Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 16 luglio 2018, n. 18816

Lavoro - CCNL Metalmeccanici - Collocazione in CIGS - Omessa indicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da sospendere e dei criteri di rotazione

 

Fatti di causa

 

Con ricorso del 12/3/07 T.D., dipendente della S. con le mansioni di impiantista/guardafili ed inquadramento nella V categoria del CCNL Metalmeccanici, esponeva di essere stato posto in CIGS dal settembre 2000, per una serie di accordi sindacali e provvedimenti ministeriali che, da ultimo, avevano autorizzato la collocazione in CIGS dei dipendenti S., comunque sino a tutto il 31-12-05; che la sua collocazione in CIGS era illegittima per omessa indicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da sospendere e dei criteri di rotazione e per non avere attuato la società resistente la dedotta rotazione applicata invece nei confronti di altri dipendenti interessati dalla sospensione. Adiva pertanto il giudice del lavoro di Napoli per ottenere l'accertamento dell'illegittimità della collocazione in CIGS e la condanna della S. S.p.A. al pagamento della differenza tra retribuzione ordinaria ed il trattamento di integrazione salariale percepito.

Con sentenza in data 11/6/08 la domanda veniva accolta, con la condanna della convenuta società resistente pure al rimborso delle spese di lite.

Con ricorso depositato 27/5/06 la S. S.p.A. appellava l'anzidetta pronuncia, deducendone la erroneità per aver ritenuto illegittima la sospensione dell'appellato a causa della genericità ed astrattezza dei criteri per l'individuazione dei lavoratori da sospendere e delle modalità di attuazione della rotazione così come indicati dall'Azienda all'interno dei vari accordi succedutisi nel tempo. Sosteneva che non risultavano controverse tra le parti, e comunque documentate, le seguenti circostanze: la reale sussistenza dei motivi e presupposti per la procedura di mobilità e per la CIGS, il collocamento in CIGS dei dipendenti S. in via generalizzata su tutto il territorio nazionale ed in relazione a tutte le strutture produttive, la chiusura del centro operativo di Agnano, l'insussistenza di qualsiasi vizio riguardante la procedura disciplinata dall'art. 1 L. 223/91, art. 5 L. 164/75. In ordine ai criteri di individuazione del personale da sospendere, non ricorreva il vizio denunziato, essendo stata la asserita genericità dei criteri di scelta, determinata dal fatto di doverli applicare ai vari C.O. sparsi su tutto il territorio nazionale, per cui detti criteri avrebbero dovuto essere calati nelle singole realtà locali. In via subordinata, la sentenza impugnata non era condivisibile per lo meno in relazione agli accordi dell'8-1-02 e 25-1-05 che, per tutta la loro durata temporale, avevano retto la sospensione degli appellati.

Concludeva, chiedendo, in riforma della gravata decisione, il rigetto della domanda attorea, o, in subordine, in parziale accoglimento dell'appello, di ritenere legittima la sospensione dell'appellato a far data almeno dall'8-1-02, ovvero, in via ulteriormente gradata, ritenerla legittima per l'anno 2005, giusta il verbale di accordo nazionale del 26-1-05 e la sua specificazione territoriale del 21-2-05.

La Corte di Appello di Napoli con sentenza n. 3090 in data 8 maggio 2013 rigettava l'interposto gravame, osservando, in particolare, quanto agli accordi sindacali intervenuti per l'anno 2005, che quello del 26-01-05, al contrario del precedente, indicava le ragioni di esclusione dalla rotazione del personale impiegato in attività non più eseguite nei C.O., non più assegnatari delle stesse, ma che presentava gli stessi vizi degli accordi precedenti circa la comunicazione di della procedura. «Contrariamente a quanto assunto dalla società appellante, pertanto, deve (doveva) escludersi nel modo più categorico che tale ultimo accordo possa (potesse) aver avuto efficacia sanante delle pregresse anomalie, sia perché privo di qualsiasi affetto retroattivo, sia perché esso stesso affetto in parte da analoghi vizi>>.

