Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 21 giugno 2018, n. 16332

Tributi - Tariffa di Igiene Ambientale (T.I.A.) - Natura di tributo - Non soggetta ad IVA

 

Rilevato che

 

1. Con sentenza n. 136/2013 il Giudice di Pace di Venezia rigettava l'opposizione proposta dalla V.. s.p.a. avverso il decreto ingiuntivo n. 392/2012, con il quale le era stato ingiunto il pagamento, in favore di L. B., della somma di E. 185,73 a titolo di rimborso degli importi IVA, ritenuti indebitamente incassati dalla stessa V. su fatture relative alla Tariffa di Igiene Ambientale di cui all'art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997 (c.d. TIA1) e, a partire dal giugno 2011, alla Tariffa Integrata Ambientale di cui all'art. 238 del d.lgs. n. 152 del 2006 (c.d. TIA 2).

2. Avverso tale sentenza proponeva appello la V. s.p.a. deducendo, tra l'altro, l'assoggettabilità ad IVA sia della TIA 1 che della TIA 2.

3. Il Tribunale di Venezia, con sentenza n. 1420 del 2016, depositata il 31/5/2016, notificata a mezzo PEC il 9/6/2016, riformava parzialmente la sentenza di primo grado limitatamente alla entità delle spese liquidate, confermando nel resto la decisione impugnata. In particolare, per quel che rileva in questa sede, il Tribunale, sulla premessa che le due tariffe, relative rispettivamente alla TIA1 e alla TIA2, fossero state ritenute dalla Suprema Corte (con sent. n. 3756 del 2012) lo stesso tributo, e che quindi potessero essere trattate congiuntamente, ha affermato la natura tributaria della TIA, in quanto mera variante della TARSU, e la conseguente non assoggettabilità ad IVA di tale tariffa (in entrambe le fattispecie oggetto di causa, i.e. sia TIA1 che TIA2), in conformità alla giurisprudenza della Corte Costituzionale (sent. n. 238/2009 e ord. n. 64/2010) ed al successivo consolidato orientamento di questa Corte, confermato dalla Sezioni Unite con sentenza n. 5078 del 2016.

4. Avverso la suindicata pronuncia la V. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. Resiste con controricorso L. B..

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

 

Considerato che

 

1. Con l'unico motivo di ricorso la s.p.a. denuncia la "violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, 3, 4, co. lI e III d.p.r. 633/1972, 238 d.lgs n. 152/2006 e 14 c. 33, d.l. n. 78/2010, convertito, con modificazioni nella legge 30 luglio 2010, n. 122, in relazione all'art. 360 n. 3, c.p.c., per avere la sentenza impugnata erroneamente accomunato la tariffa disciplinata dall'art. 238 d.lgs. n. 162/2006 (c.d. TIA2) a quella disciplinata dall'art. 49, d.lgs 22/1997 (c.d. TIA1) e per averne escluso la natura corrispettiva e/o comunque per avere escluso il suo assoggettamento all'IVA".

Come precisato dalla ricorrente, la censura è volta ad impugnare la decisione del giudice d'appello limitatamente alla ritenuta inapplicabilità dell'IVA alla Tariffa Integrata Ambientale di cui all'art. 238 del d.lgs n. 152 del 2006 (c.d. TIA2), adottata nel Comune di Venezia (nel quale è ubicato l'immobile in relazione al quale è stata pagata la Tariffa di cui è causa) negli anni 2011 e 2012. Con riferimento alle pregresse annualità oggetto di causa, in cui era stata applicata la "vecchia" Tariffa di cui all'art. 49 del d.lgs n. 22 del 1997 (c.d. TIA1), la V. non ha invece ritenuto di sollevare alcuna doglianza, prendendo atto del consolidato orientamento di legittimità, confermato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 5078 del 2016, secondo il quale la TIA1, avendo natura di tributo e non di corrispettivo, non può essere assoggettata ad IVA.

Nell'illustrazione del motivo la ricorrente afferma che il Tribunale di Venezia avrebbe errato nell'assimilare la TIA 2 alla TIA 1, traendo anche per la prima le conclusioni alle quali è giunta la citata giurisprudenza di legittimità in tema di inapplicabilità dell'IVA.

