Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 23 maggio 2018, n. 12689

Tributi - Accertamento - Riscossione - Cartella di pagamento - Recupero credito di imposta per incremento occupazionale

 

Rilevato che

 

La contribuente F.M. ha proposto ricorso, affidato a quattro motivi, avverso la sentenza della CTR della Puglia n. 85/14/2009, emessa il 15.5.2009 e depositata il 12.6.2009, con la quale, in accoglimento dell'appello proposto dall'Ufficio, veniva rigettato il ricorso proposto dalla stessa contribuente avverso la cartella di pagamento per Irap, Iva, Irpef e recupero credito di imposta per incremento occupazionale relativi all'anno di imposta 2002, emessa a seguito di accertamento ex art. 36-bis dpr 600/73.

Resiste l'A.d.E. mediante controricorso; è rimasta, invece, intimata Equitalia E.Tr. s.p.a.

 

Ritenuto che

 

1. Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'artt. 116 cod. proc. civ., avendo ritenuto sufficiente, ai fini della prova dell'invio della comunicazione di irregolarità alla contribuente, la produzione della documentazione tratta dall'interrogazione della banca dati dell'Anagrafe tributaria, attestante l'invio di una lettera raccomandata alla stessa contribuente, in mancanza della produzione di copia della comunicazione e dell'attestazione di ricevimento da parte della destinataria; con il secondo motivo, si deduce vizio di motivazione, ex art. 360, comma 1, n.5 cod. proc. civ., in ordine ad un punto decisivo della controversia, avuto riguardo alla omessa ovvero insufficiente o contraddittoria valutazione riguardo alla prova documentale, fornita dalla ricorrente, in ordine al fatto che la stessa, nei 30 giorni dalla notifica della cartella esattoriale aveva segnalato all'Ufficio la mancata ricezione di alcuna comunicazione di irregolarità;

con il terzo motivo di ricorso, la contribuente deduce violazione e falsa applicazione, in relazione all'art. 360, comma 1, n.3 cod. proc. civ., degli artt. 36-bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, 54-bis, comma 3, e 60, comma 6, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e 6, legge 27 luglio 2000, n. 212, con riferimento al capo della sentenza impugnata che ha ritenuto non necessario, nella specie, il previo invio della comunicazione di irregolarità quale adempimento previsto ai fini della validità della cartella esattoriale, affermando che esso è dovuto soltanto nel caso in cui dal controllo emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato in dichiarazione; parimenti, la CTR ha ritenuto che il c.d. avviso bonario di cui all'art. 6 cit., sia dovuto soltanto quando sussistano incertezze in ordine al contenuto della dichiarazione.

2. I predetti motivi possono essere esaminati congiuntamente, alla luce della loro stretta connessione e, per ragioni di priorità logica, deve essere analizzato per primo il terzo motivo, che risulta infondato.

2.1. Risulta incontestato che, nella specie, l'ufficio non ha proceduto alla rettifica della dichiarazione della ricorrente, ma si è limitato ad attivare il procedimento di riscossione delle imposte auto-liquidate dalla ricorrente e dalla stessa non versate.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, al quale il Collegio intende dare continuità, «in tema di riscossione delle imposte, l'art. 6, comma quinto, della legge 27 luglio 2000, n. 212, non impone l'obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi dell'art. 36 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ma soltanto "qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione", situazione, quest'ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo; del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso». (Cass. Sez. 6 - 5, 21/11/2017, n. 27716; Cass. Sez. 5, 12/04/2017, n. 9463, Rv. 643769 - 01)

2.2. Nella stessa prospettiva, si è affermato che, «ai sensi degli artt. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, l'invio al contribuente della comunicazione di irregolarità, al fine di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, è dovuto solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un'imposta o una maggiore imposta e, comunque, la sua omissione determina una mera irregolarità e non preclude, una volta ricevuta la notifica della cartella, di corrispondere quanto dovuto con riduzione della sanzione, mentre tale adempimento non è prescritto in caso di omessi o tardivi versamenti, ipotesi in cui, peraltro, non spetta la riduzione delle sanzioni amministrative ai sensi dell'art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 462 del 1997». (Cass. Sez. 5, 06/07/2016, n. 13759, Rv. 640341 - 01).

2.3. Da quanto osservato consegue che, vertendosi in tema di fattispecie di omesso versamento delle somme dovute sulla base dei dati forniti direttamente dalla contribuente con la propria dichiarazione, l'Ufficio non era obbligato ad inviare alla stessa alcuna comunicazione di irregolarità. Il rigetto della questione sottesa al motivo in esame determina l'assorbimento del primo e del secondo motivo di ricorso.

3. Con il quarto motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, ex art. 360, comma 1, n.3 cod. proc. civ., dell'art. 2, c. 8-bis d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 in relazione al fatto che la CTR ha ritenuto non più proponibile in sede di impugnazione di un atto liquidativo la questione della emendabilità della dichiarazione del contribuente - con particolare riferimento all'insussistenza del presupposto impositivo quanto alle somme richieste a titolo di Irap -, in considerazione della possibilità di impugnare la cartella soltanto per vizi propri e del fatto che la contribuente non aveva effettuato nel termine previsto alcuna dichiarazione rettificativa ex art. 2, comma 8-bis del predetto decreto.