S. S.p.a. con atti del sei / 24 settembre 2013 ha proposto ricorso per cassazione, avverso la pronuncia della Corte partenopea, con un unico motivo, lamentando violazione di legge e omesso esame di un fatto decisivo per la controversia - omessa e/o insufficiente motivazione su di un fatto decisivo per la controversia - ai sensi dell'art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. per violazione dell'art. 1, commi 7 e 8 della I. n. 223 del 1991 in relazione all'accordo sindacale del 26.01.2005. Secondo la ricorrente, tale ultimo accordo e la sua specificazione territoriale del 21.2.2005 rispettavano pienamente la legge n. 223, perché i diritti d'informativa sindacale erano stati ampiamente garantiti, prevedendosi tanto il numero dei lavoratori da sospendere per ogni sede, tanto che l'individuazione del personale sarebbe avvenuta nelle diverse unità produttive sulla base delle effettive esigenze tecnico produttive e sarebbe stata oggetto di incontri con le RSU. Inoltre, si prevedeva che la rotazione sarebbe avvenuta con cadenza trimestrale, con esclusione del personale impiegatizio in considerazione delle esigenze di garantire la continuità delle specifiche mansioni e del personale impegnato in attività rete tradizionale, non più assegnataria di lavori dopo la gara con T. del 2011. Quanto al C.O. di Napoli ex Agnano, cantiere chiuso, il richiamato verbale di incontro territoriale specificava che il personale da sospendere (tra cui il ricorrente, addetto alla rete fissa) era stato individuato in base alle esigenze tecniche produttive derivanti dalle mancate commesse della T.I., venute meno dal 2001 a seguito della gara indetta dalla stessa T. Perciò legittimamente il T. era stato sospeso, in quanto addetto alla rete fissa di cantiere chiuso, sicché la sospensione aveva interessato anche l'attore e perché lo stesso non poteva ruotare in relazione alle clausole dei citati accordi. Di conseguenza, ad avviso delle S. poiché era stato raggiunto un accordo sindacale veniva superato ogni eventuale anomalia formale della procedura.

T. D. è rimasto intimato, mentre la società ricorrente ha poi depositato memoria ex art. 378 c.p.c. (cui peraltro risultano allegati vari precedenti giurisprudenziali).

 

Ragioni della decisione

 

La Corte rileva, in via preliminare ed assorbente, che manca allo stato in atti (previo accurato nuovo esame, all'esito della pubblica udienza, del fascicolo di ufficio e della produzione di parte, nonché delle annotazioni al SIC fino alla data del 4 aprile 2018) l'avviso di ricevimento di cui alla relata di notifica del ricorso de quo, risultante eseguita a mezzo posta, e che il T., come già sopra accennato, è rimasto qui intimato, non essendosi costituito neanche con il deposito di una procura speciale ad un difensore per la partecipazione all'udienza di discussione.

Pertanto, stante il difetto di avvenuta compiuta notificazione del ricorso, il contraddittorio non può dirsi ritualmente instaurato nei confronti del T., di guisa che l'impugnazione risulta inammissibile.