1.1. Il motivo è fondato.

Preliminarmente, deve essere disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata nel controricorso per "non identificabilità del petitum" e fondata sull'assunto che il ricorso non avrebbe "distinto le bollette oggetto dell'originario decreto ingiuntivo facenti riferimento alla TIA1 rispetto a quelle facenti riferimento alla TIA2", sicché il petitum sarebbe "generico ed incomprensibile".

Invero, detta eccezione risulta infondata, atteso che nel ricorso, a pag. 7, si legge: "La presente impugnazione riguarda dunque la negata, dal Tribunale, applicazione dell'IVA alla Tariffa integrata ambientale di cui all'art. 238 del d.lgs. n. 152/2006, cd. TIA2, applicata nel comune di Venezia (nel quale è ubicato l'immobile in relazione al quale è stata pagata la TIA — ricorso per ingiunzione, doc. 5, p.1, allegato sub 1 nel fascicolo degli atti relativi al giudizio di primo grado-) negli anni 2011 e 2012. Si tratta delle somme indicate ai punti da 34) a 39) nella tabella di cui alle pp. 8-9 del ricorso per ingiunzione (doc. 5)"

Così formulato, il "petitum" risulta adeguatamente specificato non solo "per relationem", mediante il puntuale riferimento alle somme di cui ai punti da 34) a 39) della tabella di cui alle pp. 8 e 9 del ricorso per ingiunzione (contenuto nel fascicolo di primo grado), ma anche in virtù del deposito di tale atto unitamente al ricorso per cassazione (sub doc. n. 5), del quale viene dunque a formare parte integrate.

Ciò premesso, al fine di un corretto inquadramento della questione, è opportuno individuare il quadro normativo di riferimento, con particolare attenzione alla disciplina che ha caratterizzato il periodo del "passaggio" dall'una all'altra TIA ed alla giurisprudenza di legittimità intervenuta sull'argomento, tenendo presente che le decisioni già emesse in materia di "TIA" sono state tutte relative a fattispecie in cui veniva direttamente in rilievo solo la c.d. TIA1.

1.2 . LA TIA1

La materia dello smaltimento dei rifiuti, come disciplinata dal d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 e successive modificazioni (c.d. TARSU), ebbe a subire una rilevante modifica in forza dell'art. 49 del d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio: c.d. "decreto Ronchi), successivamente modificato dall'art. 1, comma 28, della legge 9 dicembre 1998, n. 426, e dall'art. 33 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Finanziaria 2000), il quale stabilì l'obbligo dei Comuni di effettuare, in regime di privativa, la gestione dei rifiuti urbani ed assimilati e, in particolare, di istituire una "tariffa" per la copertura integrale dei costi per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico, nelle zone del territorio comunale.

Tale tariffa — usualmente denominata "Tariffa di Igiene Ambientale" (TIA1) — era composta "da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all'entità dei costi digestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio" (art. 49, comma 4, d.lgs. n. 22 del 1997).

Con regolamento del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, venne elaborato il metodo normalizzato per definire le componenti dei costi e determinare la tariffa di riferimento. Il metodo normalizzato fu approvato con il regolamento di cui al d.p.r. 27 aprile 1999, n. 158 (Norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani).

Diversamente dalla normativa sulla TARSU, della cui natura pubblicistica non si è mai dubitato, l'art. 49 del decreto Ronchi non qualificò espressamente il prelievo come tributo o tassa, pur mantenendo il riferimento testuale alla "tariffa"; stabili altresì che la TIA doveva sempre coprire l'intero costo del servizio di gestione dei rifiuti.

Peraltro, la completa soppressione della TARSU e la sua sostituzione con la TIA1, inizialmente fissata a decorrere dal 1 ° gennaio 1999, venne via via differita dal legislatore, che nel frattempo dettò un articolato regime transitorio. Con l'ultimo differimento, previsto dall'art. 1, comma 134, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (finanziaria 2006), il passaggio definitivo dalla TARSU alla TIA1 fu, per l'ultima volta, fissato tra il 1 gennaio 2007 e il 1 gennaio 2008.

Nei primi tempi successivi alla approvazione del d.lgs. n. 22 del 1997, furono manifestate, sia in dottrina che in giurisprudenza, diverse incertezze sulla esatta qualificazione giuridica della c.d. TIA1, che, per alcuni, assumeva natura privatistica e, per altri, tributaria.

