Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 19 gennaio 2017, n. 1320

Licenziamento per giusta causa - Violazione dell'obbligo di fedeltà - Passaggio alle dipendenze di un’azienda concorrente

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza del 28.9.10 il Tribunale di Reggio Emilia dichiarava illegittimo il licenziamento per giusta causa (violazione dell'obbligo di fedeltà) intimato il 1°.6.06 da P.G. S.p.A. a F.R., con le conseguenze di cui all'art. 18 legge n. 300/70.

Con sentenza depositata il 6.5.14 la Corte d'appello di Bologna, in totale riforma della pronuncia di prime cure, rigettava la domanda del lavoratore, che oggi ricorre per la cassazione della sentenza affidandosi ad un solo motivo.

P.G. S.p.A. resiste con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

1- Con unico motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 244 e ss. e 257 c.p.c., nonché dell'art. 5 legge n. 604/66, per avere la Corte territoriale basato il proprio convincimento unicamente sulla deposizione, de relato e generica, del teste R., sebbene non confortata da altri elementi di prova.

2- Il ricorso è infondato.

L'addebito disciplinare (considerato dalla sentenza impugnata idoneo a sostenere il licenziamento) consisteva, sia detto in sintesi, nell'essersi il ricorrente offerto di passare alle dipendenze della ditta F., concorrente della P.G. S.p.A., insieme alla gran parte della rete vendita di quest'ultima, dicendosi altresì in grado di spostare in misura assai consistente il relativo fatturato.

La sentenza impugnata ha ritenuto provato l'illecito in base alla deposizione de relato del teste R., che ha indicato come fonti referenti un "tam tam abbastanza usuale nel settore" e M.M. della MPG, ramo della F.. A sua volta tale testimonianza è stata ritenuta riscontrata da quella, sempre indiretta, del teste F., a suo dire reso edotto dei fatti dallo stesso ricorrente.

Tutto ciò è espressamente riportato nella motivazione della gravata pronuncia.

Per costante giurisprudenza di questa S.C., cui va data continuità, mentre la deposizione dei testimoni de relato ex parte ha un rilievo sostanzialmente nullo, quella dei testi de relato in genere, pur attenuata perché indiretta, è idonea ad assumere rilievo ai fini del convincimento del giudice, nel concorso di altri elementi oggettivi e concordanti che ne suffraghino la credibilità (cfr., ex aliis, Cass. n. 569/15; Cass. n. 8358/07).

Nel caso di specie, va escluso che le voci correnti nel pubblico (il "tam tam" di cui ha parlato il teste R.) possano costituire elemento di suffragio ad una deposizione de relato (pur non essendone l'uso espressamente vietato nel c.p.c., contrariamente a quanto accade nel c.p.p., le voci correnti nel pubblico hanno a loro volta bisogno di essere suffragate dal concorso di altri elementi, secondo Cass. n. 2364/75).

E poiché il teste di riferimento (M.) non è stato escusso, l’unico riscontro alla deposizione del teste R. deriva, sempre alla stregua di quanto si legge nell'impugnata sentenza, dalla deposizione de retato ex parte del teste F.

Si tratta, quindi, di stabilire in punto di diritto se e in che misura la deposizione de relato ex parte con cui si riferiscano circostanze sfavorevoli alla parte medesima (che funge da fonte referente) possa integrare prova o, almeno, elemento di prova idoneo a suffragare altra testimonianza indiretta.

La risposta è sicuramente affermativa: la deposizione de relato ex parte con cui si riferiscano circostanze sfavorevoli alla parte medesima ha la natura giuridica di prova testimoniale d'una confessione stragiudiziale (se munita del relativo animus) fatta a un terzo (non ricorre, nel caso in esame, il divieto di cui all'art. 2735 cpv. c.c.), in quanto tale liberamente apprezzabile dal giudice ai sensi dell'art. 2735 co. 1°, secondo periodo, c.c.

Pertanto, poiché la confessione stragiudiziale resa a un terzo può essere sufficiente anche in via esclusiva a fondare il convincimento del giudice (cfr., ex aliis, Cass. n. 12463/03), a maggior ragione può integrare elemento di suffragio d'una testimonianza de relato.

Per il resto, le censure mosse in ricorso circa la genericità della deposizione del teste R. sconfinano sul piano della valutazione nel merito delle risultanze istruttorie, il che non è consentito in sede di legittimità.

3-In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 4.600,00 di cui euro 100,00 per esborsi ed euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali e agli accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13 co. 1 quater d.P.R. n. 115/2002, come modificato dall'art. 1 co. 17 legge 24.12.2012 n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del co. 1 bis dello stesso articolo 13.