Va, quindi, applicata la consolidata giurisprudenza, secondo la quale nel caso di processo notificatorio, di cui non sia provato il perfezionamento, è inapplicabile la rinnovazione ex art. 291 c.p.c. (peraltro neppure richiesta all'udienza del 4 aprile 2018, allorché il difensore comparso per la ricorrente nemmeno ha depositato documentazione di sorta), rinnovazione che invero presuppone invece l'invalidità della notifica, ad ogni modo eseguita, anche se non osservando le disposizioni di rito, sicché pure il mero deposito del ricorso, sebbene tempestivo, non comporta tuttavia di per sé l'instaurazione del rapporto processuale nei confronti della controparte, se non a seguito di compiuta notifica, la quale poi a sua volta, ove invalida, può essere regolarizzata mediante il rimedio della rinnovazione consentito dall'art. 291 (cfr. in part. Cass. V civ. n. 26108 del 30/12/2015, la mancata produzione dell'avviso di ricevimento comporta, non la mera nullità, ma la insussistenza della conoscibilità legale dell'atto cui tende la notificazione -della quale, pertanto, non può essere disposta la rinnovazione ai sensi dell'art. 291 cod. proc. civ. - con la conseguente inammissibilità del ricorso medesimo, in quanto non può accertarsi l'effettiva e valida costituzione del contraddittorio - in caso di mancata costituzione in giudizio della controparte, anche se risulti provata la tempestività dell'impugnazione - Cass. lav. 29.3.1995 n. 3764, II civ. 18.7.2003 n. 11257, 1 civ. 10.2.2005 n. 2722 con riferimento alla notifica del ricorso per cassazione, V civ. 8.5.2006 n. 10506 con riferimento alla notifica dell'atto di appello; vedi sez. lav. 24.7.2007 n. 16354. Peraltro, la parte interessata può domandare di essere rimessa in termini, ai sensi dell'art. 184-bis cod. proc. civ. per il deposito dell'avviso che affermi di non aver ricevuto, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivata nel richiedere all'amministrazione postale un duplicato dell'avviso stesso, secondo quanto previsto dall'art. 6, primo comma, della legge n. 890 del 1982. Parimenti, secondo Cass. Sez. Un. civ. n. 627 del 04/12/2007 - 14/01/2008: " - la produzione dell'avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai sensi dell'art. 149 c.p.c., o della raccomandata con la quale l'ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell'avvenuto compimento delle formalità di cui all'art. 140 c.p.c., è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell'intervenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell'avvenuta instaurazione del contraddittorio; ... - in difetto di produzione dell'avviso di ricevimento ed in mancanza di esercizio di attività difensiva da parte dell'intimato il ricorso è inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ai sensi dell'art. 291 c.p.c.; - il difensore del ricorrente presente in udienza o all'adunanza della corte in camera di consiglio può tuttavia domandare di essere rimesso in termini, ai sensi dell'art. 180 bis c.p.c., per il deposito dell'avviso che affermi di non aver ricevuto, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all'amministrazione postale un duplicato dell'avviso stesso, secondo quanto previsto dalla L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 6, comma 1".

Cass. V civ. n. 19623 - 01/10/2015: in tema di ricorso per cassazione, la prova dell'avvenuto perfezionamento della notifica dell'atto introduttivo, ai fini della sua ammissibilità, deve essere data, tramite la produzione dell'avviso di ricevimento, entro l’udienza di discussione, che non può essere rinviata per consentire all'impugnante di provvedere a tale deposito, salvo che lo stesso ottenga la rimessione in termini, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all'amministrazione postale, a norma dell'art. 6, comma 1, della legge 20 novembre 1982, n. 890, un duplicato dell'avviso stesso.

V. altresì Cass. III civ. n. 9453 del 28/04/2011, secondo cui nell'ipotesi di omessa produzione, all'udienza di discussione fissata ai sensi dell'art. 379 cod. proc. civ., dell'avviso di ricevimento idoneo a comprovare il perfezionamento della notificazione eseguita a mezzo del servizio postale ai sensi dell'art. 149 cod. proc. civ., non può essere accolta l'istanza di mero rinvio, formulata dalla parte ricorrente al fine di provvedere a tale deposito, poiché il differimento d'udienza si porrebbe in manifesta contraddizione con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo stabilito dall'art. 111 Cost. Pertanto, l'omessa produzione determina in modo istantaneo ed irretrattabile l'effetto dell'inammissibilità dell'impugnazione nonché il consolidamento del diritto della controparte a tale declaratoria. In senso conforme, Cass. III civ. n. 14780 del 30/06/2014).

Peraltro, nonostante l'esito negativo del ricorso, con conseguente soccombenza, parte ricorrente nulla deve, comunque, alla controparte, rimasta intimata, perciò senza aver svolto alcuna difesa in proprio favore.

Nella specie, infine, alla stregua pure dell'anzidetta declaratoria è tuttavia applicabile l'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002 (in tema di raddoppio del contributo unificato), allorquando l'impugnazione venga disattesa, perché interamente infondata nel merito, ovvero siccome inammissibile o improcedibile.

 

P.Q.M.

 

Dichiara improcedibile il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.