A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 238 del 2009 (e dell'ordinanza n. 64 del 2010, di analogo tenore) - la quale, sia pure nell'ambito di una sentenza  interpretativa di rigetto, affermò che la tariffa in questione non costituisce una entrata patrimoniale di diritto privato, ma una mera variante della TARSU disciplinata dal d.P.R. 15/11/1993, n. 507, di cui conserva la qualifica di tributo - si è andato consolidando nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale la TIA1 non è assoggettabile ad IVA.

Ciò in quanto, come precisato da questa Corte, la tariffa in questione "ha natura tributaria, mentre l'imposta sul valore aggiunto mira a colpire una qualche capacità contributiva che si manifesta quando si acquisiscono beni o servizi versando un corrispettivo, in linea con la previsione di cui all'art. 3 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, non quando si paga un'imposta, sia pure destinata a finanziare un servizio da cui trae beneficio il medesimo contribuente" (ex multis: Cass., sez. 5, 2/03/2012, n. 3293, Rv. 621524 — 01; Cass., sez. 5, 9/03/2012, n. 3756, Rv. 621910 — 01, Cass. Sez. 5, 13/04/2012, n. 5831, Rv. 621911 —01; Cass. sez. 6-5, 10/03/2015, n. 4723, Rv. 635064 - 01).

Tale orientamento è stato infine confermato anche dalle Sezioni Unite con la sentenza del 15 marzo 2016, n. 5078, Rv. 639013 — 01, sicché il principio della natura tributaria della TIA1 e della sua conseguente non assoggettabilità all'IVA costituisce oggi diritto vivente.

1.3. LA TIA 2.

L'art. 238 del d.lgs 3 aprile 2006 n. 152 (Norme in materia ambientale: c.d. Codice dell'ambiente) ha soppresso la tariffa di cui all'art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997 (TIA1), sostituendola con la diversa "Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani" (come testualmente indicato nella rubrica dell'articolo), che una disposizione successiva (l'art. 5, comma 2- quater, del d.l. 30 dicembre 2008, n. 208 (Misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell'ambiente), convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, denominò "Tariffa Integrata Ambientale" (c.d. TIA2).

La tariffa integrata, in particolare, è dovuta da"chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree scoperte ad uso privato o pubblico non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, che producano rifiuti urbani e costituisce "il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e ricomprende anche i costi indicati dall'art. 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36" (art. 238, comma 1, d.lgs. 152/2006); la stessa, inoltre, viene "commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base di parametri [...] che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali" (comma 2).

Siffatto dato normativo si differenzia in modo significativo da quello che caratterizzava la (soppressa, ancorché con le proroghe e la disciplina transitoria di cui si dirà) TIA1 (come disciplinata dall'art. 49 del d.lgs n. 22 del 1997), in quanto, da una lato individua il fatto generatore dell'obbligo del pagamento nella produzione di rifiuti, e dunque alla effettiva fruizione del servizio, commisurando altresì l'entità del dovuto alla quantità e qualità dei rifiuti prodotti, e, dall'altro, afferma in modo chiaro (ed innovativo) la natura di "corrispettivo" della tariffa.

Tale costruzione legislativa della "nuova" Tariffa, per la prima volta espressamente definita in termini di "corrispettivo" del servizio cui si riferisce, depone per la sua natura privatistica, con conseguente assoggettabilità all'IVA ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in linea con quanto desumibile "a contrario" dal principio affermato dalle S.U. (Cass. S.U. n. 5078 del 2016, cit.), e dalla precedente conforme giurisprudenza di legittimità, in relazione alla TIA1.

Né rileva in contrario la circostanza che il pagamento della TIA2 (come quello della TIA1) sia obbligatorio per legge, atteso che il citato art. 3 del d.P.R. n. 633/1972 prevede che "le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d'opera, appalto, trasporto, mandato,spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere" costituiscono prestazioni di servizi (ai fini della assoggettabilità all'IVA ex art. 1 del medesimo decreto) "quale ne sia la fonte".

