Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 03 ottobre 2016, n. 19712

Rapporto di lavoro subordinato agricolo - Reiscrizione nell'elenco dei lavoratori agricoli - Sussistenza - Accertamento

 

Svolgimento del processo

 

1. - La Corte d'appello di Salerno, con sentenza del 7 marzo 2011, accogliendo l'appello proposto da A.P. contro la sentenza resa dal Tribunale di Salerno, ha accolto la domanda dell'appellante e ha dichiarato esistente tra la stessa e l'azienda "C.M." un rapporto di lavoro subordinato agricolo per centodue giornate lavorative relative all'anno 2002 e ordinato all'Inps la reiscrizione della ricorrente nell'elenco dei lavoratori agricoli del Comune di residenza per la suddetta annualità e per il numero di giornate sopraindicato.

Ha condannato l'Inps al pagamento dei due terzi delle spese di entrambi gradi del giudizio, che ha liquidato per intero e per ciascun grado in complessivi euro 775,00, di cui 420,00 per diritti e spese. Ha quindi compensato tra le parti il residuo terzo. Infine, con provvedimento di correzione del 22 giugno 2011, ha integrato la sentenza disponendo la distrazione delle spese in favore del difensore della ricorrente, avvocato F.A.

2. - Contro la sentenza, ricorre la P., affidando l'impugnazione ad unico motivo. L'INPS deposita procura speciale in calce al ricorso notificato. La ricorrente deposita memoria ex art. 378 c.p.c.

 

Motivi della decisione

 

1. - Con l'unico motivo di ricorso la P. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., dell'articolo unico della legge 7/11/1957, n. 1051, della tariffa adottata con delibera del Consiglio nazionale forense del 20/9/2002, approvata con DM 8/4/2004, n. 127, e violazione dei minimi previsti dalla stessa, nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e ss. c.p.c. in combinato disposto con l'art. 6 del D.M. 8/4/2004. Denuncia altresì l'errata valutazione degli atti di causa e il vizio di motivazione.

Rileva che il valore della controversia era da ritenersi "indeterminabile", atteso che la domanda aveva ad oggetto l'accertamento di un rapporto di lavoro subordinato in agricoltura, sicché lo scaglione di riferimento per i diritti era quello da € 25.901,00 a € 51.700,00 mentre per gli onorari, doveva applicarsi la tabella A, par. II, col. 3 (da € 25.901,00 a € 51.700,00) della tariffa di cui al DM 8/4/2004, n. 127 (per il primo grado) e la tabella A. paragrafo IV, colonna 3 del detto DM (per il secondo grado). Tenuto conto delle attività svolte, tutte documentate e trascritte nel ricorso per cassazione in ossequio al principio di autosufficienza, avrebbero dovuto essere liquidate per l'intero € 872,00 per i diritti e 750,00 per gli onorari relativi al giudizio di primo grado e € 1.316,00 per diritti e 1410,00 per onorario relativi al giudizio di secondo grado.

La censura è fondata.

2. - I dati indicati anche con riferimento al valore della causa consentono un controllo autosufficiente, ossia fondato sul solo contenuto del ricorso, nel quale risultano inseriti, sia pure con la tecnica dell'assemblaggio, gli atti e i verbali dei giudizi di merito che attestano l'effettiva attività difensiva svolta e le corrispondenti voci della tariffa professionale violate (cfr. sotto il profilo dell’ammissibilità del motivo di ricorso concernente l'errata liquidazione delle spese processuali, Cass., 10 ottobre 2003, n. 15172; Cass., 29 ottobre 2014 n. 22983).

Ora, considerato che lo scaglione tariffario da utilizzare ai fini della liquidazione delle spese è quello relativo alle cause di valore da € 25.900.0 a Euro 51.700,00 e che la richiesta degli onorari di avvocato è formulata in relazione ai minimi previsti dalla tariffa forense (art. 5 del D.M. 2004), la riduzione di tale voce operata dalla Corte territoriale, senza peraltro alcuna motivazione a riguardo, si pone in contrasto con il principio della inderogabilità dei minimi edittali sancita dalla L. 13 giugno 1942, art. 24 (in tal senso, Cass., ord. 11 aprile 2014, n. 8517; v. pure sul valore della causa; Cass., 26 febbraio 2014, n. 4590).

Né rileva in questa sede che non risulti depositata una nota specifica, giacché è principio consolidato di questa Corte che il regolamento delle spese di lite è consequenziale ed accessorio rispetto alla definizione del giudizio, potendo la condanna essere emessa, a carico del soccombente, ai sensi dell’art. 91 cod. proc. civ., anche d'ufficio e pure se non sia stata prodotta la nota spese, prevista dall'art. 75 disp. att. cod. proc. civ. In tal caso, il giudice non è onerato dell'indicazione specifica delle singole voci prese in considerazione (Cass., ord. 28 febbraio 2012, n. 3023; Cass., 3 ottobre 2005, n. 19269), ma deve tuttavia tener conto delle attività effettivamente espletate come emergenti dagli atti di causa e dei minimi tariffari applicabili.

Nel caso in esame, nella determinazione dei diritti e degli onorari per ciascun grado del giudizio ed in relazione all'attività defensionale svolta, la Corte non ha rispettato questi parametri, sicché il ricorso deve essere accolto con rinvio della causa alla Corte di appello di Salerno in diversa composizione, che provvederà alla diversa liquidazione delle spese dei due giudizi. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Salerno in diversa composizione.