3.1. Va premesso che il motivo in esame è ammissibile, posto che, a differenza di quanto ritiene l'Agenzia, lo stesso non è diretto a formulare per la prima volta in sede di legittimità una contestazione circa la sussistenza, nella specie, dei presupposti impositivi ai fini Irap, ma a censurare il capo della decisione della CTR che ha escluso l'impugnabilità della cartella esattoriale, ove scaturita da un controllo ex art. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973, anche per ragioni attinenti al merito della pretesa impositiva; ragioni, peraltro, enunciate sin dal ricorso introduttivo e debitamente riproposte in appello, come si evince dalla ricostruzione della vicenda processuale contenuta nella decisione della CTR.

3.2. Ciò posto, il motivo è fondato.

Con la decisione impugnata, invero, la CTR ha ritenuto non modificabile nè emendabile la dichiarazione presentata dalla contribuente se non mediante una dichiarazione integrativa ex art. 2, comma 8-bis, cit., escludendo, in particolare, la possibilità di far valere le proprie ragioni sul punto in sede di impugnazione della cartella esattoriale emessa a seguito di controllo automatizzato ex art. 36-bis d.P.R. n. 600/73.

Tali conclusioni integrano non soltanto la violazione dell'art. 19, comma 3, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (profilo, per quanto non formalmente enunciato, logicamente ed univocamente desumibile dalla formulazione del motivo di ricorso, laddove si rileva che, se la cartella non preceduta da avviso di accertamento fosse impugnabile soltanto per vizi propri, la dichiarazione dei redditi diverrebbe immodificabile, anche ove obbligasse il contribuente a pagare imposte non dovute), ma anche quella dell'art. 2, comma 8-bis cit., norma espressamente evocata dal ricorrente.

3.3. In tale prospettiva, va osservato, quale necessaria premessa logico-interpretativa, che l'orientamento di questa Corte è consolidato nel ritenere che l'impugnazione della cartella di pagamento, emessa in seguito alla procedura di controllo automatizzato ex art. 36-bis d.p.r. 600/73, non è preclusa dalla circostanza che l'atto impositivo sia fondato sui dati evidenziati dal contribuente nella propria dichiarazione. Siffatta conclusione presupporrebbe, invero, l'irretrattabilità della dichiarazione del contribuente, mentre essa si configura non quale atto negoziale o dispositivo, ma come dichiarazione di scienza, come tale emendabile e ritrattabile in ragione dell'acquisizione di nuovi elementi di conoscenza o di valutazione (cfr. Cass. sez. V, 28/02/2017, n. 5129, Rv. 643223 - 01).

Questa Corte ha, altresì, ritenuto che «la cartella esattoriale emessa ex art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, può essere impugnata, ai sensi dell'art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non solo per vizi propri ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva, poiché non rappresenta la mera richiesta di pagamento di una somma definita con precedenti atti di accertamento, autonomamente impugnabili e non impugnati, ma riveste anche natura di atto impositivo, trattandosi del primo ed unico atto con cui la pretesa fiscale è stata esercitata nei confronti del dichiarante». (cfr. Cass. sez. 5, 22/01/2014, n.1263, Rv. 629155).

3.4. In tale contesto normativo, neppure può sostenersi che l'emendabilità e la ritrattabilità della dichiarazione sia preclusa in caso di mancata presentazione di una dichiarazione integrativa, secondo una facoltà già riconosciuta dall'art. 9, ultimo comma del d.P.R. n. 600/73, successivamente abrogato dall'articolo 9 del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, in occasione dell'introduzione della disciplina di cui ai commi 8 e 8 bis dell'art. 2 citato.

Invero, l'interpretazione della disciplina applicabile ratione temporis va condotta alla luce dei principi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. Sez. U. 30/06/2016, n. 13378, Rv. 640206 - 01), secondo cui «in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui all'art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 se diretta ad evitare un danno per la P.A. (art. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d'imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell'Amministrazione finanziaria»;

in particolare, nella motivazione della richiamata decisione le Sezioni Unite hanno precisato: «La natura giuridica della dichiarazione fiscale quale mera esternazione di scienza, il principio di capacità contributiva di cui all'art. 53 Cost., il disposto dell'art. 10 dello Statuto del contribuente - secondo cui i rapporti tra contribuente e fisco sono improntati al principio di collaborazione e buona fede - nonché il diverso piano sul quale operano le norme in materia di accertamento e riscossione, rispetto a quelle che governano il processo tributario, comportano poi l'inapplicabilità in tale sede, delle decadenze prescritte per la sola fase amministrativa. Oggetto del contenzioso giurisdizionale è infatti l'accertamento circa la legittimità Corte di Cassazione - copia non ufficiale della pretesa impositiva, quand'anche fondata sulla base di dati forniti dal contribuente. E' agevole rilevare che, in tal caso, non si vede in tema di "dichiarazione integrativa" ex art. 2 cit., o di richiesta di rimborso ex art. 38 cit., onde non può escludersi, sulla base dei suesposti principi, il diritto del contribuente a contestare il provvedimento impositivo, fornendo prova delle circostanze, quali anche errori o omissioni presenti nella dichiarazione fiscale». In tale prospettiva, le Sezioni Unite hanno condiviso l'orientamento che riconosce la possibilità per il contribuente, in sede contenziosa, di opporsi alla maggiore pretesa tributaria azionata dal fisco - anche con diretta iscrizione a ruolo a seguito di mero controllo automatizzato - allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella sua redazione ed incidenti sull'obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine di cui all'art. 2 cit.

4. In conclusione, deve essere accolto il quarto motivo di ricorso, nei termini sopra precisati. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata con rinvio, per nuovo esame ed anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, in diversa composizione.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il quarto motivo di ricorso; rigetta il terzo motivo, in esso assorbiti il primo ed il secondo; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.