Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 18 maggio 2018, n. 12310

Tributi - IVA - Credito ceduto - Istanza di rimborso da parte del cedente - Accoglimento del ricorso contro il diniego - Sentenza passata in giudicato - Ricorso di ottemperanza da parte del cessionario estraneo al giudizio per il rimborso - Legittimazione ad agire in ottemperanza - Esclusione

 

Esposizione dei fatti di causa

 

1. La società M. società consortile a responsabilità limitata proponeva ricorso avverso il provvedimento di diniego emesso dall'Agenzia delle Entrate sulla richiesta di rimborso dell'Iva. La commissione tributaria provinciale di Messina, con sentenza n. 306/01/06, accoglieva il ricorso. Proposto appello da parte dell'Agenzia delle Entrate, la CTR della Sicilia, sezione distaccata di Messina, lo dichiarava inammissibile ed avverso tale decisione non veniva proposto ricorso per cassazione.

La società C.C. S.r.l., cessionaria in ragione del 50% del credito vantato dalla società M. nei confronti dell'Agenzia delle Entrate in forza dell'atto di cessione del 2 agosto 2002, proponeva ricorso per l'ottemperanza della sentenza pronunciata nei confronti della sua dante causa M. e la commissione tributaria provinciale di Messina dichiarava l'inammissibilità del ricorso sia per la mancanza di legittimazione della società C.C. s. r. I., in quanto il giudicato si era formato nei confronti della dante causa società consortile M. a responsabilità limitata, sia perché il ricorso era stato intestato genericamente e presentato erroneamente alla commissione tributaria provinciale di Messina, laddove avrebbe dovuto essere presentato alla commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Messina.

2. Avverso la sentenza della commissione tributaria provinciale propone ricorso per cassazione la società C.C. s.r.l. affidato a due motivi. L'Agenzia delle Entrate si è costituita in giudizio con controricorso.

3. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., in relazione all'articolo 2909 cod. civ.. Sostiene che il giudizio promosso al fine di ottenere l'ottemperanza al giudicato delle commissioni tributarie può essere promosso dalla parte che vi ha interesse e, dunque, anche da essa cessionaria del credito Iva da parte della M. società consortile a responsabilità limitata, dovendosi anche tener conto del fatto che, a norma dell'articolo 2909 cod. civ., l'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni effetto fra le parti, i loro eredi ed aventi causa.

4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., in relazione all'articolo 70 del decreto legislativo 546/1992 in quanto, avendo la CTR dichiarato l'inammissibilità dell'appello proposto avverso la sentenza con cui era stato accolto il ricorso della contribuente M., competente per il giudizio di ottemperanza era la commissione tributaria provinciale e non già la commissione tributaria regionale.

 

Esposizione delle ragioni della decisione

 

1. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è infondato. Mette conto considerare che nel processo tributario, non prevedendo il d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 alcuna disposizione in ordine alla successione a titolo particolare nel diritto controverso e rinviando il suo art. 1, comma 2, alle norme del codice di procedura civile per quanto da esso non disposto e nei limiti della loro compatibilità con le sue norme, deve trovare applicazione l'art. 111 cod. proc. civ.. La Corte di legittimità ha affermato il principio secondo cui il successore a titolo particolare nel diritto controverso non intervenuto né chiamato in causa nel processo proseguito tra le parti originarie a norma dell'art. 111 cod. proc. civ. e conclusosi con l'accoglimento della domanda del dante causa, può far valere tutti i diritti spettanti al proprio autore, compreso quello di agire in executivis contro il soccombente in base alla condanna anzidetta (Cass. n. 8459 del 17.10.1994). Nel caso che occupa, tuttavia, tali principi non sono applicabili. Ciò in quanto la cessione del credito Iva da parte della società M. soc. consortile alla società C.C. s.r.l. è avvenuta in data 2.8.2002 e l'atto di cessione è stato notificato all'Agenzia delle entrate il 2.9.2002. Successivamente la società M. ha chiesto il rimborso del credito Iva all'Agenzia delle Entrate e, ottenuto il diniego, ha agito in giudizio per l'annullamento del provvedimento di diniego ottenendo sentenza favorevole. Per effetto della cessione del credito a favore della C.C. s.r.l. e della opponibilità di tale cessione all'agenzia delle entrate, la cedente M. era priva della legittimazione a domandare all’erario il rimborso dell'IVA ma la questione non è stata eccepita e la società M. ha ottenuto la sentenza a se favorevole che è passata in giudicato. Ora, posto che la società M. ha fatto valere in giudizio la pretesa fondata su un diritto di cui non era più titolare per averlo già ceduto alla società C.C. s.r.l. con atto avente effetti nei confronti della agenzia delle entrate, la società C.C. s.r.l. ha mantenuto integro il diritto al rimborso del credito nei confronti dell'agenzia delle entrate, la quale non sarebbe stata liberata, nei confronti della C.C. s.r.l., per effetto del pagamento effettuato a favore della società M., neppure in forza della sentenza favorevole da quest'ultima ottenuta, e ciò giusta l'art. 1264 cod. civ., che prevede che il debitore che paga dopo la notifica della cessione del credito non è liberato nei confronti del cessionario. Ne consegue che la cessionaria C.C. s.r.l., estranea al giudizio promosso dalla cedente M. soc. consortile in quanto già divenuta titolare del credito prima che questa proponesse la causa per ottenere l'annullamento del diniego di rimborso, non è legittimata ad agire per l'ottemperanza della sentenza ottenuta dalla M. in quanto non può giovarsi degli effetti di essa.

2. Il secondo motivo rimane assorbito.

Le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere all'agenzia delle entrate le spese processuali che liquida in euro 2.200,00, oltre alle spese prenotate a debito.