Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 20 aprile 2018, n. 9853

Accertamento - Riscossione - Cartella di pagamento - Notificazione - Ipoteca - Iscrizione

 

Fatti di causa

 

Rilevato che il contribuente R. S. ricorreva davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Pisa lamentando l'illegittimità di un'iscrizione ipotecaria in quanto relativa a 17 cartelle di pagamento non regolarmente notificate; che si costituiva Equitalia sostenendo la regolarità delle notifiche; che la Commissione Tributaria Provinciale di Pisa, con sentenza n. 230/4/2009, accoglieva parzialmente il ricorso, dichiarando illegittima l'iscrizione ipotecaria relativamente a cinque cartelle per un importo complessivo di 76.962,52 euro;

che avverso tale sentenza proponeva appello l'Agenzia delle entrate producendo la relata di notifica di quattro cartelle; che il contribuente si costituiva chiedendo il rigetto dell'appello; che la Commissione Tributaria Regionale della Toscana, con sentenza n. 118/29/11, accoglieva parzialmente l'appello relativamente alle quattro cartelle per le quali l'appellante aveva prodotto in appello la relata di notifica mentre confermava l'illegittimità dell'iscrizione ipotecaria relativamente ad una cartella, dell'importo di 72.910,97 euro, dal momento che non era stata data la prova dell'avvenuta notifica in quanto «la relata prodotta non è in alcun modo riferibile a tale cartella, giacché l'unico elemento numerico riferibile (forse) ad una cartella dà tutt'altra indicazione. E' la stessa struttura del codice stampato sotto il codice a barre che differisce dalla struttura di tutti gli altri numeri di tutte le altre cartelle per le quali non è dubitabile che le notifiche siano a suo tempo avvenute»;

che avverso tale sentenza Equitalia Centro s.p.a. proponeva ricorso affidato a due motivi e che si costituiva altresì il contribuente;

che in prossimità dell'udienza la Procura generale presentava osservazioni con le quali chiedeva il rigetto del ricorso;

 

Ragioni della decisione

 

Considerato che con il primo motivo d'impugnazione, in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, il ricorrente Equitalia Centro s.p.a. deduce omessa pronuncia sulla domanda di accertamento, tramite presunzioni, della riferibilità della relazione di notifica prodotta in giudizio alla cartella di pagamento n. 087200000224138 22000;

considerato che con il secondo motivo d'impugnazione, in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, il ricorrente Equitalia Centro s.p.a. deduce violazione degli artt. 2687, 2729 cod. civ. per non aver fatto buon uso dei principi in tema di presunzioni e che regolano l'onere della prova, in quanto l'Agente della riscossione ha provato l'avvenuta notifica della cartella di pagamento mediante la produzione in giudizio della relazione di notifica;

che il contribuente, nel suo controricorso, chiede sia dichiarata l'inammissibilità o l'infondatezza del ricorso in quanto sarebbe stato erroneamente denunciato il vizio di cui al n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ., le doglianze entrerebbero nel merito della decisione e comunque la sentenza impugnata sarebbe congruamente motivata;

che i motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente e sono entrambi infondati in quanto attengono al merito della valutazione delle prove, mentre la sentenza è motivata in maniera sintetica ma congrua e ragionevole, in quanto si afferma che non è stato provato da parte di Equitalia la notifica in quanto la relata prodotta non è in alcun modo riferibile alla cartella n. 087200000224138 22000 oggetto di contestazione, né l'imputazione della notifica a tale cartella potrebbe dedursi da altre circostanze, come sostenuto dalla ricorrente, in quanto la sentenza spiega che la struttura del codice stampato sotto il codice a barre differisce dalla struttura di tutti gli altri numeri di tutte le altre cartelle per le quali pure non è dubitabile che le notifiche siano a suo tempo avvenute;

che peraltro, in seguito alla riformulazione dell'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall'art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del "minimo costituzionale" richiesto dall'art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi - che si convertono in violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. e danno luogo a nullità della sentenza - di "mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale", di "motivazione apparente", di "manifesta ed irriducibile contraddittorietà" e di "motivazione perplessa od incomprensibile", al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un "fatto storico", che abbia formato oggetto di discussione e che appaia "decisivo" ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940);

che infatti l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all'esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155);

che dunque, a prescindere dalla circostanza che le censure investono profili di fatto rientranti nel potere discrezionale ed esclusivo del giudice del merito, le cui valutazioni in proposito sono insindacabili in sede di legittimità, anche a seguito della modifica dell'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., se sostenute da adeguata e razionale motivazione (Cass. 26 luglio 2017, n. 18546), i motivi di doglianza sono infondati;

ritenuto dunque che il ricorso va rigettato e che la disciplina delle spese segue la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in euro 4.500, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 -bis.