Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 12 settembre 2019, n. 22745

Tributi - Dazi ed IVA - Reato di contrabbando - Termine di prescrizione dell’accertamento e recupero - Decorrenza - Data in cui il decreto o la sentenza, pronunciati nel procedimento penale, sono divenuti irrevocabili

 

Ritenuto in fatto

 

1. L'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Liguria n. 119 del 1/10/2012, depositata il 31/10/2012, con la quale, rigettando l'appello della predetta, è stata confermata la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Savona, che aveva accolto il ricorso presentato da G.P., ed altri litisconsorti, avverso gli inviti al pagamento emessi dalla Dogana di Savona, con i quali era stato intimato il pagamento, in solido, di tributi doganali, a titolo di maggiori dazi, Iva ed interessi per complessive €. 478.786,40: ciò in conseguenza del fatto che gli allora ricorrenti erano stati imputati del delitto di contrabbando - il processo penale a loro carico si era concluso il 4/7/2008, con decreto di archiviazione per prescrizione (per alcuni) e per morte del reo (per altri) - in relazione all'importazione in Italia - tra il 1997 ed il 2000 - da parte della società S., in accordo con 57 importatori, di banane fresche dal sud America, oggetto di simulata compravendita, allo scopo di poter illecitamente disporre di merce importata a dazio agevolato.

La Commissione tributaria regionale ha, in sintesi, ritenuto che: a) avendo la GdF inoltrato il rapporto alla procura della Repubblica di Savona il 23/3/2001, a quella data, per le operazioni contabilizzate nel 1997 e, in parte, per quelle contabilizzate nel 1998, era maturato il termine di prescrizione triennale; b) "per le altre operazioni ossia quelle contabilizzate dal 23 marzo 2001 in poi", la prescrizione, in assenza di ulteriori atti introduttivi, era maturata anteriormente alla data delle intimazioni di pagamento, non essendo applicabile l'articolo 84, comma terzo, del TULD, a mente del quale qualora il mancato pagamento di diritti abbia causa dal reato, il termine di prescrizione decorre dalla data in cui il decreto o la sentenza sono divenuti irrevocabili; ciò in quanto il decreto di archiviazione non conteneva l'accertamento di un reato e, quindi, non rientrava nella tipologia dei provvedimenti indicati dalla norma; c) peraltro, la dogana disponeva di tutti gli elementi per quantificare i dazi asseritamente omessi, per cui, secondo la giurisprudenza, non ricorrevano le condizioni per la proroga del termine di prescrizione delazione, proroga collegata alla circostanza che la notizia di reato impedisca l'esatta quantificazione dei dazi.

2. Avverso questa sentenza l’Agenzia delle dogane propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a due motivi, cui gli intimati E.D., M.C., G.L., T.A., T.M., T.F. hanno resistito con controricorso, illustrato da E.D. e M.C. con successive memorie. D. ha proposto anche ricorso incidentale condizionato, affidato a cinque motivi.

 

Considerato in diritto

 

1. Col primo motivo, proposto ex art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., l'Agenzia delle dogane si duole della violazione dell'art. 2935 c.c., là dove il giudice d'appello ha ritenuto prescritta la pretesa tributaria. La decisione impugnata, osserva, sarebbe erronea in quanto l'amministrazione doganale non poteva svolgere le attività istruttorie e accertative, necessarie per la quantificazione dei tributi evasi e ad esercitare il diritto di riscossione dei dazi, prima della scoperta della frode e della acquisizione degli elementi utili in corso di accertamento. In effetti, solo alla chiusura del procedimento penale aveva fatto seguito la autorizzazione dell'A.G. all'utilizzo degli atti processuali. Ai sensi dell'articolo 2935 c.c., quindi, il termine di prescrizione del diritto dell'amministrazione doganale di procedere all'accertamento e alla riscossione dei dazi evasi non poteva decorrere prima del 22/3/2001, data in cui era stata acquisita la notizia di reato.

Il motivo è infondato. L’art. 221, par. 4, Reg. (CEE) n. 2913/92, applicabile al caso in esame ratione temporis, stabilisce, in tema di obbligazione doganale all'importazione, che qualora l'obbligazione doganale sorga a seguito di un atto che era nel momento in cui è stato commesso perseguibile penalmente, la comunicazione al debitore dell'importo dei dazi dovuti per effetto della contabilizzazione a posteriori può essere effettuata dopo la scadenza del termine di cui al par. 3 del medesimo articolo. Tale paragrafo, nel disporre che la comunicazione al debitore deve avvenire antro tre anni dalla data in cui è sorta l'obbligazione doganale, prevede che «detto termine è sospeso a partire dal momento in cui è presentato un ricorso a norma dell'articolo 243 [ossia, un ricorso contro le decisioni prese dell'autorità doganale] e per la durata del relativo procedimento». Dal riferito quadro normativo discende la regola secondo la quale la comunicazione dell'importo dei dazi all'importazione o all'esportazione da pagare non può più essere effettuata dopo la scadenza del termine di tre anni a decorrere dalla data in cui è sorta l'obbligazione doganale e che detto termine è sospeso a seguito della presentazione di un ricorso a norma dell'art. 243 del codice doganale comunitario e per la durata del relativo procedimento di ricorso; a titolo di eccezione rispetto a tale regola è previsto che le autorità doganali possono procedere a tale comunicazione dopo la scadenza del termine di cui sopra, qualora non abbiano potuto determinare l'importo esatto dei dazi legalmente dovuti a causa di un atto perseguibile a norma di legge (cfr. Corte Giust. 19 ottobre 2017, A contro Staatssecretaris van Financien; Corte Giust. 17 giugno 2010, Agra).

