Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 09 febbraio 2017, n. 3442

Imposte - Preavvisi di fermo amministrativo - Cartelle di pagamento - Notifica - Validità solo parziale

 

In fatto

 

La Riscossione Sicilia spa, già S.E.R.I.T. Sicilia spa, propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di P.L. e dell’Agenzia delle Entrate (che resistono con controricorso), inverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia Sezione staccata di Catania n. 1630/17/2014, depositata in data 13/05/2014, con la quale - in controversia concernente l’impugnazione di alcuni preavvisi di fermo amministrativo e di una serie di cartelle di pagamento e dei relativi ruoli, per varie imposte ed in relazione agli anni dal 1999 al 2002, - è stata in parte riformata la decisione di primo grado, che aveva dichiarato inammissibile il ricorso della contribuente. In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto, nell’accogliere parzialmente il gravame della contribuente, ritenuto preliminarmente ammissibile il ricorso introduttivo, che solo una delle cartelle di pagamento impugnate risultava validamente notificata alla contribuente, con conseguente validità del relativo preavviso di fermo ed annullamento dei ruoli portati dalle altre cartelle, tra le quali anche quella avente n. "02932932006011223915900 per un totale di € 12.413,58".

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

 

In diritto

 

1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 n. 5 c.p.c., vale a dire la prova, prodotta in appello con memoria illustrativa, dell'invio, in relazione alla cartella di pagamento "02932932006011223915900", consegnata ad una vicina di casa della destinataria, della raccomandata informativa.

2. La censura è inammissibile.

In effetti, nella parte relativa allo svolgimento del processo, la C.T.R. dà atto del fatto che l’appellante Concessionario per la riscossione, in appello ed unitamente a memoria illustrativa del "19/12/2014" aveva allegato "distinta di invio raccomandata per la cartella "02932932006011223915900".

Nella parte motivazionale, poi, la Commissione, in relazione alla suddetta cartella, afferma che, "dall'esame della documentatone in atti risulta che la cartella "venne consegnata il 12/02/2007 a mani di una vicina t.q. e il notificatore dichiarò di avere informato il contribuente con raccomandata ai sensi dell'art. 139 comma 4 c.p.c., ma non vi è prova di tale spedizione".

Pertanto, la Commissione ha esaminato il fatto storico rappresentato dalla spedizione della raccomandata informativa e quindi ha vagliato l’atto depositato dall’appellante (la distinta della raccomandata), ritenendolo tuttavia inidoneo a provare la spedizione della raccomandata relativa alla notificazione della suddetta cartella.

Questa Corte (Cass. 11892/2016) ha già attenuato che "il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell'art. 360, comma 1 n. 5, c.p.c. (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisorio per il giudizio), né in quello del precedente n. 4, disposizione che - per il tramite dell'art. 132, n. 4, c.p.c. - dà rilievo unicamente all'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante".

Peraltro, la ricorrente non ha riprodotto, in ricorso, il contenuto della contestata "distinta di invio della raccomanda", affinché questa Corte potesse vagliare la sicura portata decisoria della produzione documentale e questa lacuna costituisce ulteriore ragione di inammissibilità della lagnanza (ctr. Cass. 25756/2014: "Il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l'omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze - istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la "ratio decidendi" venga a trovarsi priva di fondamento, con la conseguenza che la denunzia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle cagioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa").

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza nel rapporto ricorrente/controricorrente P., sussistendo, invece, giusti motivi per compensare le spese processuali nel rapporto tra la ricorrente Riscossione Sicilia e la controricorrente Agenzia delle Entrate, avendo quest’ultima concluso per raccoglimento del ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del DPR 115/2002, si da atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali, in favore della controricorrente P., liquidate in complessivi €. 2.000,00, a titolo di compensi, oltre accessori di legge e rimborso forfettario spese generali, nella misura del 15 %.

Dichiara integralmente compensate le spese processuali nel rapporto ricorrente/controricorrente Agenzia delle Entrate.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del DPR 115/2002, da atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.