Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 09 gennaio 2019, n. 380

Tributi - Accertamento - "Maggior introito" - Notificazione a mezzo posta - Studi di settore - Applicazione

 

Rilevato che

 

- con sentenza n. 101/01/2012, depositata in data 3 aprile 2012, come rettificata con ordinanza n. 125/1/12 depositata il 23 luglio 2012, la Commissione tributaria regionale della Toscana accoglieva parzialmente l'appello proposto da S. s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, nei confronti dell'Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 75/14/2010 della Commissione tributaria provinciale di Firenze che aveva rigettato il ricorso della suddetta società avverso l'avviso di accertamento n. R5G030200283/2008 con il quale l'Ufficio aveva contestato alla contribuente- esercente attività di trasporto pubblico di persone su strada e di cose per conto terzi- maggiori ricavi, ai fini Ires,  Irap e Iva, per l'anno 2004, in applicazione degli studi di settore ex art. 62 bis e sexies del d.l. n. 331 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 427 del 1993;

- la CTR- riducendo, in parziale accoglimento dell'appello della società contribuente, il "maggior introito" accertato a 100 euro - ha osservato, in punto di diritto che: l'Agenzia aveva addotto "efficaci argomenti" per giustificare l'accertamento induttivo mentre la S. s.r.l. aveva fatto presente le difficoltà derivate dalla mutata politica della Regione Toscana in ordine ai trasporti locali e i conseguenti minori supporti economici;

- a seguito di istanza di correzione di errore materiale da parte della contribuente, essendo stati dall'Ufficio contestati maggiori ricavi pari a euro 83.157,00, con ordinanza n. 125/01/12 depositata il 23 luglio 2012, la CTR disponeva che nella sentenza n. 101/01/12, all'interno della motivazione, le parole "il maggior introito accertato" fossero sostituite da "introito accertato" e, nel dispositivo, venisse cassata la parola "maggior";

- avverso la sentenza della CTR, la S. s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, con atto spedito per la notifica, a mezzo posta, in data 16 novembre 2012, svolgendo quattro motivi; l'Agenzia delle entrate ha proposto successivo ricorso affidato a due motivi, con atto spedito per la notifica, a mezzo posta, in data 19 novembre 2012; la S. s.r.l. ha depositato controricorso contenente ricorso incidentale affidato a sei motivi;

- i ricorsi sono stati fissati in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 375, secondo comma, e dell'art. 380-bis.1 cod. proc. civ., introdotti dall'art. 1-bis del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197.

 

Considerato che

 

- per il principio dell'unicità del processo di impugnazione, dopo la notifica del primo ricorso, qualsiasi impugnazione successiva contro la stessa sentenza deve essere proposta in via incidentale nello stesso processo e quindi, se il processo è pendente presso la Corte di cassazione, nell'atto contenente il controricorso; in ogni caso, non essendo quest'ultima formalità essenziale, qualsiasi ricorso successivo avverso una medesima sentenza si converte in impugnazione incidentale, ancorché proposto con atto autonomo, ed è ammissibile purché sia stato proposto nel rispetto del termine stabilito per il ricorso incidentale dall'art. 371 cod. proc. civ.; (Cass. Sez. 3, n. 15798 del 28/07/2005; n. 10309 del 2004; n. 6400 del 1999; n. 7135 del 1994; n. 12942 del 1992); condizione che, nella specie, sussiste poiché il primo ricorso proposto da S. s.r.l. è stato spedito per la notifica a mezzo posta, in data 16 novembre 2012, all'Agenzia delle entrate, mentre il successivo ricorso proposto dall'Agenzia è stato spedito per la notifica a mezzo posta il 19 novembre 2012 alla S. s.r.l. e, quindi, nei termini prescritti per l'impugnazione incidentale;

Sui motivi del ricorso principale della S. s.r.l.