La stessa Corte costituzionale, nella già citata sentenza n. 238/2009, ha tenuto ben distinte le due TIA, avendo precisato che "la rilevata formale diversità delle fonti istitutive delle due suddette tariffe (ancorché entrambe usualmente denominate, in breve, TIA1), la successione temporale delle fonti, la parziale diversità della disciplina sostanziale di tali prelievi, il fatto che la tariffa integrata espressamente sostituisce la tariffa di igiene ambientale, nonché la circostanza che i giudizi riuniti ... hanno ad oggetto solo avvisi di accertamento della tariffa di igiene ambientale per gli anni d'imposta 2007 e 2008 sono tutti elementi che impediscono di ritenere che la questione sollevata dalla suddetta commissione tributaria riguardi, oltre alla tariffa di igiene ambientale, anche la tariffa integrata ambientale" (punto 6.2). Ed ha comunque ritenuto opportuno rilevare che, "contrariamente a quanto sembrano ritenere il rimettente e la difesa erariale, il termine «corrispettivo» non compare, con riguardo alla TIA, nel cosiddetto "decreto Ronchi", ma solo nell'art. 238, comma 1, secondo periodo, del d.lgs. n. 152 del 2006 ed è riferito esclusivamente alla tariffa integrata ambientale, estranea alla questione di legittimità in esame".

Ancora, la Corte costituzionale, nella medesima sentenza, precisa che "quanto al diritto comunitario, esso, con tutta chiarezza, si limita a richiedere che la legislazione nazionale garantisca un ragionevole collegamento tra la produzione di rifiuti e la copertura del costo per il loro smaltimento, secondo un principio di proporzionalità, in modo che tale costo sia posto a carico, per una parte significativa, de/produttore dei rifiuti. Ed ove questa attribuzione di costi sia rispettata, resta indifferente per il diritto comunitario se essa sia realizzata dal legislatore mediante l'istituzione di un tributo o la previsione di un corrispettivo privatistico".

La natura "privatistica" della TIA2, e dunque la sua portata innovativa ed ontologicamente diversa rispetto alla precedente TIA1, già desumibile dal tenore della norma istitutiva, è stata poi definitivamente confermata dall'art. 14, comma 33, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122, il quale ha previsto che "le disposizioni di cui al d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238, si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria".

A fronte del chiaro disposto di tale norma, è evidente che, a seguito della sua emanazione, non è più dato neppure interrogarsi sulla natura di corrispettivo, e non di tributo, della TIA2 e sulla conseguente sua assoggettabilità ad IVA.

Tuttavia, è opportuno chiarire la questione della portata interpretativa o meno del citato art. 14, comma 3, d.l. n. 78/2010, alla luce delle osservazioni della Procura generale, nella parte in cui si afferma che alla citata norma "non è stata riconosciuta natura interpretativa, poiché sino all'intervento del legislatore era pacifica la natura di tributo della TIA2 (SS.UU. n. 26268/2016), ma è evidente che dal momento della sua entrata in vigore non sia più possibile sostenere che la TIA rappresenti un tributo e non il corrispettivo della prestazione di un servizio (in termini Cass., sez. trib, 11/1/2018 n. 455, che afferma la natura tributaria della TIA2 limitatamente al periodo antecedente all'entrata in rigore della norma di cui al citato art. 14, comma 33, d.l. n. 78/2010".

Invero, l'esame dei precedenti di legittimità evidenzia, da un lato, che la Suprema Corte non si è mai espressa nel senso di attribuire alla TIA2 (introdotta dall'art. 238 del d.lgs n. 152/2006) la natura di tributo e, dall'altro, che la questione della portata interpretativa del d.l. n. 78/2010 non si è mai posta con riferimento alla TIA2, bensì solo alla TIA1 (di cui all'art. 49 del d.lgs n. 22 del 1997) .

Del resto, il problema del valore interpretativo o meno da attribuire al citato d.l. n. 78/2010 (e dunque della sua portata retroattiva) si poteva concretamente porre solo con specifico riferimento alla TIA1, atteso che, in virtù di successive proroghe, la TIA2 ha potuto trovare applicazione (peraltro facoltativa) da parte dei Comuni solo a decorrere dalla data del 30 giugno.

1.4. La transizione dalla TIA1 alla TIA2.

Giova a questo punto ricordare la disciplina che ha caratterizzato le modalità della fase di transizione dalla prima alla seconda TIA.

La soppressione della precedente TIA1 avrebbe dovuto avere effetto dalla data di entrata in vigore dello stesso art. 238 del d.lgs. n. 152 del 2006. Tuttavia, fino alla completa attuazione della TIA2, attraverso l'emanazione di un regolamento ministeriale ed il compimento dei successivi adempimenti per l'applicazione della tariffa, si stabilì che "continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti" (art. 238, comma 11, d.lgs. 152/2006).

