Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 22 giugno 2018, n. 16590

Licenziamento individuale - Per giusta causa - Scritto difensivo - Affermazioni accusatorie ed offensive nei confronti del datore di lavoro in sede di giustificazioni per pregressa contestazione - Esercizio del diritto di difesa

 

Rilevato che

 

1. Il Tribunale di Roma, in parziale accoglimento delle domande proposte da P. P., ex dipendente della s.p.a. DWI con funzioni di dirigente, aveva dichiarato ingiustificato il licenziamento intimato al predetto il 2.5.2011 e condannato la società al pagamento di una somma, comprensiva di indennità sostitutiva del preavviso ed indennità supplementare, commisurata ad undici mensilità;

2. con sentenza dell'11.5.2016, la Corte di appello di Roma rilevava che il licenziamento era stato intimato per avere il P., in sede di giustificazioni rese in relazione ad una precedente contestazione, relativa ad assenza ingiustificata dal lavoro per i giorni dal 9 al 16 marzo 2011, travalicato il proprio diritto di difesa formulando accuse di particolare gravità nei confronti della società, con utilizzo di espressioni contenenti il riferimento ad "addebiti contestati in assoluta malafede", all'avere il datore di lavoro "costruito a tavolino una serie di accuse infamanti e pretestuose" "sulla base di false affermazioni", aH'ulteriore assunto secondo cui "non si comprende, se non nella logica della malafede, il perché l'azienda, pur in presenza di una lunga assenza ... non mi abbia contattato per avere informazioni", espressioni tutte di contenuto offensivo, confermato anche in successiva nota di riscontro fornita alla contestazione del 4 aprile, nella quale si parlava di "accanimento e pervicacia inusitata", di "atti emulativi e chiaro intento di recare grave ed ingiusto danno..";

3. tale contegno aveva indotto la società ad avanzare ulteriore contestazione, cui il ricorrente aveva dato riscontro con lettera di giustificazioni del 4 aprile 2011, nella quale aveva chiesto di essere personalmente sentito, pur non rendendosi, poi, mai disponibile, né documentando l'impossibilità di presenziare ad un incontro con i rappresentanti della società;

4. il recesso per giusta causa era stato intimato dalla società il 2 maggio 2011;

5. la Corte d'appello, per quel che strettamente rileva nella presente sede, riteneva che non fosse giustificata, a fronte di legittimo esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro - che pure era poi receduto dall'irrogare una sanzione disciplinare all'esito delle giustificazioni rese - la reazione del dipendente, il quale aveva apostrofato la società ed i suoi rappresentanti con espressioni di carattere offensivo travalicando i limiti di una pur legittima replica alla contestazione, concernente l'assenza apparentemente ingiustificata, e che ciò rendesse ragione della non arbitrarietà o pretestuosità del provvedimento disciplinare adottato, giustificato dalla rottura del rapporto fiduciario e tanto più necessario in considerazione della posizione dirigenziale del lavoratore;

6. evidenziava la Corte come neanche il contesto evocato dal giudice di primo grado era risultato confermato quanto ad intenti discriminatori e ritorsivi da parte del datore, che aveva agito sulla base di spiegabili scelte aziendali, seppure non gradite al P.;

7. riteneva, quindi, che neanche il contesto aziendale potesse essere assunto a giustificazione della esorbitante reazione in sede di giustificazioni rese all'azienda in relazione alla contestazione di assenze ingiustificate dal lavoro;

8. di tale decisione domanda la cassazione il P., con unico motivo, cui resiste, con controricorso, la società;

9. il P. ha depositato memoria illustrativa ed il P.G. ha fatto pervenire le proprie conclusioni, ai sensi dell'art. 380 bis. l c.p.c.

 

Considerato che

 

1. l'eccezione di mancanza di procura speciale in capo al difensore del ricorrente deve essere disattesa, in quanto il mandato apposto in calce o a margine del ricorso per cassazione, è, per sua natura, speciale e non richiede alcuno specifico riferimento al processo in corso, sicché irrilevante la mancanza di un espresso richiamo al giudizio di legittimità ovvero che la formula adottata faccia cenno a poteri e facoltà solitamente rapportabili al procedimento di merito (cfr. Cass. 1.9.2014 n. 18468; Cass. 22.1.2015 n. 1205);

2. viene dal P. denunciata violazione e falsa applicazione dell'art. 7, comma 2, I. 300/1970, dell'art. 51 c.p., dell'art. 3 I. 108 del 1990, nonché dell'art. 19, comma 14, c.c.n.I. per i dirigenti di aziende industriali, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c., sostenendosi che la lettera di giustificazioni, il cui contenuto aveva originato la seconda contestazione, era stata inviata in risposta ad una ingiusta contestazione disciplinare per un addebito inesistente ed evidenziandosi che la questione posta al riguardo alla Corte sia di stretto diritto e non di fatto, laddove si contesta la decisione impugnata;