- con il primo motivo del ricorso principale, la S. s.r.l. denuncia, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 del d.lgs. n. 546 del 1992 e 112 c.p.c. (principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato); degli artt. 41bis e 42 del d.P.R. n. 600 del 1973; 5 e 25 del d.lgs. n. 446 del 1997 e 54 e 56 del d.P.R. n. 633 del 1972 (norme sull' accertamento); degli artt. 3, 7, 12 e 17 del d.lgs. n. 472 del 1997; 1, comma 2, del d.lgs. n. 471 del 1997, 32, comma 2, del d.lgs. n. 446 del 1997, 5, comma 4, e 6, comma 6, del d.lgs. n. 471 del 1997 (norme sanzionatorie), per essere incorsa la CTR, nel determinare il "maggiore introito" accertato in euro 100 mila, nel vizio di ultrapetizione - oltre che nella violazione delle norme sull'accertamento e sanzionatorie - avendo stabilito un importo dovuto superiore a quello accertato dall'Amministrazione con l'impugnato avviso di accertamento in forza del quale era stato recuperato l'importo di euro 83.157,00 a titolo di "maggiori ricavi" rispetto a quelli dichiarati pari a euro 120.501,00; senza che a tale vizio si fosse ovviato con la ordinanza rettificativa n. 125/01/2012, con la quale la CTR si era limitata a eliminare l'aggettivo "maggiore" al sostantivo "introito", non chiarendone il significato ai fini tributari; tanto più che, ad avviso della ricorrente, l'accoglimento anche solo parziale dell'appello, avrebbe dovuto comportare una riduzione dei "maggiori ricavi" accertati al di sotto della soglia degli 83.157,000 indicata dall'Amministrazione nell'avviso di accertamento;

- con il secondo motivo del ricorso principale, la S. s.r.l. denuncia, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 41bis e 42 del d.P.R. n. 600 del 1973; 5 e 25 del d.lgs. n. 446 del 1997, 54 e 56 del d.P.R. n. 633 del 1972, 1, comma 2, del d.lgs. n. 471 del 1997, 32, comma 2, del d.lgs. n. 446 del 1997, 5, comma 4, e 6, comma 6, del d.lgs. n. 471 del 1997; 3, 7, 12 e 17 del d.lgs. n. 472 del 1997, 62 sexies, comma 3, del d.l. n. 331 del 1993, per non avere la CTR, ancorché avesse accolto parzialmente l'appello della contribuente, effettivamente considerato la reale situazione economica in cui versava l'azienda nel 2004, stante la circostanza eccezionale dell'avvenuta revoca ad nutum della concessione TPL da parte della Provincia di Firenze e della conseguente perdita del contributo regionale annuo per circa 247.000,00 euro; situazione che, se valutata correttamente, avrebbe dovuto comportare l'inapplicabilità dello studio di settore nell'accertamento in questione;

-con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l'omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio, non avendo la CTR argomentato in ordine alle eccezioni sollevate in giudizio dalla società circa la propria reale situazione economica nonché in ordine alla inidoneità degli "argomenti" addotti dall'Amministrazione a sostegno dell'accertamento e in replica alle allegazioni della contribuente;

- con il quarto motivo del ricorso principale proposto in via subordinata, la S. s.r.l. solleva l'eccezione di illegittimità costituzionale degli artt. 41bis e 42 del d.P.R. n. 600 del 1973; 5 e 25 del d.lgs. n. 446 del 1997, 54 e 56 del d.P.R. n. 633 del 1972, 1, comma 2, del d.lgs. n. 471 del 1997, 32, comma 2, del d.lgs. n. 446 del 1997, 5, comma 4, e 6, comma 6, del d.lgs. n. 471 del 1997; 3, 7, 12 e 17 del d.lgs. n. 472 del 1997, 62 sexies, comma 3, del d.l. n. 331 del 1993, in riferimento agli artt. 3, 23, 53, 97 Cost. nonché 24 e 111 Cost. nella parte in cui tali norme richiamate nel verbale di accertamento "non dispongono un limite e un divieto per l'Amministrazione di avvalersi degli studi dì settore come strumenti accertativi (...) con analisi e estrapolazione diretta e/o indiretta di dati ricavati dagli stessi e senza ulteriori e specifici riscontri probatori e/indiziari qualificati";