A questo punto, in attesa dell'adozione del detto regolamento ministeriale, il comma 184 dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, quale modificato dall'art. 5, commi da 1 a 2-quinquies del d.l. n. 208 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 13 del 2009, stabilì che il regime di prelievo relativo al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottato in ciascun comune per l'anno 2006 restasse invariato anche per l'anno 2007.

Il blocco dei precedenti regimi TARSU e TIA1, successivamente, venne esteso dal legislatore agli anni 2008 e 2009, prima con l'art. 1, comma 166, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria 2008) e poi, con l'art. 5, comma 1, del ridetto d.l. n. 208 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 13 del 2009.

Ancora, si stabili che, nel caso in cui il regolamento ministeriale non fosse stato adottato entro il 30 giugno 2009, i comuni avrebbero potuto liberamente adottare la TIA2 (art. 5, comma 2-quater, del d.l. n. 208 del 2008); detto termine, peraltro, venne successivamente prorogato prima fino al 31 dicembre 2009 e poi fino al 30 giugno 2010.

Non essendo stato adottato alcun regolamento alla scadenza del termine del 30 giugno 2010, i comuni che avevano applicato la TARSU continuarono a mantenere il detto regime, e parimenti, i comuni che avevano già sperimentato la TIA1, mantennero detta tariffa, ferma restando la facoltà per tutti i comuni italiani di applicare la TIA2 a partire dalla predetta data.

1.5. L'art. 14, comma 3, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122.

Riprendendo il discorso sulla natura interpretativa o meno del d.l. n. 78/2010 (iniziato in chiusura del punto 1.3), deve osservarsi che i precedenti di legittimità richiamati dalla Procura generale non si sono affatto posti il problema se la disposizione di cui all'art. 14, comma 33 di detto decreto fosse o meno interpretativa della TIA2, ma hanno affrontato la diversa questione se, alla luce della normativa di transizione indicata al punto che precede, il decreto n. 78/2010 potesse interessare anche la TIA1, imponendone una interpretazione in senso privatistico, in particolare con riferimento al periodo compreso tra la data della sua formale abrogazione ad opera del comma dell'art. 238 del dlgs n. 152 del 2006 e la data del 30 giugno 2010, in cui ha continuato ad avere esclusiva applicazione (periodo nel quale, come visto, la TIA2 non poteva trovare applicazione ed i Comuni continuarono a mantenere il regime in precedenza adottato), nonché anche in relazione al periodo successivo, per i Comuni che non avessero esercitato la facoltà di cui all'art. 5, comma 2-quater, del dl. n. 208 del 2008.

La questione è stata risolta in senso negativo affermando, appunto, che il decreto del 2010 non ha natura interpretativa della TIA, genericamente intesa, e quindi non può ritenersi riferibile anche alla TIA1, nei casi in cui, ancorché soppressa, ha continuato a trovare applicazione da parte dei Comuni.

Chiarissimo è, sul punto, quanto precisato in motivazione da Cass. sez. V, 2/03/2012, n. 3293, Rv. 621524 — 01 e da Cass. sez. V, 2/3/2012, n. 3294 (non massimata), nella parte in cui si legge: "è possibile che attraverso la citata norma (art. 14, comma 33, d.l. n. 78/2010) la Amministrazione, che ha elaborato il provvedimento, intendesse sottoporre ad IVA le somme versate, in passato, a titolo di TIA (così come si può ricavare dalla Circ. n. 3/DE dell'11 novembre 2010 Min. economia e finanze - Dip. Finanze; mentre la tesi dell'assoggettamento della Tia ad Iva è, ad esempio, esplicitamente enunciata nella Ris. n. 25/ E del 5 febbraio 2003). Si deve però costatare che, se questa era l'intenzione, l'intentio legislatoris non si è tradotta in una voluntas legis, cioè in un contenuto normativo adeguato. La stessa circolare 3/DFprende atto della circostanza che il d.lgs. n. 152 del 2006, art. 238, crea una "seconda Tia", destinata a sostituire con il tempo la "prima Tia" nata dal d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49, (nei medesimi termini è il parere della Corte dei Conti Sezione Piemonte n. 65 dell'il novembre 2010). E dunque il disposto del D.L riguarda direttamente solo la TIA2 e può essere esteso alla TIA1 solo ove si ritenga che ci si trovi di fronte ad una norma di carattere sostanzialmente interpretativo. Ma così non è, perché la giurisprudenza della Corte Costituzionale e di questa Corte era - come riferito - già al momento della entrata in vigore del D. L. n. 78 del 2010, pacificamente orientata nel senso di ritenere la natura tributaria e non di corrispettivo della TIA1. E dunque la disposizione sulla Tia2 ha carattere innovativo, o - meglio - istituisce una tariffa che nell'intenzione del legislatore dovrebbe essere ontologicamente diversa rispetto alla "prima Tia".

