Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 20 maggio 2019, n. 13519

Accesso ispettivo - Pretesa contributiva - Lavoro straordinario non retribuito - Lavoro in nero

 

Considerato in fatto

 

1. La Corte d'appello di Campobasso, in riforma della sentenza del Tribunale di Isernia, ha accolto l'opposizione proposta dalla G.D. di D.A. sas avverso la verifica ispettiva del 4/6/2002 e i successivi atti di accertamento emessi dall'Inps e dall'Inail ed ha dichiarato non dovute dalla società le somme pretese per contributi e sanzioni dall'Inps e dall'Inail in ordine ai dipendenti P. e D., assunti in epoca precedente da quelle risultanti dal libro matricola, per lavoro straordinario non retribuito, nonché in ordine alla dipendente T.P., assunta con CFL, pur essendo in realtà lavoratrice subordinata a tempo indeterminato.

In particolare la Corte ha rilevato che l'onere probatorio gravante sugli Istituti previdenziali non era stato da loro assolto; che il testimone T. aveva riferito di aver provveduto egli stesso alla formazione della T. che nulla sapeva di vendita al banco; che anche i prospetti riepilogativi delle somme richieste erano privi di specificità circa i titoli e l'individuazione dei lavoratori; che anzi da detti prospetti si evincevano importi inferiori a quelli richiesti in pagamento e le somme oggetto degli accertamenti già differivano dai successivi avvisi bonari e che circa il lavoro straordinario e il lavoro in nero rilevavano anche le stesse incertezze rilevate dal primo giudice.

2. Avverso la sentenza ricorre l'Inps con un motivo. Resistono la soc G.D. ed il Ministero del Lavoro. Quest'ultimo propone anche ricorso incidentale. L'Inail ha rilasciato delega in calce alla copia notificata.

 

Ritenuto in diritto

 

3. L'Inps denuncia vizio di motivazione. Rileva che la Corte non aveva tenuto conto delle prove testimoniali; che i testi D.L., R. e P. avevano confermato di aver svolto lavoro straordinario; che i testi P. e D. avevano confermato di aver iniziato a lavorare prima dell'iscrizione nel libro matricola; che circa la T. era stata disposta la nuova escussione del teste T. da cui la Corte d'appello aveva desunto sufficienti elementi per ritenere realizzata la formazione della lavoratrice ma che la stessa congrua motivazione non era stata estesa alla posizione degli altri lavoratori.

4. Il ricorso è infondato.

Va, in primo luogo, osservato che la censura dell'Istituto previdenziale è del tutto priva di autosufficienza avendo omesso di riportare le dichiarazioni rese dai testi o l'esito degli accertamenti ispettivi al fine di consentire a questa Corte di valutare la fondatezza delle doglianze formulate.

Deve, comunque, rilevarsi che la sentenza impugnata è stata depositata dopo rii settembre del 2012 e pertanto al ricorso per cassazione è applicabile, quanto all'anomalia motivazionale, l'art. 360 c.p.c., n. 5, nella formulazione introdotta con il D.L. n. 83 del 2012, conv. con L. n. 134 del 2012.

Ne consegue che la ricostruzione del fatto operata dai giudici del merito è ormai sindacabile in sede di legittimità soltanto ove la motivazione al riguardo sia affetta da vizi giuridici, oppure se manchi del tutto, oppure se sia articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi, oppure obiettivamente incomprensibili; mentre non si configura un omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ove quest'ultimo sia stato comunque valutato dal giudice, sebbene la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie e quindi anche di quel particolare fatto storico, se la motivazione resta scevra dai gravissimi vizi appena detti.

Nella fattispecie, una ricostruzione del fatto pienamente sussiste e la decisione non è affetta dai vizi appena indicati come soli ormai rilevanti ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, nell'attuale formulazione.

La Corte territoriale, infatti, mostra di aver valutato la prova per testi, la documentazione depositata dall'Inps costituita dai prospetti riepilogativi nonché di aver considerato la circostanza che le somme e i conteggi risultanti dal verbale di accertamento erano diversi da quelli dei successivi avvisi bonari senza che mai l'Istituto avesse precisato l'importo esatto che intendeva richiedere e dunque confermando le incertezze probatorie già evidenziate dal Tribunale.

Il ricorso dell'istituto deve, pertanto, essere rigettato.

5. Il Ministero del Lavoro e la Direzione Provinciale del Lavoro, dopo aver chiesto che la sentenza della Corte d'appello fosse annullata, hanno formulato un ricorso incidentale volto a far accertare l'insussistenza di un interesse della società ad agire nei loro confronti poiché la domanda sarebbe rivolta contro atti meramente endoprocedimentali mentre unico legittimato è l'ente impositore.

Il ricorso incidentale va rigettato non ravvisandosi alcun interesse del Ministero e della Direzione del Lavoro ad impugnare autonomamente la sentenza della Corte d'appello sotto tale profilo, atteso l'esito della decisione favorevole agli istituti previdenziali basato sulla fondatezza degli accertamenti svolti dagli ispettori.

6. Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Avuto riguardo all'esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui all'art. 13, comma 1 quater, dpr n. 115/2002.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale e quello incidentale; condanna l'Inps ed il Ministero a pagare alla società le spese processuali liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater del dpr n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principaIe per quello a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.