La giurisprudenza della sezione quinta, malgrado alcune pronunzie di segno contrario (Cass. n. 11932/2012) è andata progressivamente assestandosi nel senso di ritenere che in tema di tributi doganali, l'azione di recupero "a posteriori" può essere avviata dopo la scadenza del termine di tre anni dalla data di contabilizzazione dell'importo originariamente richiesto quando la mancata determinazione del dazio sia avvenuta a causa di un atto perseguibile penalmente - a prescindere dall'esito - di condanna o assolutorio - del giudizio - purché sia trasmessa, nel corso del termine di prescrizione e non dopo la sua scadenza, la "notitia criminis", primo atto esterno prefigurante il nodo di commistione tra fatto reato e presupposto di imposta, destinato ad essere sciolto all'esito del giudizio penale (cfr. Cass. n. 5384/2012; Cass. n. 14016/2012; Cass. n. 8046/13; Cass. n. 8322/2013; Cass. 8708/2013), altrimenti, il periodo intercorrente tra la data di contabilizzazione o di esigibilità del debito doganale e la data in cui è divenuta irrevocabile la decisione penale «sarebbe privo di riferimento temporale e dilatabile all'infinito», compromettendo la certezza dei rapporti giuridici (vedi, tra molte, Cass. n. 9773/10, n. 19195, n. 20513, n. 21377 e n. 22014 del 2006, n. 14016/12, n. 20764, 20768 e 26018/13, 26045/16). Depone in tal senso la giursprudenza comunitaria (sentenza 19 ottobre 2017, C522-16 punto 61).

Sicchè corretta è l’interpretazione fornita dalla Corte di Cassazione sull'articolo 84 del D.P.R. n. 43/1973, per cui il recupero dei dazi poteva avvenire anche oltre il termine di tre anni, purché in tale triennio fosse stata trasmessa una notizia di reato all'autorità giudiziaria in relazione ai fatti sottostanti la dichiarazione doganale.

Ne consegue la correttezza della sentenza laddove ha ritenuto che, avendo la GdF inoltrato il rapporto alla procura della Repubblica di Savona il 23/3/2001, a quella data, per le operazioni contabilizzate nel 1997 e per parte di quelle contabilizzate nel 1998, era maturato il termine di prescrizione triennale.

2. Col secondo motivo, proposto ex art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., la società lamenta la violazione degli artt. 11 del d.lgs. 374/90, 84, 2° e 3° co., del d.P.R. 43/73, 221, 4° co., reg. CEE 2913/92, là dove il giudice d'appello ha ritenuto la maturazione del termine di prescrizione dell'azione di accertamento e recupero dazi.

Ad avviso dell'ufficio, la CTR avrebbe dovuto ritenere sospeso il termine di prescrizione delle fasi di accertamento e di revisione per tutta la durata del processo penale a mente degli artt. 84, comma 3, TULD e 221 CDC.

Il motivo, relativo per quanto sopra detto alle operazioni di importazione effettuate nel triennio precedente la data di inoltro del rapporto alla procura della Repubblica (23 marzo 2001) - frutto di imprecisione lessicale è il richiamo che si legge nella sentenza alle operazioni "contabilizzate dal 23 marzo 2001", essendo incontestato che le operazioni di importazione si svilupparono nell'arco temporale 1997 - 2000 e che il 23 marzo 2001 è la data di inoltro del rapporto della GdF, è fondato.