Sulla stessa scia anche Cass., sez. 5, 13/4/2012, Rv. 621911 — 01, la quale parimenti esclude l'assoggettabilità ad Iva della TIA "per il periodo antecedente all'entrata in rigore del dlgs. 3 aprile 2006, n. 152" (così chiaramente riferendosi alla sola TIA1), precisando che non assume alcun rilievo, per tale periodo, la disposizione interpretativa di cui all'art. 14, comma 3, del d.l. n. 78 del 2010, convertito in legge n. 122 del 2010, in quanto la stessa, riconoscendo la natura non tributaria della tariffa soltanto con riferimento alla disciplina di cui all'art. 238 del d.lgs. n. 152 del 2006, costituisce un chiaro indice della volontà di non incidere sul diritto vivente (formatosi sulla TIA1) fino alla data di entrata in vigore del medesimo testo normativo.

Tali precedenti sono espressamente richiamati anche da Cass. S.U., 20/12/2016, n. 26268, Rv. 641797 - 01, il cui giudizio, come si legge nella motivazione, concerneva "un atto di accertamento relativo alla TIA disciplinata dall'art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997 (TIA1), la quale, nonostante la soppressione disposta dall'art. 238, comma 1, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, resta tuttavia in vigore, secondo quanto disposto dal successivo comma 11, fino all'emanazione del regolamento, previsto dal comma 6, che dovrà disciplinare i criteri generali sulla base dei quali vengono definite le componenti dei costi e viene determinata la tariffa e fino al compimento degli adempimenti per l'applicazione della tariffa". Nessuna affermazione circa la "pacifica natura di tributo della TIA2" è dunque rinvenibile in tale pronuncia.

Nello stesso senso, infine, si è recentemente espressa anche Cass., sez. V, 11/1/2018 n. 455 (non massimata), la quale ha, sì, negato la natura interpretativa dell'art. 14, comma 33, del d.l. n. 78 del 2010, ma anch'essa con esplicito riferimento alla sola TIA1, posto che in quel giudizio si discorreva di una Tariffa applicata tra il 2005 ed il marzo 2010. In proposito la Corte ha infatti ricordato che "fino alla scadenza del termine per l'emanazione del regolamento di cui al comma 6 dell'articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, (il 30 giugno 2010), i Comuni dovevano continuare ad applicare le discipline regolamentari vigenti in materia di TIA, ritenuta essere una mera variante della TARSU disciplinata dal D.P.R. 15 novembre 1993, n. 507, di cui conservava la qualifica di tributo" (conformi anche le recentissime Cass. sez. V del 7/2/2018, n. 4414, e Cass. sez. V, 2/3/2018 nn. 4957 e 4958, non massimate; v. anche Cass., sez. V, 11/1/2018, n. 453, Rv. 646907-01)

Deve dunque concludersi che l'art. 14, comma 33, del d.l. n. 78 del 2010 ha confermato la natura non tributaria della TIA2, quale desumibile già dalla norma istitutiva della stessa (art. 238 del d.lgs n. 152/2006), con una disposizione che, anche a fronte del suo chiaro tenore letterale ("le disposizioni ... si interpretano"), è inequivocabilmente di interpretazione autentica del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238 (e, quindi, della TIA2), il quale peraltro, ha potuto avere concreta applicazione solo a decorrere dal 30/6/2010, ossia in concomitanza temporale con l'emanazione dello stesso d.l. n. 78/2010 (con la conseguenza che la questione della applicabilità in via retroattiva di tale di, con specifico riferimento alla TIA2, è priva di rilevanza pratica non solo nel presente giudizio, relativo alle annualità 2011 e 2012, ma in qualunque giudizio in cui si controverta di TIA2).

