Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 13 luglio 2016, n. 14295

Tributi - Accertamento - Operazioni soggettivamente ed oggettivamente inesistenti - Frode fiscale

 

Fatto

 

In relazione all’anno d’imposta 2001, l’Agenzia delle Entrate ha notificato alla società un avviso di accertamento relativo a varie riprese, concernenti imposte dirette, Iva ed Irap, scaturenti, afferma il giudice d’appello, da «un complesso ed articolato modus operandi determinato, nel caso oggetto del presente contenzioso, alla frode fiscale».

La società ha impugnato l’avviso, ottenendone l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale. Di contro, quella regionale ha accolto l’appello dell’ufficio, facendo leva sul fatto che i soci delle società coinvolte e «i soggetti economici collegati e controllati» «fanno riferimento...in determinate circostanze allo stesso gruppo di persone o di società», come illustrato, rimarca il giudice d’appello, dal processo verbale di constatazione. A tanto la Commissione tributaria regionale ha aggiunto che la regolarità di alcune operazioni realizzate dalla contribuente non consente di distinguerne la posizione dalle altre società coinvolte, risolvendosi in una regolarità di facciata.

Avverso questa sentenza propone ricorso la società per ottenerne la cassazione, che affida a nove motivi, dei quali il secondo articolato in due censure, il quarto in cinque censure, il quinto in due censure, il sesto in tre censure, il settimo e l’ottavo parimenti in tre censure cadauno, cui replica l’ufficio con controricorso.

 

Diritto

 

1. - Infondato è il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360, 10 comma, n. 4, c.p.c., col quale la società si duole della nullità della sentenza ex art. 360, 1° comma, n. 4, c.p.c., per omessa esposizione dei fatti di causa per violazione degli art. 132, 1° co., n. 4, c.p.c., e 118 disp.att. c.p.c., nonché degli art. 1 e 36, 2° co., n. 4, del d.lgs. 546/92, rimarcando che il giudice d’appello ha omesso di esporre i motivi in fatto ed in diritto della decisione.

L’assenza della concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa vale ad integrare un motivo di nullità della sentenza allorché tale omissione impedisca totalmente - non risultando richiamati in alcun modo i tratti essenziali della lite, neppure nella parte formalmente dedicata alla motivazione - di individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione, nonché di controllare che siano state osservate le forme indispensabili poste dall’ordinamento a garanzia del regolare svolgimento della giurisdizione (tra varie, in termini, Cass. 19 marzo 2009, n. 6683).

1.1. - Nel caso in esame, di contro, sia pure in maniera disordinata, ermetica e frammentata, il giudice d’appello ha riferito che la fattispecie riguarda le «operazioni di costruzione dello stabilimento di P. della F.», che l’Agenzia ha prospettato che queste fossero "triangolate" o sovrafatturate, che la società E. secondo l’ufficio è «società di comodo, per emettere fatture ad hoc per poter giustificare determinate operazioni finanziarie e far lievitare fittiziamente i costi per la realizzazione dell’opificio», realizzando operazioni soggettivamente ed oggettivamente inesistenti e che altrettanto si può sostenere con riguardo alle operazioni intercorse con le società H. e I..

Sono quindi individuati i tratti essenziali della lite.

2. - Sono, invece, fondati il secondo ed il terzo motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente, perché strettamente connessi, con i quali, in entrambi i casi ex art. 360, 1° co., n. 5, c.p.c., la contribuente denuncia:

- l’omessa o comunque insufficiente motivazione della sentenza, essendosi il giudice d’appello limitato a recepire acriticamente le risultanze del processo verbale di constatazione -secondo motivo;

- l’insufficienza della motivazione della sentenza, là dove la Commissione tributaria regionale si è limitata ad affermare che la società ha partecipato ad una frode fiscale in quanto «in determinate circostanze» le operazioni farebbero riferimento «allo stesso gruppo di persone o di società» - terzo motivo.