L’art. 221, par. 4, Reg. (CEE) n. 2913/92, sopra richiamato, non prevede di per sé alcun termine di prescrizione e nemmeno le cause di sospensione o d'interruzione della prescrizione applicabile, rinviando, attraverso il riferimento alle «condizioni previste dalle disposizioni vigenti», al diritto nazionale per il regime della prescrizione dell'obbligazione doganale, qualora tale obbligazione sorga a seguito di un atto che era, nel momento in cui è stato commesso, perseguibile penalmente, per cui è rimesso ad ogni Stato membro determinare il regime della prescrizione delle obbligazioni doganali che è stato possibile accertare a causa di un fatto passibile di reato. Pertanto, trova applicazione - non ostandovi la disciplina eurounitaria - l'art. 84, secondo comma, lett. d), del testo unico delle leggi doganali, secondo cui «qualora il mancato pagamento, totale o parziale, dei diritti abbia causa da un reato, il termine di prescrizione decorre dalla data in cui il decreto o la sentenza, pronunciati nel procedimento penale, sono divenuti irrevocabili» (cfr. Cass., ord., 5 ottobre 2018, n. 24513; Cass., ord., 12 gennaio 2018, n. 615; Cass. 16 dicembre 2016, n. 26045. Sufficiente, ai fini della proroga, è che le autorità che procedono al recupero dei dazi non riscossi ravvisino una fattispecie prevista come reato dal diritto penale nazionale e comunichino la relativa notizia entro il termine triennale dalla contabilizzazione o dall'esigibilità dell'obbligazione doganale.

Questa interpretazione, reputata costituzionalmente conforme dalla sentenza n. 247 del 25 luglio 2011 della Corte Costituzionale, trova sostegno nel principio, sia pure espresso ai fini dell'applicazione dell'eccezione prevista dall'art. 3, Regolamento CEE n. 1697/79, secondo cui le norma non esige che azioni giudiziarie repressive siano effettivamente avviate dalle autorità penali dello Stato membro, con la conseguenza che la qualificazione di un atto come «passibile di un'azione giudiziaria repressiva» rientra nella competenza delle autorità doganali che devono stabilire l'importo esatto dei dazi di cui si tratta (Corte giust. 18 dicembre 2007, Sopropè).

La regola comunitaria sovrapponendosi alle regole nazionali e prevalendo su di esse si applica non soltanto al termine di prescrizione per la riscossione dei diritti doganali, ma anche a quello di decadenza per la revisione dell'accertamento, stabilito dall'art. 11 del d.lgs. 374/90, in ovvia coerenza, del resto, con la loro ratio, che è quella di impedire che il decorso del tempo giovi a chi ha occultato il credito e di impedire altresì che giovi al debitore l'ostacolo all'azione amministrativa determinato dal procedimento di indagine penale (in termini, sia pure con riguardo alle omologhe norme stabilite dal regolamento CEE del Consiglio numero 1697 del 1979, vedi Cass. n. 9253/13).

Può, a conclusione, rilevarsi che anche il dettato normativo è coerente con questa impostazione: il sintagma decreti e sentenze che figura nell'art. 84, comma 3, TULD ha natura descrittiva e, con il termine "decreto", si riferisce a tutte le situazioni giuridiche che determinano la chiusura del procedimento, comprensivo non solo del decreto penale di condanna ma anche del decreto di archiviazione che, pur non costituendo un provvedimento suscettibile di passaggio in giudicato, contiene in sé una relativa stabilità, suscettibile di rimozione solo in presenza di situazioni tassativamente determinate.

La sospensione del termine, quindi, si collega alla sola pendenza del processo penale ed è priva di rilevanza la formula di archiviazione pronunciata per prescrizione o morte del reo.

3. Nel ricorso incidentale, E.D. deduce l'omessa pronuncia sui motivi oggetto di appello incidentale nella fase di gravame (violazione dell'art. 112 c.p.c. per mancato rispetto del contraddittorio ex art. 12, comma 7, L. 212/2000; violazione dell'art. 112 c.p.c. per difetto di motivazione ex art. 7, L. 212/2000; violazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'intervenuta decadenza del diritto di procedere alla revisione dell'accertamento ex art. 11 d. Igs. 374/90; violazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'intervenuta prescrizione dell'azione di recupero dei dazi e dei diritti doganali; violazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'eccepito difetto di legittimazione passiva). Il ricorso incidentale è inammissibile. Infatti il ricorso incidentale deve essere giustificato dalla soccombenza (non ricorrendo altrimenti l’interesse processuale a proporre ricorso per cassazione), cosicché è inammissibile il ricorso incidentale con il quale la parte, che sia rimasta completamente vittoriosa nel giudizio di appello, risollevi questioni non decise dal giudice di merito, perché non esaminate o ritenute assorbite, salva la facoltà di riproporre le questioni medesime al giudice del rinvio, in caso di annullamento della sentenza (sez. 5, Ordinanza n. 23548 del 20/12/2012), in modo tale da manifestare la sua volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinunzia derivante da un comportamento omissivo (Cass. sez. un. n. 13195 del 2018).

4. La sentenza impugnata va, dunque, cassata con riferimento al motivo accolto e rinviata, anche per le spese alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, mentre deve essere dichiarato inammissibile il ricorso incidentale condizionato di D..

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso nei limiti di cui alla motivazione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR della Liguria per nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale di D.. Rigetta nel resto. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 - bis dello stesso articolo 13.