Corrispettivo di cessione dello studio professionale: reddito diverso o professionale

Per espressa previsione normativa dal 2006 il corrispettivo di cessione dello studio professionale costituisce a tutti gli effetti reddito di lavoro autonomo professionale, invece, per le cessioni antecedenti ricade nella categoria dei redditi diversi la parte corrispondente alla cessione di clientela (Corte di Cassazione - Ordinanza 6 febbraio 2019, n. 3400).

Nella controversia esaminata dalla Suprema Corte, il professionista ha inserito i corrispettivi ricavati dalla cessione (ante 2006) del proprio studio professionale tra quelli riferibili all’attività di lavoro autonomo professionale, includendo anche i corrispettivi relativi alla cessione di clientela. L’Agenzia delle Entrate ha accertato, dunque, l’omessa dichiarazione di redditi diversi connessi al contratto di cessione dell’attività professionale, peraltro, senza distinguere il complesso dei beni materiali dagli elementi immateriali (quali la cessione dei clientela).
Su ricorso del professionista i giudici tributari hanno confermato la legittimità dell’accertamento, rilevando che il contratto di cessione configurava un trasferimento di attività professionale svolta in forma di impresa, pertanto riconducibile nell’ambito dei redditi diversi, mentre la distinzione tra i diversi componenti oggetto della cessione costituiva onere del contribuente, non imputabile all’Amministrazione finanziaria.
Con parziale riforma della decisione dei giudici tributari, la Corte di Cassazione ha osservato, preliminarmente, che anche gli studi professionali possono essere organizzati in forma di azienda, ogni qualvolta al profilo personale dell'attività svolta si affianchino un'organizzazione di mezzi e strutture, un numero di titolari e dipendenti ed un'ampiezza di locali adibiti all'attività, tali che il fattore organizzativo e l'entità dei mezzi impiegati sovrastino l'attività professionale del titolare, o quanto meno si pongano, rispetto ad essa, come entità giuridica dotata di una propria rilevanza strutturale e funzionale che, seppure non separata dall'attività del titolare, assuma una rilevanza economica.
A tal proposito, i giudici della Suprema Corte hanno evidenziato che, seppure non sia configurabile una prevalenza dell’elemento organizzativo, e la persona del professionista rimanga predominante, in base al principio di autonomia negoziale, deve ritenersi validamente stipulato il contratto avente ad oggetto il trasferimento, verso corrispettivo, dello studio professionale ad altro soggetto, intenzionato a proseguire l'attività avvalendosi del complesso dei beni, materiali ed immateriali, appartenenti al proprio dante causa. In tal caso si verifica un vero e proprio trasferimento dell'attività: accanto agli arredi, al complesso dei beni strumentali e dei rapporti contrattuali di fornitura, l'alienante "cede" per via indiretta, al professionista che subentra, la clientela, nel senso che assume a tal fine obblighi positivi di fare (mediante un'attività promozionale di presentazione e di canalizzazione) e negativi di non fare (quale il divieto di riprendere ad esercitare la stessa attività nello stesso luogo), volti a consentire al successore che ne abbia le qualità di mantenere la clientela, previo conferimento di un nuovo incarico.
Ciò premesso, riguardo al legittimo trattamento fiscale dei corrispettivi derivanti dalla cessione dello studio professionale, la Corte di Cassazione ha precisato che esiste una sorta di spartiacque tra le cessioni poste in essere a decorrere dal 2006 e quelle antecedenti.
Dalla predetta annualità, infatti, è stato introdotto uno specifico regime di tassazione per i corrispettivi delle cessioni di attività professionali, in base al quale, gli stessi devono ritenersi completamente riconducibili tra i redditi riferibili all’attività professionale. Per le cessioni antecedenti al 2006, invece, occorre distinguere la parte dei corrispettivi relativa al complesso dei beni materiali, riconducibile tra i redditi riferibili all’attività professionale, da quella relativa agli elementi immateriali (cessione di clientela e obbligo di non concorrenza) che rientra nell’ambito dei redditi diversi. Nel caso di mancata specificazione del valore contrattualmente attribuito ad ogni singolo elemento oggetto di cessione, spetta all’Amministrazione finanziaria l'onere della prova del presupposto impositivo.