2.1. - La motivazione della sentenza impugnata si risolve sul punto nel richiamo dei fogli 22 e seguenti del processo verbale di constatazione, omettendo la descrizione del «dispiegarsi di fatti ed operazioni» in essi contenuto, che ha condotto all’elaborazione del prospetto contenuto a pag. 34 del medesimo verbale, del quale il giudice riporta la sola conclusione, concernente la differenza tra entrate ed uscite e, per sottrazione, l’individuazione dell’importo impiegato per la realizzazione dell’opificio del quale si discute.

Anche con riguardo agli elementi aggiuntivi che adduce, il giudice d’appello li espone maniera tale (si legge in sentenza, che sul punto trascrive un punto del foglio 23 del processo verbale di constatazione: «...tuttavia la ricostruzione completa dell’intero circuito finanziario della vicenda F., ha chiarito il ruolo di C.A. e quindi della E. S.r.L, quale società di comodo, intesa come società appositamente costituita al solom fine di emettere fatture ad hoc, per poter giustificare determinate operazioni finanziarie e far lievitare i costi di realizzazione dell’opificio di P.»), che non rende intelligibile chi sia C.A., cos’abbia fatto e come si sia strutturato il sistema che, pure, il giudice d’appello definisce articolato e complesso. Analoghe considerazioni, ancor più radicali, valgono in relazione al ruolo delle società H. ed I., essendo rimaste oscure le operazioni da esse svolte e per conseguenza il ruolo da ciascuna rispettivamente rivestito.

3. - Indubbio è per conseguenza il vizio di motivazione, il quale ricorre quando il giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, oppure quando li indichi, ma senza esaminarli, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (tra varie, vedi, in particolare, Cass. 16 aprile 2014, n. 8850).

3.1. - La sentenza di appello non contiene affatto l'indicazione delle ragioni logiche e giuridiche, che hanno indotto ad accogliere l’appello proposto dall’ufficio, non bastando a tale fine né il generico e criptico richiamo ai fogli ed al prospetto del processo verbale di constatazione, né tampoco l’enumerazione dinanzi richiamata di circostanze di fatto non esplicate, che si riferiscono a soggetti, i rapporti con i quali è rimasto ignoto.

4. - L’accoglimento di queste due censure determina l’assorbimento del quarto motivo di ricorso, in tutte le censure in cui esso è articolato, che per vari aspetti lamentano il ricorso al ragionamento presuntivo, del quinto motivo di ricorso, col quale la società si duole del diniego di detrazione in ragione dell’affermata inesistenza delle operazioni, del sesto motivo di ricorso, col quale la società la censura l’insufficienza della motivazione in ordine ai rapporti fra la F. e la E., del settimo motivo di ricorso, col quale analoghe censure sono svolte in relazione ai rapporti tra la F. e le società H. ed I., dell’ottavo motivo di ricorso, che aggredisce l’anapodittica statuzione contenuta in sentenza in relazione all’unica fattura emessa nel 2001 dalla H..

5. - Inammissibile è, infine, il nono motivo di ricorso, proposto ex art. 360, 1° co., n. 4, c.p.c., col quale la società lamenta l’omessa pronuncia in ordine al dedotto vizio di nullità dell’accertamento per carenza di motivazione.

Non di omessa pronuncia si tratta, difatti, sibbene dì omessa motivazione su un punto controverso, che la contribuente avrebbe dovuto dedurre ex art. 360, 1° co., n. 5, c.p.c.

5.1. - Ciò in base al consolidato principio (vedi, fra varie, Cass., ord. 4 dicembre 2014, n. 25714), secondo cui la differenza fra l’omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c. e l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. consiste nel fatto che, nel primo caso, l’omesso esame concerne direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa, autonomamente apprezzabile, ritualmente ed inequivocabilmente formulata, mentre nel secondo, l’omessa trattazione riguarda una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione.

E, nel caso in esame, la censura concernente la carenza di motivazione dell’accertamento avrebbe potuto, se accolta, condurre appunto ad una diversa decisione.

6. - Ne derivano l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo in diversa composizione, affinché riesamini la fattispecie e regoli le spese.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il nono, accoglie il secondo ed il terzo, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo in diversa composizione.