Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 13 luglio 2016, n. 14293

Tributi - Condono - Rateizzazione delle somme dovute per la regolarizzazione - Mancato versamento di una rata - Decadenza dal condono

 

Fatto

 

Il contribuente ha presentato un’istanza di definizione di omessi e ritardati versamenti di iva, imposte dirette ed irap inerenti all’anno 2001, fruendo altresì del beneficio della rateizzazione, ma omettendo il versamento della seconda rata.

Ne è seguita l’emissione di una cartella di pagamento conseguente al controllo secondo procedure automatizzate ex art. 36-bis del d.P.R. 600/73 e 54-bis del d.P.R. 633/72, che N. ha impugnato, ottenendone l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale; quella regionale ha respinto l’appello dell’ufficio, escludendo che l’omesso versamento della seconda rata determini la decadenza dal condono.

Ricorrono l'Agenzia delle entrate ed il Ministero per ottenere la cassazione della sentenza, affidando il ricorso ad un unico motivo, cui non v’è replica.

 

Diritto

 

1. - Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del ricorso, là dove è proposto dal Ministero, estraneo alle precedenti fasi del giudizio.

2. - Con l’unico motivo di ricorso, proposto ex articolo 360, 1° comma, numero 3, c.p.c., l'Agenzia lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 9-bis della legge n. 289 del 2002, sostenendo che il versamento di somme inferiori a quelle dovute determini la decadenza dai benefici previsti dalla norma.

Il ricorso è fondato.

Quanto all’iva, la Corte ha già avuto occasione dì rimarcare che la sentenza della Corte di Giustizia CE 17 luglio 2008, in causa C-132/06, secondo la quale la Repubblica Italiana è venuta meno agli obblighi di cui agli articoli 2 e 22 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388 CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all'I.V.A., per avere previsto, con gli articoli 7 e 8 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, una rinuncia generale e indiscriminata all'accertamento delle operazioni imponibili compiute nel corso di una serie di periodi di imposta, così pregiudicando seriamente il corretto funzionamento del sistema comune dell'imposta sul valore aggiunto, ha una portata generale, estesa a qualsiasi misura nazionale, sia essa di carattere legislativo o amministrativo, con la quale lo Stato membro rinunci in modo generale o indiscriminato al pagamento di quanto dovuto per Iva (fra tante, vedi, in particolare Cass. 23 settembre 2011, n. 19546).

2.1. - Tale incompatibilità riguarda, quindi, anche la definizione prevista dall'articolo 9-bis della legge numero 289 del 2002, il quale, pertanto, nella parte in cui consente di definire una controversia evitando il pagamento di sanzioni connesse al ritardato od omesso versamento dell'Iva, deve essere disapplicato per contrasto con la sesta direttiva n. 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, alla stregua dell'interpretazione adeguatrice imposta dalla citata sentenza della Corte di Giustizia CE 17 luglio 2008, in causa C-132/06.

La Corte, al riguardo, ha anche evidenziato che «quanto concerne l'imposta in sé si riferisce ovviamente anche alle sanzioni, delle quali non può essere esclusa l'integrale esazione, come peraltro previsto al punto 42 della sentenza di infrazione (v. sul punto Cass. n. 25701 del 2009 e n. 20068 del 2009 citata), posto che le misure con cui lo Stato membro rinuncia ad una corretta applicazione e/o riscossione dell’I.V.A. devono ritenersi incompatibili con la disciplina comunitaria anche in relazione alle sanzioni di natura tributaria previste dall'ordinamento nazionale per le violazioni di norme che regolano gli obblighi di dichiarazione e pagamento dell'imposta, pur non essendo la materia delle sanzioni regolata dalla sesta direttiva» (ancora Cass. 19546/2011; in termini, anche Cass. 27 luglio 2012, n. 13505).

3. - Né la mancanza di deduzioni di parte osta a tali conclusioni: il principio di effettività comporta l'obbligo del giudice nazionale di applicare d'ufficio il diritto comunitario, senza che possano ostarvi preclusioni procedimentali o processuali, o, nella specie, il carattere chiuso del giudizio di cassazione (v. in proposito, tra molte, le sentenze della Corte di Giustizia in cause C - 312/93, Peterbroeck; C - 430-431/93, Van Schijndel; C - 327/00, Santex, alle quali si è adeguata la giurisprudenza di questa Corte, espressa, fra le altre, da Cass., sez.un., 18 dicembre 2006, n. 26948).

3. - Con riguardo alle imposte dirette ed all’irap, giova rimarcare che, in generale, le norme che disciplinano i condoni tributari, essendo derogatorie rispetto a quelle generali dell'ordinamento tributario, integrano sistemi compiuti di natura eccezionale (v. Cass. 18 gennaio 2002, n. 514), di guisa che ciascuna delle diverse ipotesi di definizione agevolata previste dalla legge numero 289 del 2002 è disposizione di carattere eccezionale, assistita da una propria specifica disciplina, che è di stretta interpretazione e non può essere integrata in via ermeneutica dalle norme generali dell'ordinamento tributario e neppure da quelle dettate per altre forme di definizione, ancorché contemplate dalla medesima legge.

3.1. - Ciò posto, l'articolo 9-bis dispone, per quanto interessa, al comma 1, che «le sanzioni previste dall’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, non si applicano ai contribuenti e ai sostituti d’imposta che... provvedono ai pagamenti delle imposte o delle ritenute risultanti dalle dichiarazioni annuali presentate entro il 31 ottobre 2003, per le quali il termine di versamento è scaduto anteriormente a tale data. Se gli importi da versare per ciascun periodo di imposta eccedono... per gli altri soggetti, la somma di 6.000 euro, gli importi eccedenti, maggiorati degli interessi legali a decorrere dal 17 aprile 2003, possono essere versati in tre rate, di pari importo......

La norma prevede dunque semplicemente che le sanzioni non si applicano se entro un certo termine si provvede al pagamento delle imposte, pagamento che può, in alcuni casi, essere rateale.

3.2. - Pertanto, in assenza di disposizioni come quelle previste dagli art. 8, 9 e 15 della l. 289/02 (a norma delle quali «l'omesso versamento delle eccedenze entro le date indicate non determina l'inefficacia della definizione»), nonché dall’art. 16, comma 2, della medesima legge (secondo cui «l’omesso versamento delle rate successive alla prima entro le date indicate non determina l'inefficacia della definizione»), è possibile non applicare le sanzioni soltanto se si provvede al pagamento (in unica soluzione o rateale che sia) delle imposte nei termini e nei modi stabiliti dalla norma, con la conseguenza che tale effetto non si verifica (neppure parzialmente), se il pagamento non interviene nei suddetti termini e modi (in termini, Cass. 21 giugno 2013, n. 15638 e n. 15639; Cass. 30 novembre 2012, n. 21364; Cass. 6 ottobre 2010, n. 20745).

4. - Il ricorso va accolto, la sentenza cassata e, non sussistendo necessità di ulteriori accertamenti di fatto, il giudizio va deciso nel merito, col rigetto dell’impugnazione originariamente proposta.

Le spese concernenti i gradi di merito vanno compensate, essendosi consolidato l’orientamento di legittimità successivamente alla proposizione del ricorso.

Quelle del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Dichiara l’inammissibilità del ricorso là dove è proposto dal Ministero, lo accoglie nel resto, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’impugnazione originariamente proposta.

Compensa le spese inerenti al merito e condanna la contribuente alla rifusione di quelle del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.900,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.