Tale portata interpretativa, viceversa, non può estendersi alla TIA1, disciplinata dall'art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997, - neppure per il periodo successivo alla sua abrogazione ma in cui ha continuato a trovare applicazione, prima necessitata ex lege (sino al 30/6/2010) e poi facoltativa (in caso di mancato esercizio da parte dei Comuni, dopo il 30/6/2010, della facoltà di adottare la TIA2 ex art. 5, comma 2-quater, del d.l. n. 208 del 2008) - a ciò ostando sia l'espresso riferimento dell'art. 14, comma 33, cit. alla sola TIA2 di cui al d.lgs. del 2006, sia la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di cassazione, come ripetutamente chiarito dalla giurisprudenza di legittimità sopra richiamata.

1.6. Quanto alla natura della TIA relativa al periodo successivo al 30 giugno 2010, che è quella di specifico rilievo nel presente giudizio, la questione si sposta dal piano del diritto a quello del fatto: se il Comune ha in concreto attuato la Tariffa integrata ambientale con proprio regolamento - esercitando quindi la facoltà concessa dall'art. 5, comma 2-quater, del d.l. n. 208 del 2008, come convertito nella legge n. 13 del 2009, per l'eventualità della mancata adozione del regolamento ministeriale attuativo entro il 30 giugno 2010 (in effetti mai adottato) — si sarà in presenza di una TIA2 e si applicherà la relativa disciplina (natura non tributaria della tariffa, come disegnata dall'art. 238 del d.lgs n. 152/2006, secondo l'interpretazione della stessa fornita dall'art. 14, comma 33, d.l. n. 78/2010, e conseguente sua assoggettabilità ad IVA); diversamente, ossia se il Comune ha optato per mantenere la TIA1 in precedenza applicata, alla stessa continuerà ad applicarsi la normativa di riferimento, ossia l'art. 49 del d.lgs. n. 22/1997, secondo l'interpretazione della Corte costituzionale e della consolidata giurisprudenza di legittimità sopra richiamate (natura di tributo e conseguente non assoggettabilità ad IVA).

Con specifico riferimento al caso in esame, risulta incontroverso che si discorra della c.d. TIA2, applicata dal Comune di Venezia negli anni 2011-2012, per avere tale Comune adottato con proprio regolamento la Tariffa in questione esercitando la facoltà concessagli dal citato art. 5, comma 2-quater, del d.l. n. 208 del 2008.

L'adozione di tale Tariffa, infatti, è stata chiaramente allegata dalla V., la quale ha incentrato anche i motivi di appello proprio sulla distinzione delle due TIA rispettivamente applicate (l'una sino al 2010 e l'altra negli anni 2011 e 2012), né tale presupposto di fatto è stato mai contestato nel presente giudizio, essendosi incentrate sia le difese della controparte che la decisione impugnata sulla sola questione di diritto concernente l'assenta assimilabilità delle due Tariffe, e non già sulla mancata concreta adozione da parte del Comune di Venezia della Tariffa di cui al d.lgs n. 152/2006 a decorrere dall'anno 2011. Quest'ultima circostanza, del resto, trova conferma anche in alcuni precedenti di questa Corte che, in analoghi giudizi proposti nei confronti della V. s.p.a., ancorché concernenti periodi antecedenti all'anno 2010 (e quindi riferiti alla TIA1), ha avuto modo di rilevare che il Comune di Venezia ha adottato il reg. 24/01/2011, con effetto dall'anno 2011, al fine dell'applicazione della c.d. TIA2 (cfr. Cass. S.U., 10/04/2018, n. 8822, Rv. 647914 — 01).

Ne deriva che la Tariffa oggetto del motivo di ricorso, applicata dalla V. negli anni 2011 e 2012 a seguito dell'adozione di apposito regolamento ed in forza della relativa facoltà concessa ex lege, altro non è che la TIA2 disciplinata dall'art. 238 del  d.lgs. n. 152 del 2006 ed oggetto della interpretazione autentica di cui all'art. 14, comma 33, del d.l. n. 78 del 2010, conv. dalla l. n. 122 del 2010, alla quale, per tutti i motivi che precedono, si deve riconoscere natura privatistica, con conseguente assoggettabilità della stessa dell'IVA.