3. in particolare, si ritiene erronea la decisione della Corte del merito laddove ha escluso che il diritto di difesa nell'ambito del procedimento disciplinare, garantito anche al dirigente, scrimini del tutto la condotta del dipendente, consistente nell'essersi difeso anche veementemente da una contestazione disciplinare, evidenziandosi come perfino il licenziamento comminato in presenza di esercizio del diritto di critica espresso al di fuori del procedimento disciplinare sia ritenuto giustificato dalla Corte di legittimità (Cass. 21362/13) soltanto in presenza di determinate condizioni (esercizio del diritto esercitato con modalità tali che, superando i limiti della continenza sostanziale, nel senso della corrispondenza dei fatti a verità, sia pure non assoluta ma soggettiva, e formale, nel senso della misura nell'esposizione dei fatti, si traducano in una condotta lesiva del decoro datoriale suscettibile di provocare, con la caduta della sua immagine, anche un danno economico in termini di perdita di commesse e di occasioni di lavoro);

4. si aggiunge che l'esercizio del diritto di difesa nell'ambito del procedimento disciplinare "la cui esplicazione non è limitata alla sede processuale" è del resto anticipazione del medesimo esercizio del diritto del lavoratore nell'ambito del processo del lavoro, con riferimento al quale si è pronunciata Cass. 1757/2007 (necessità che le offese contenute in scritti presentati all'A.G. concernano l'oggetto della controversia);

5. si fa riferimento anche al contesto peculiare del caso all'esame, di precedenti inviti datoriali, rivolti al P., ad avallare una soluzione di risoluzione del rapporto a conforto della sussistenza del presupposto di non superamento dei limiti di continenza sostanziale, per essere i fatti corrispondenti a verità in senso sia pure soggettivo:

6. il ricorso è fondato;

7. i precedenti di questa Corte, tra cui Cass. 11.12.2014 n. 26106 e Cass. 26.5.2017 n. 13383, inducono ad una valutazione del ricorso secondo criteri interpretativi favorevoli alle prospettazioni in diritto del ricorrente;

8. secondo la prima delle pronunce richiamate, in materia di licenziamento per giusta causa, non costituisce illecito disciplinare, né fattispecie determinativa di danno ingiusto - grazie alla scriminante di cui all'art. 598, primo comma, cod. pen., avente valenza generale nell'ordinamento - attribuire al proprio datore di lavoro, in uno scritto difensivo, atti o fatti, pur non rispondenti al vero, concernenti in modo diretto ed immediato l'oggetto della controversia, ancorché tale scritto contenga, in ipotesi, espressioni sconvenienti od offensive (soggette solo alla disciplina prevista dall'art. 89 cod. proc. civ.);

9. ugualmente Cass. 13383/2017 sopra citata ha evidenziato come l'esercizio del diritto di difesa - coperto da intangibile garanzia, grazie all'art. 24 Cost., anche in sede di procedimento disciplinare ex art. 7 legge n. 300 del 1970 - non è affatto condizionato dai requisiti di verità, continenza e pertinenza, requisiti che invece attengono all'esercizio di ben diverso diritto (quello di cronaca) e servono a scriminarne eventuali profili di diffamazione;

10. prosegue tale pronuncia rimarcando come il tenore della missiva di giustificazioni debba essere in sede intepretetiva valutato nel suo insieme e alla luce della dichiarata finalità difensiva e non in maniera atomistica e che, peraltro, anche il diritto di critica non si risolve, come quello di cronaca, nella narrazione veritiera di fatti, ma si esprime mediante un giudizio o un'opinione su cose o persone, opinione che, proprio perché tale, non può essere rigorosamente valutata in termini di verità e obiettività (cfr. Cass. 13383/17 cit., con richiamo a Cass. n. 13646/06), sicché, rispetto ad una critica (per sua natura soggettiva, essendo espressione di convincimenti e valutazioni personali del dichiarante), neppure si pone l'alternativa vero/falso, che rileva - invece - nell'esercizio del diritto di cronaca (estraneo alla vicenda in esame);

11. dovendo quello dell' odierno ricorrente considerasi un legittimo esercizio del diritto di difesa va, pertanto, escluso - sempre avendo riguardo alle argomentazioni contenute nell'ultimo degli arresti giurisprudenziali di legittimità richiamati - che i fatti ascrittigli nella lettera di contestazione possano configurare inadempimenti contrattuali di sorta (perché, come osservato, qui iure suo utitur neminem laedit) o - peggio - azioni delittuose;

12. queste resterebbero pur sempre scriminate dall'esercizio d'un diritto (v. art. 51 cod. pen.) - vale a dire quello di difesa -, esimente che ha validità generale nell'ordinamento;

13. in conclusione, le affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata risultano in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l'interpretazione fornitane dalla giurisprudenza di legittimità e peraltro va evidenziata anche l'inidoneità degli elementi di giudizio presi in considerazione a giustificare la decisione adottata, posto che la stessa Corte del merito ha rilevato come il P. avesse tempestivamente inviato per posta la certificazione medica relativa al proprio stato di salute alla base delle assenze dal lavoro, certificazione pervenuta, tuttavia, con un certo ritardo alla società che aveva avviato il procedimento disciplinare con contestazione poi rivelatasi priva di fondamento;

14. alla stregua di tali considerazioni, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio della causa alla Corte territoriale indicata in dispositivo, che provvederà a nuovo esame attenendosi ai richiamati principi già enunciati da questa Corte;

5. allo stesso giudice è demandata la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità;

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.