Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 ottobre 2016, n. 21314

Lavoro - Inps - Pensione - Erede - Pensione di reversibilità

 

Fatto

 

Con sentenza depositata il 5.11.2009, la Corte d'appello di Roma confermava la statuizione di prime cure che aveva rigettato per intervenuta prescrizione la domanda di L.H. volta a conseguire gli accessori di legge sulle somme liquidatele a titolo di ratei di pensione di reversibilità spettantile quale erede di M.D.M..

Contro questa pronuncia ricorre l’assistita affidandosi ad un motivo. Resiste l'INPS con controricorso.

 

Diritto

 

Con l'unico motivo di censura, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c., 2943, 2944 e 2697 c.c. per avere la Corte di merito ritenuto maturata la prescrizione del proprio diritto nonostante esistessero in giudizio atti (e segnatamente la nota raccomandata ricevuta dall'INPS in data 24.2.1996) dai quali desumere l'avvenuta tempestiva interruzione del termine prescrizionale.

Il motivo è inammissibile. Vero è, infatti, che la controeccezione di interruzione della prescrizione è rilevabile anche d’ufficio dal giudice, alla sola condizione che il fatto interruttivo risulti dagli atti processuali (Cass. S.U. n. 15661 del 2005 e, più recentemente, Cass. n. 18602 del 2013), ma non è meno vero che la parte che intenda far valere per cassazione un vizio della sentenza che importi l'esame di documenti acquisiti al processo ha l'onere di specificare, ex art. 366 n. 4 c.p.c., non solo il contenuto del documento, ma altresì le ragioni della sua rilevanza ai fini del decidere, quando queste non siano desumibili dal documento stesso; e tanto non è accaduto nel caso di specie, ove si consideri che la nota raccomandata ricevuta dall'INPS in data 24.2.1996 risulta inviata da tale B.M., che si professa vedova e unica erede di M.D.M., e né dal suo contenuto né tampoco dal ricorso è dato comprendere in che modo essa, provenendo ictu oculi da persona fisica diversa dall'odierna ricorrente, potrebbe valere a interrompere la prescrizione eccepita dall'Istituto.

Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi € 2.100,00, di cui € 2.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.