Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 08 giugno 2018, n. 14987

Tributi - Accertamento catastale - Classamento di immobili - Avviso di rettifica e liquidazione - Motivazione - Contenuto - Ragioni

 

Fatti di causa

 

Rilevato che il 26 febbraio 1999 decedeva G. B., lasciando quali eredi la figlia L. C. ed i nipoti A. e A. S. (figli della figlia premorta F. C.);

che in data 14 gennaio 2000 veniva presentata la denuncia di successione relativa in particolare a vari immobili siti in Campagnano (Roma), con l'indicazione dei relativi valori catastali rivalutati;

che con avviso di rettifica e liquidazione di maggiore imposta del 30 settembre 2004 l'Agenzia delle entrate operava degli aumenti dei valori catastali, cosi motivandoli: "il valore è stato determinato con riferimento alla caratteristiche, ubicazione e posizione del terreno, tenuto conto sia dei valori venali in comune commercio che di quelli definiti per immobili similari";

che con ricorso del 5 gennaio 2005 A. S. ricorreva davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma avverso il suddetto avviso di liquidazione lamentando l'insufficiente motivazione di tale avviso e l'eccessività del valore accertato;

che la Commissione Tributaria Provinciale di Roma, con sentenza 306/29/2009 dell'll giugno 2009, respingeva il ricorso, ritenendo l'atto compiutamente motivato e congruo il valore accertato;

che avverso detta decisione la contribuente proponeva appello avanti la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, insistendo con i motivi già proposti in primo grado;

che la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con sentenza n. 327/38/11 del 30 giugno 2011, accoglieva parzialmente l'appello, rilevando:

che l'avviso di liquidazione esplicita esaurientemente l'iter logico-giuridico seguito;

che tuttavia dalla documentazione presentata dalla contribuente "si evince che i terreni sono sottoposti a numerosi vincoli che ne limitano il valore finale", con la conseguenza che "detto valore possa essere ridotto di un terzo"

che la contribuente proponeva ricorso affidato a due motivi e l'Agenzia delle entrate si costituiva con controricorso chiedendo che il ricorso fosse dichiarato inammissibile o comunque infondato;

 

Ragioni della decisione

 

Considerato che con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, la ricorrente denuncia violazione degli art. 20 e 26 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, dell'art. 34 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, dell'art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, degli art. 112 e 115 cod. proc. civ., per omessa pronuncia ed omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in quanto la sentenza impugnata, dopo aver correttamente richiamato la giurisprudenza di Cassazione secondo cui, per evitare la nullità dell'avviso di accertamento, è sufficiente l'enunciazione dell'astratto criterio normativo in base al quale viene determinato il maggior valore restando a carico deH'amministrazione l'onere di provare la sussistenza delle circostanze che giustificano il quantum accertato, non avrebbe preso in considerazione il punto riguardante l'assolvimento del citato onere della prova da parte dell'Ufficio;

con il secondo motivo d'impugnazione, in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, la ricorrente denuncia motivazione insufficiente e contraddittoria circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, in quanto la sentenza impugnata, dopo aver correttamente richiamato la giurisprudenza di Cassazione secondo cui, per evitare la nullità dell'avviso di accertamento, è sufficiente l'enunciazione dell'astratto criterio normativo in base al quale viene determinato il maggior valore restando a carico dell'amministrazione l'onere di provare la sussistenza delle circostanze che giustificano il quantum accertato, non avrebbe poi motivato in merito al punto riguardante l'assolvimento del citato onere della prova da parte dell'Ufficio;

che i motivi di impugnazione, per la loro stretta connessione vanno affrontati congiuntamente, sono fondati;

che infatti la motivazione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in relazione alla estrema genericità dei criteri indicati ("... la Commissione, avuto riguardo alla natura, consistenza, caratteristiche e ubicazione dei terreni e soprattutto, tenuto conto dei certificati urbanistici prodotti, dai quali si evince che i terreni sono sottoposti a numerosi vincoli che ne limitano il valore finale ritiene che detto valore possa essere ridotto di un terzo rispetto a II'accertato") deve considerarsi di puro stile (perché può adattarsi ad un numero indefinito di casi) e quindi da un lato non consente di fatto il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente perché non gli permette di controllare la ragionevolezza dei criteri seguiti e l'esattezza dei calcoli eseguiti e dall'altro non permette di rapportare con sicurezza l'imposta richiesta alla reale capacità contributiva;