Sui motivi del ricorso incidentale dell'Agenzia delle entrate - con il primo motivo del successivo ricorso - da ritenersi convertito in ricorso incidentale - l'Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata - così come corretta con la successiva ordinanza n. 125/1/12 depositata il 23 luglio 2012 - per violazione e falsa applicazione degli artt. 36, n. 4 del d.lgs. n. 546 del 1992 e 132 c.p.c. nonché 118 disp. att. c.p.c., per essere la detta pronuncia carente dell'indicazione della "concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione", avendo il giudice di appello meramente aderito ad una generica affermazione di parte ("la S. ha fatto presente le difficoltà che le sono derivate dalla mutata politica della regione Toscana in ordine ai trasporti locali e i conseguenti minori supporti economici"), senza consentire di individuare il percorso logico-giuridico a fondamento della statuizione di riduzione dell'introito accertato a 100 mila euro;

- con il secondo motivo del ricorso incidentale, l'Agenzia denuncia, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l'insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, per non avere la CTR, a fronte delle già considerate dall'Ufficio, in sede di contraddittorio endoprocedimentale- come da motivazione dell'avviso di accertamento- specifiche difficoltà economiche dell'impresa, con conseguente riduzione al minimo dei ricavi contestati desumibili dallo studio di settore, argomentato alcunché, limitandosi ad affermare che "l'Ufficio aveva adottato efficaci argomenti per giustificare l'accertamento" e che "la società aveva rappresentato le difficoltà derivanti dalla mutata politica della Regione Toscana in ordine ai trasporti locali e i conseguenti minori supporti economici", con una rideterminazione illogica ed ingiustificata, del ricavo accertato in euro 100 mila al di sotto dei ricavi dichiarati dalla società in euro 120.501,00;

Sui motivi del ricorso incidentale della S. sr.l.

- con ricorso incidentale, la S. s.r.l. denuncia: 1) in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 36, comma 4, del d.l.gs. n. 546 del 1992, 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., per carente indicazione delle ragioni giuridiche del parziale rigetto dell'appello; 2) in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l'insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata circa fatti controversi e decisivi per il giudizio quali i comprovati elementi eccezionali giustificanti la riduzione dei ricavi della contribuente (1° motivo); in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 10, comma 4, della legge n. 146 del 1998, per non avere la CTR disapplicato gli atti amministrativi illegittimi (circolare n. 110/E del 21 maggio 1999, punto 6.2. e studio di settore de quo) che, nell'elencare le condizioni tassative di esclusione dall'applicabilità degli studi di settore, non prevedevano circostanze eccezionali, come quella in questione, denotanti un anomalo svolgimento di attività, ai sensi dell'art. 10, comma 1, della legge n. 146 del 1998; in subordine, nell'ipotesi in cui non si volesse interpretare tale norma nel senso di ritenere incluse le circostanze eccezionali de quibus, quali cause di esclusione degli studi di settore, la contribuente solleva l'eccezione di illegittimità costituzionale dell'art.10, comma 1, della legge n. 146 del 1998, in riferimento agli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. (secondo motivo); in aggiunta la S. s.r.l. ripropone, in via incidentale, gli stessi motivi di cui sopra già proposti in sede di ricorso principale notificato, con atto spedito, a mezzo posta, in data 16 novembre 2012;

- per ragioni di ordine logico-giuridico, va preliminarmente esaminato il primo motivo del ricorso incidentale dell'Agenzia che è fondato e va accolto;

- l'inosservanza dell'obbligo di motivazione integra violazione della legge processuale, denunciabile con ricorso per cassazione, solo quando si traduca in mancanza della motivazione stessa (con conseguente nullità della pronuncia per difetto di un indispensabile requisito di forma), e cioè nei casi di radicale carenza di essa o del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (cosiddetta motivazione apparente) o fra loro logicamente inconciliabili o comunque perplesse ed obiettivamente incomprensibili. (Cass., sez. un., n. 23832 del 2004; Cass. n. 25972 del 2014).

