto, ma non ha indicato l'atto laddove avrebbe formulato tali censure, né trascritto le censure medesime, con conseguente inammissibilità del motivo per difetto assoluto di specificità;

5.3. in ogni caso, il motivo non è congruente con la decisione del giudice di appello, che ha preso in esame la questione posta da parte ricorrente all'attenzione del giudice tributario fin dal primo grado;

5.3.1. invero, la CTR, oltre ad evidenziare il vizio di ultrapetizione in cui è incorso il giudice di primo grado, sottolinea che gli avvisi di accertamento che sorreggono la cartella di pagamento sono stati regolarmente notificati al contribuente, il che esclude ogni possibile rilievo dell'eccezione di prescrizione sollevata in primo grado e costituente l'unico vizio denunciato (oltre al rilievo della cessazione della materia del contendere) secondo quanto evincibile dallo stesso ricorso per cassazione (pagg. 4-5);

6. con il terzo motivo di ricorso si contesta la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell'art. 2909 cod. civ. e delle regole che sovrintendono il giudicato tributario, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., evidenziandosi che il giudicato sulla pretesa impositiva relativa all'omesso pagamento dell'IVA è opponibile anche con riferimento alle altre imposte;

7. in disparte dall'erroneo riferimento del ricorso all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., anziché al n. 3, sostanziandosi la violazione del giudicato in una violazione di legge (Cass. n. 15339 del 12/06/2018; Cass. n. 21200 del 05/10/2009; Cass. S.U. n. 24664 del 28/11/2007), il motivo è infondato;

7.1. invero, «nel processo tributarie l'efficacia espansiva del giudicato esterno non ricorre quando i separati giudizi riguardino tributi diversi (nella specie, IVA ed IRPEG - ILOR), stante la diversità strutturale delle suddette imposte, oggettivamente differenti, ancorché la pretesa impositiva sia fondata sui medesimi presupposti di fatto» (Cass. n. 235 del 09/01/2014; Cass. n. 14596 del 06/06/2018; si vedano, altresì, Cass. n. 8773 del 04/04/2008; Cass. n. 5943 del 14/03/2007; Cass. n. n. 25200 del 30/11/2009);

7.2. ne consegue che il ricorrente non può fare valere nel presente giudizio, che ha ad oggetto IRPEF e IRAP, un giudicato riguardante l’IVA;

8. con i due motivi di ricorso incidentale l'Agenzia delle entrate deduce: a) la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 (rectius n. 4), cod. proc. civ.; b) la violazione e falsa applicazione dell'art. 2909 cod. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.;

8.1. in buona sostanza, la ricorrente incidentale si duole dell'omessa pronuncia sulla questione, sollevata in appello, della inapplicabilità del giudicato esterno in materia di IVA ad altre imposte e, comunque, della fondatezza della relativa questione;

9. i motivi di ricorso incidentale restano assorbiti in ragione del rigetto del ricorso principale, con conseguente conferma della sentenza di appello, integralmente favorevole all'Agenzia delle entrate;

10. in conclusione, va rigettato il ricorso principale e dichiarato assorbito quello incidentale; in ragione della soccombenza, il ricorrente va condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo avuto conto di un valore di lite dichiarato superiore ad euro 520.000,00;

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna la ricorrente al pagamento, nei confronti della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi euro 10.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.