che, secondo questa Corte, quanto al primo aspetto (lesione del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. e del diritto di difesa'di cui all'art. 24 Cost.):

l’avviso di liquidazione emesso dall'ufficio finanziario deve avere un contenuto tale da consentire al contribuente di controllare eventuali errori di calcolo nell'applicazione dei coefficienti e delle aliquote, e deve quindi includere, oltre all'importo del tributo, anche gli ulteriori elementi posti a base dell'imposizione ed in particolare i dati di classamento, consistenti nell'indicazione della zona censuaria, della categoria, della classe, della consistenza e della rendita (circostanza che nel caso di specie non appare essersi verificata: Cass. 18 aprile 2014, n. 9008);

in tema di classamento di immobili, la motivazione deve specificare le differenze riscontrate rispetto a quanto dichiarato dal contribuente (circostanza che nel caso di specie non appare essersi verificata) sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente sia per delimitare l'oggetto dell'eventuale contenzioso (Cass. 16 giugno 2016, n. 12497);

la motivazione di un avviso di rettifica e di liquidazione ha la funzione di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'Ufficio nell'eventuale successiva fase contenziosa, consentendo al contribuente l'esercizio del diritto di difesa: ne consegue che, fermo restando l'onere della prova gravante sulla Amministrazione, è sufficiente che la motivazione contenga l'enunciazione dei criteri astratti, in base ai quali è stato determinato il maggior valore, (nella specie, relativo all'imposta di registro sulla cessione di azienda), senza necessità di esplicitare gli elementi di fatto utilizzati per l'applicazione di essi, in quanto il contribuente, conosciuto il criterio di valutazione adottato, è già in condizione di contestare e documentare l'infondatezza della pretesa erariale (Cass. 22 settembre 2017, n. 22148; Cass. 8 novembre 2013, n. 25153; Cass. 3 agosto 2012, n. 14027);

in tema di ICI, l'atto di liquidazione che riporti i dati di classificazione dell'immobile con la classe, la consistenza e la rendita attribuita in relazione a tali elementi, è sufficiente a consentire al contribuente che individui un errore di classificazione concernente il proprio immobile, o che ritenga non sussistere i requisiti per la variazione catastale, di effettuare l'impugnazione della rendita, aprendo un contenzioso specifico con la Agenzia del Territorio anche sulla base del semplice raffronto di tali dati con quelli su cui in precedenza era stata applicata la imposta (Cass. 9 giugno 2017, n. 14400); .

in tema d'imposta sui fabbricati, l'avviso di classificazione di un immobile in una determinata categoria è soggetto all'obbligo della motivazione, il quale deve ritenersi osservato anche mediante la semplice indicazione della consistenza, della categoria e della classe acciarati dall'ufficio tecnico erariale (UTE), trattandosi di dati sufficienti a porre il contribuente nella condizione di difendersi (Cass. 30 giugno 2011, n. 14379);

che nella specie non solo non appare assolto l'onere della prova da parte dell'Amministrazione, ma non sembrano neppure presenti i suddetti dati ed enunciati i criteri astratti, data la suddetta estrema genericità degli stessi;

che, inoltre, secondo questa Corte, quanto al secondo aspetto (lesione del principio dell'adeguatezza dell'imposta alla capacità contributiva), secondo gli art. 3 e 53 Cost. la "capacità contributiva" (quale concretamente individuata, per ciascuna imposta, dal legislatore ordinario, con scelte il giudizio relativo alle quali è rimesso alla corte delle leggi non irrazionali) deve costituire l'unico parametro di riferimento effettivo: il suo senso concreto, quindi, impone di escludere qualsiasi interpretazione da cui possa derivare la soggezione del contribuente ad un prelievo fiscale maggiore o minore di (comunque diverso da) quello effettivamente voluto dal legislatore, dal momento che la Consulta ha affermato che "la capacità contributiva in ragione della quale il contribuente è chiamato a concorrere alle pubbliche spese esige ... l'oggettivo e ragionevole collegamento del tributo a un effettivo indice di ricchezza" (Corte Cost., ordinanza 28 novembre 2008 n. 394; Cass. 28 marzo 2018, n. 7652);

ritenuto dunque che i motivi di ricorso vanno accolti e la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio va cassata con rinvio ad altra sezione della medesima Commissione che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa innanzi ad altra sezione della medesima Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.