Questa Corte ha, altresì, precisato che «la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da "error in procedendo", quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016; conf. Cass. n. 1756 del 2006, n. 16736 del 2007, n. 9105 del 2017, secondo cui ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento; da ultimo, Cass. n. 326 del 2018);

- nella specie, a fronte di una contestazione da parte dell'Ufficio con l'avviso di accertamento in questione - a seguito di contraddittorio endoprocedinnentale - di maggiori ricavi pari a euro 83.157,00, in applicazione dei ricavi minimi accertati, per l'anno 2004, desunti dagli studi di settore pari a euro 203.658,00 rispetto a quelli dichiarati in euro 120.501,00, la CTR, senza, riportare né i termini dell'accertamento fiscale né le censure mosse dalla società alla sentenza di primo grado, si è limitata ad affermare, da un lato, che l'Agenzia aveva addotto "efficaci argomenti" per giustificare l'accertamento induttivo e, dall'altro, che la S. aveva fatto presente "le difficoltà derivatole dalla mutata politica della Toscana in ordine ai trasporti locali e i conseguenti minori supporti economici", ritenendo adeguata la riduzione del "maggior introito accertato" a 100 mila euro che, dopo la correzione materiale della sentenza, si precisava dovesse essere inteso come "introito accertato";

- invero, una così generica indicazione degli elementi posti fondamento della decisione non consente di ripercorrere l'iter logicogiuridico che ha condotto il giudice di appello ad accogliere parzialmente il gravame nei termini di cui sopra, né tantomeno di controllare l'esattezza e la logicità del suo ragionamento, tanto più che, dalla sentenza impugnata, non è dato conoscere, a fronte di quali ricavi dichiarati e di quali redditi minimi accertati in base agli studi di settore - cui ineriva la contestazione dei maggiori ricavi di euro 83.157,00 - fosse stata dalla CTR effettuata la riduzione in 100 mila euro dei ricavi totali accertati nell'anno in questione (come corretto a seguito dell'ordinanza del 23 luglio 2012);

- pertanto, nella specie, la motivazione della sentenza, come reso evidente dal contenuto della stessa, sopra trascritto, «non solo non è autosufficiente (nel senso che solo dalla lettura della stessa e non aliunde sia possibile rendersi conto delle ragioni di fatto e di diritto che stanno alla base della decisione)» (Cass. n. 777 del 2011), ma le considerazioni svolte «non disvelano il percorso logico-giuridico seguito dal decidente» per risolvere la questione posta con uno dei motivi di appello (ovvero il difetto di motivazione degli atti impositivi), e di certo non «può essere lasciato all'occasionale arbitrio dell'interprete integrare la sentenza, in via congetturale, con le più varie, ipotetiche argomentazioni motivazionali (cfr. Cass. civ. 5 agosto 2016, n. 16599). L'impossibilità di individuare l'effettiva ratio decidendi rende meramente apparente la motivazione della decisione impugnata, alla stregua della nozione di "motivazione apparente" innanzi delineata» (Cass. S.U. citate);

- l'accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale dell'Agenzia rende inutile la trattazione del secondo nonché dei motivi da uno a tre del ricorso principale della società contribuente, con assorbimento dei medesimi;

- inammissibile, per difetto di rilevanza, risulta, invece, il quarto motivo del ricorso principale con il quale era stata sollevata l'eccezione di legittimità costituzionale delle norme indicate in rubrica;

- inammissibile è anche il ricorso incidentale della S. s.r.I., in ossequio al condivisibile orientamento giurisprudenziale secondo cui è inammissibile il ricorso incidentale proposto in sede di controricorso al ricorso incidentale da chi abbia già proposto ricorso principale avendo egli già consumato il diritto di impugnazione (Cass. n. 25925 del 2015; n. 9500 del 2000; n. 15407 del 2000);

 - in conclusione, va accolto il primo motivo del ricorso incidentale dell'Agenzia, assorbito il secondo e i primi tre motivi del ricorso principale della società contribuente, dichiarato inammissibile il quarto motivo del ricorso principale nonché il ricorso incidentale della S. s.r.I., con cassazione della sentenza impugnata - in relazione al motivo accolto - e rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Toscana in diversa composizione che riesaminerà la vicenda processuale, alla luce dei suesposti principi;

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo del ricorso incidentale proposto dall'Agenzia delle entrate, assorbito il secondo, nonché i motivi primo, secondo e terzo del ricorso principale proposto dalla S. s.r.I., in persona del legale rappresentante pro tempore, dichiara inammissibile il quarto motivo del ricorso principale della società contribuente nonché il ricorso incidentale della S. s.r.l. e per l'effetto cassa la sentenza impugnata- in relazione al motivo accolto con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.