1.7. Resta da precisare che questa Corte non ha mai affermato che "TIA1 e TIA2 sono lo stesso tributo", come erroneamente sostenuto nella sentenza impugnata richiamando a conforto di tale conclusione l'arresto di Cass., sez. V, 9/3/2012, n. 3756, Rv. 621909 - 01, e neppure ha mai "sancito la natura tributaria anche della TIA2", come affermato dalla Procura generale citando la decisione di Cass. S.U., 11/07/2017, n. 17113, Rv. 644921 — 01.

La prima di tali pronunce, invero, afferma proprio il contrario: in quel giudizio si discuteva della TIA1 e la tesi della identità delle due TIA era stata sostenuta dal ricorrente, il quale, al fine di dimostrare l'assunto dell'assoggettabilità ad IVA (anche) della TIA1, aveva invocato la "successiva evoluzione della neo istituita tari/fa integrata ambientale, disciplinata dal codice dell'ambiente — d.lgs. n. 152/2006 — e nota come TIA2, ricordando in proposito che la circolare ministeriale n. 3/DF/2010 aveva affermato la sostanziale identità rispetto alla c.d. TIA 1 e la soggezione all'IVA in ragione della definizione non tributaria di cui alla norma di interpretazione autentica (del d.lgs. n. 152/2006, art. 238) contenuta nel d.l. n. 78 del 2010, art. 14, comma 33. Ebbene, la Corte ha disatteso tale argomentazione, affermando che la stessa fosse il frutto di "una forzatura logica del tutto inaccettabile", in quanto "finanche in linea di pura logica formale non è dato comprendere in qual senso possa minimamente sostenersi l'identità tra situazioni in successione tra loro (dovrebbe far parte del comune patrimonio logico-cartesiano che, se A succede a B, A e B non sono la stessa cosa)". Parimenti, la seconda delle summenzionate pronunce (Cass. S.U., n. 17113/2017 cit.) non si è espressa sulla natura della TIA2, bensì sulla natura della addizionale provinciale sulla stessa TIA2 (i.e.: Tariffa integrata ambientale), prevista dall'articolo 19 del d.lgs. n. 504 del 1992: nel riconoscere natura tributaria a tale addizionale, la S.C., pur affermando in un passo della motivazione che la TIA 1, la TIA2 e la TARI sono tutte caratterizzate dai medesimi presupposti, precisa altresì che "la disposizione sulla TIA2 ha carattere innovativo, o -meglio- istituisce una tariffa che nell'intenzione del legislatore dovrebbe essere ontologicamente diversa rispetto alla prima Tia". Non solo: nella medesima sentenza, si legge anche che la natura di tributo dell'addizionale provinciale oggetto di quel giudizio non è snaturata dal "mero collegamento quantitativo e percentuale con la TIA2 che, ancorché abbia natura privatistica non comporta la modifica della natura della relativa addizionale regionale, fungendo solo da parametro per la quantificazione di tale prestazioni che ha natura di tributo a favore delle Province".

1.8. In conclusione, deve affermarsi il seguente principio:

"La tariffa di cui all'art. 238 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 ("Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani", poi denominata "Tariffa Integrata Ambientale" - c.d. TIA2 -) come interpretata dall'art. 14, comma 33, del dl. n. 78 del 2010, conv, dalla L n. 122 del 2010, ha natura privatistica, ed è pertanto soggetta ad IVA ai sensi degli artt. 1, 3, 4, co. II e III del d.p.r. 633/1972".

Ne deriva che, ove tale Tariffa sia stata, come nella specie, in concreto adottata dal Comune, esercitando la facoltà concessagli, a decorrere dal 30/6/2010, dall'art. 5, comma 2-quater, del d.l. n. 208 del 2008, è legittima l'imposizione e riscossione dell'IVA sulle relative fatture.

A tali principi non si è uniformato il Tribunale di Venezia, il quale ha erroneamente accomunato la TIA2 alla TIA1 e, conseguentemente, ha ritenuto la TIA2 non assoggettabile all'IVA, in violazione sia dell'art. 238 del dlgs. n. 152/2006 e dell'art. 14, comma 33, del d.l. n. 78 del 2010, sia della normativa in materia.

Ne consegue che il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata cassata in relazione alla parte di domanda concernente l'IVA sulla TIA2, rinviando la causa al Tribunale di Venezia, in persona di altro magistrato, il quale provvederà anche sulle spese del presente grado.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, concernente l'assoggettabilità ad IVA della c.d. TIA2, e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Venezia in persona di altro magistrato.