Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 12 aprile 2019, n. 10278

Tributi - Condoni - Definizione dei carichi di ruolo affidati ai concessionari ex art. 12, L. n. 289 del 2000 (ndr art. 12 L. 289/02) - Condono "per rottamazione" - Decadenza per mancato versamento delle somme dovute - Termine di contestazione - Non sussiste

 

Rilevato che

 

1. V.V. impugnava il provvedimento di diniego di definizione dei carichi di ruolo affidati ai concessionari ex art. 12 I. 289/00 (ndr art. 12 I. 289/02) (cd. condono "per rottamazione") notificatogli dall'Agenzia delle entrate il 4 gennaio 2010, sostenendo l'illegittimità dell'atto per carenza di motivazione e la decadenza dell'amministrazione finanziaria dalla pretesa, in quanto erano trascorsi più di cinque anni dalla sua adesione al condono.

La Commissione tributaria provinciale di Caserta accoglieva il ricorso rilevando che, dopo la notifica delle cartelle, era stata la stessa amministrazione, per il tramite del concessionario alla riscossione, ad invitare V. ad avvalersi del condono, ancorché fra i carichi vi fossero tasse automobilistiche regionali non condonabili, e che, stante la mancanza di atti interruttivi per un periodo superiore al triennio, il condono doveva ritenersi perfezionato.

L'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate contro la decisione è stato accolto dalla CTR della Campania, sezione staccata di Napoli, la quale - premesso che la CTP aveva errato nell'individuare l'oggetto della controversia, che riguardava non già le tasse automobilistiche ma l'Irpef - ha affermato la legittimità dell'atto impugnato, fondato sul mancato versamento dell'importo dovuto da V. nei tempi stabiliti dalla normativa, non avendo il contribuente fornito prova contraria a quanto documentato dall'Ufficio e non essendo l'Agenzia delle Entrate tenuta all'esercizio del proprio potere di controllo entro un preciso termine di decadenza.

2. Avverso la sentenza, depositata il 7.11.2012, V.V. ricorre per cassazione svolgendo tre motivi. L'Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

 

Considerato che

 

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e nullità della sentenza, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 e 4 cod. proc. civ., in quanto la CTR avrebbe dovuto rilevare d'ufficio che l'Agenzia delle Entrate non aveva proposto uno specifico motivo d'appello contro il capo della pronuncia di primo grado che aveva dichiarato prescritta la pretesa erariale ed avrebbe pertanto dovuto dichiarare l'appello inammissibile per l'omessa impugnazione di una delle rationes decidendi.

2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., in relazione all'articolo 7 della legge 212/2000 e vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., per non aver la CTR rilevato che l'atto di diniego del condono conteneva una motivazione del tutto insufficiente.

3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., in relazione all'articolo 12 della Legge 289/2002 in quanto, per la definizione della lite pendente, era sufficiente l'accettazione da parte dell'ufficio competente della domanda da lui presentata, seguita dal versamento della prima rata, sicché il mancato pagamento del saldo non poteva dare luogo al diniego del condono, anche tenuto conto del fatto che comunque erano intervenute numerose proroghe.

4. Il primo motivo di ricorso è infondato.

L'Agenzia delle Entrate aveva infatti denunciato in appello l'errore compiuto dalla CTP nell'individuazione dei tributi oggetto della domanda di condono di V. e la CTR, accogliendo il motivo, ha rilevato che il giudice di primo grado aveva in effetti assunto la decisione sull'errato presupposto che le cartelle esattoriali "rottamate" riguardassero tasse automobilistiche, anziché l'Irpef, in tal modo riformando la pronuncia di prescrizione (che derivava proprio da quell'errore), posto che, a differenza delle tasse automobilistiche, l'Irpef e l'Irap non possono considerarsi prestazioni periodiche, poiché il credito deriva, anno per anno, da una nuova ed autonoma valutazione riguardo alla sussistenza dei presupposti impositivi, sicché la relativa pretesa impositiva è soggetta al termine di prescrizione decennale (cfr. Cass. n. 4283 del 23/02/2010; Cass. n. 2941 del 09/02/2007).

5. Il secondo motivo è inammissibile in quanto è privo del requisito della specificità sancito dall'art. 366 cod. proc. civ., avendo il ricorrente censurato la sentenza della commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione del provvedimento di diniego del condono senza allegare l'atto al ricorso e senza neppure riportarne testualmente il contenuto: risulta pertanto precluso a questa Corte, che non ha accesso diretto agli atti di causa, di verificare se il provvedimento impugnato dovesse effettivamente ritenersi illegittimo per la mancata allegazione dei presupposti di fatto e dalle ragioni giuridiche poste a suo fondamento.

6. Il terzo motivo è infondato.

Questa Corte ha infatti più volte affermato il principio secondo cui, in tema di condono fiscale, l'art. 12 della legge n. 289 del 2002, nel disciplinare una speciale procedura per la definizione dei carichi inclusi in ruoli emessi da uffici statali e affidati ai concessionari del servizio nazionale della riscossione fino al 31 dicembre 2000, mediante il pagamento del 25% dell'importo iscritto a ruolo, oltre alle spese eventualmente sostenute dal concessionario, non prevede alcuna attestazione di regolarità del condono e del pagamento integrale dell'importo dovuto, gravando integralmente sul contribuente l'onere di provare la corrispondenza tra quanto versato e il ruolo oggetto della controversia. Ne consegue che tale forma di sanatoria costituisce una forma di condono demenziale e non premiale come, invece, deve ritenersi per le fattispecie regolate dagli artt. 7, 8, 9, 15 e 16 della legge n. 289 del 2002 - le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario - con la conseguenza che, nell'ipotesi di cui al citato art. 12, non si determina alcuna incertezza in ordine alla determinazione del quantum, esattamente indicato nell'importo normativamente indicato da versarsi da parte del contribuente per definire favorevolmente la lite fiscale. L'efficacia della sanatoria, è, pertanto condizionata all'integrale pagamento dell'importo dovuto, mentre l'omesso o anche soltanto il ritardato versamento delle rate successive alla prima regolarmente pagata, escludono il verificarsi della definizione della lite pendente (Cass. n. 31133 del 29/12/2017; Cass. n. 21364 del 30/11/2012; Cass. n. 20746 del 06/10/2010).

Con riguardo, poi, alle proroghe di cui il contribuente assume di aver beneficiato, il motivo è inammissibile perché generico, stante l'omessa indicazione sia dei provvedimenti di proroga, sia della sussistenza dei presupposti per potersene avvalere.

7. Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è respinto, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto l'art. 13, comma 1 quater al testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all'Agenzia delle entrate le spese processuali, che liquida in euro 3.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.