Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 09 giugno 2017, n. 14451

Lavoro - Giornalista - Sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato - Regolarizzazione contributiva - Cessazione del rapporto

Fatti di causa

 

Con sentenza 4 novembre 2013, la Corte d'appello di Genova condannava la Cooperativa Giornalisti e Poligrafici a r.l. al pagamento, in favore di G.B., della somma di € 68.805,61 oltre interessi e rivalutazione: così parzialmente riformando la sentenza di primo grado, che ne aveva rigettato le domande di accertamento della natura subordinata dell'attività di fotoreporter prestata in favore della Cooperativa dal 1982 al 20 marzo 2009, data di cessazione per volontà di questa e le conseguenti domande reintegratoria e di adeguamento retributivo e regolarizzazione contributiva; nonché di condanna al pagamento del corrispettivo dalla data prevista per la risoluzione del rapporto nella lettera di recesso della Cooperativa a quella di sua effettiva cessazione e di riconoscimento di un maggior corrispettivo.

A motivo della decisione, la Corte territoriale riteneva la natura subordinata del rapporto trentennale di lavoro intrattenuto tra le parti, così qualificando licenziamento l'atto di recesso della Cooperativa datrice, peraltro legittimo per giustificato motivo oggettivo, con la conseguente riconoscibilità, in favore del lavoratore, della somma suindicata a titolo di T.f.r. e di indennità sostitutiva del preavviso.

Essa escludeva invece la qualifica di giornalista di B., la spettanza di differenze retributive per la percezione di somme non inferiori a quelle contrattuali collettive applicabili e così pure le eccezioni datoriali di prescrizione, per la sua decorrenza dalla cessazione del rapporto (di collaborazione priva del requisito di stabilità, accertato soltanto ex post) e di compensazione con l'aliunde perceptum, per la natura non risarcitoria dell'importo riconosciuto al lavoratore.

Con atto notificato il 2 maggio 2014, G.B. ricorre per cassazione con tre motivi, illustrati da memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c., cui resiste la Cooperativa (in liquidazione coatta amministrativa per decreto del Ministro dello Sviluppo Economico 10  settembre 2015, depositato nelle more dell'odierna udienza) con controricorso, contenente ricorso incidentale in base ad unico motivo.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2 I. 604/1966 e 2697 c.c., ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per difetto di prova del giustificato motivo oggettivo del licenziamento intimato con la lettera di recesso 20 marzo 2009, asseritamente ricavato aliunde, con omissione della verifica di adempimento dell'obbligo di repechage.

2. Con il secondo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 11, 36 CCNL giornalisti, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per il mancato riconoscimento della qualifica di giornalista, in considerazione dell'equiparazione ad essa dell'attività di fotocinereporter e di telecineoperatore, con applicazione del relativo trattamento economico e normativo, nonostante l'attestazione di iscrizione all'Ordine dei giornalisti e la dichiarazione 14 febbraio 1986 di sua collaborazione giornalistica con le testate "C.M." e G.L.".

3. Con il terzo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 91, primo comma, primo periodo e 92, secondo comma c.p.c., ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per erronea statuizione sulle spese (parzialmente compensate), non interamente poste a carico della Cooperativa soccombente.

4. Con unico motivo la Cooperativa controricorrente a propria volta deduce, in via di ricorso incidentale, violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e 2697 c.c. ed omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 c.p.c., nell'erronea qualificazione del rapporto di lavoro tra le parti come subordinato, in difetto di prova, pure non correttamente interpretata quella orale, dei requisiti costitutivi.

5. In via di pregiudizialità logico-giuridica, deve essere dapprima esaminato l'unico motivo di ricorso incidentale, relativo a violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e 2697 c.c. ed omesso esame di fatto decisivo nell'erronea qualificazione del rapporto di lavoro tra le parti come subordinato.

Esso è inammissibile.

5.1. Non sussiste la violazione delle norme di legge denunciata, in difetto dei requisiti propri di verifica di correttezza dell'attività ermeneutica diretta a ricostruirne la portata precettiva, né di sussunzione del fatto accertato dal giudice di merito nell'ipotesi normativa, né tanto meno di specificazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata motivatamente assunte in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l'interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina (Cass. 26 giugno 2013, n. 16038; Cass. 28 febbraio 2012, n. 3010; Cass. 28 novembre 2007, n. 24756; Cass. 31 maggio 2006, n. 12984)

5.2. In realtà, il mezzo consiste nella contestazione della valutazione probatoria e dell'accertamento in fatto del giudice di merito, con sollecitazione ad una rivisitazione del merito, insindacabile in sede di legittimità, laddove congruamente e correttamente motivato (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 18 marzo 2011, n. 6288; Cass. 19 marzo 2009, n. 6694), come nel caso di specie (per le ragioni esposte al punto 1 di pg. 3 e 4 della sentenza). E ciò tanto meno per la limitazione del cono devolutivo introdotto dal novellato testo dell'art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., senza neppure specifica individuazione del fatto decisivo di cui omesso l'esame, pertanto inconfigurabile (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2498; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439).

6. Il primo motivo di ricorso principale, relativo a violazione e falsa applicazione degli artt. 2 I. 604/1966 e 2697 c.c. per difetto di prova del giustificato motivo oggettivo del licenziamento, è infondato.

6.1. Esso investe il merito dell'accertamento giudiziale, esperito dalla Corte territoriale sulla base delle risultanze della prova orale, in ordine alla legittimità (per la ritenuta "sussistenza di validi motivi economici" per vicende di ristrutturazione della testata giornalistica edita dalla Cooperativa comportante la riduzione dello spazio per i servizi fotografici, ampiamente esternalizzati) del recesso datoriale (per le ragioni esposte al punto 3 di pg. 4 della sentenza).

Ed esso è stato qualificato come licenziamento ex post, in esito all'attribuzione al rapporto di trentennale prestazione lavorativa tra le parti, formalizzato tra le stesse come collaborazione autonoma continuativa, della natura di lavoro subordinato.

6.2. Né risulta che alcuna delle questioni dedotte con il mezzo oggetto di scrutinio, in ordine ai requisiti di (il)legittimità, (in)validità o (in)efficacia del licenziamento, lo sia stata anche nei gradi di merito, con la conseguente inammissibilità della nuova prospettazione delle suddette questioni prima dell'odierno giudizio di cassazione (Cass. 9 luglio 2013, n. 17041; Cass. 13 settembre 2007, n. 19164).

7. Il secondo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 11, 36 CCNL giornalisti per mancato riconoscimento della qualifica di giornalista, è inammissibile.

7.1. Prima ancora che per insussistenza della violazione delle norme contrattuali collettive denunciate, equiparabili a quelle di legge (Cass. 19 marzo 2014, n. 6335; Cass. 16 settembre 2014, n. 19507), per difetto dei requisiti propri del vizio di legittimità sopra indicati (Cass. 26 giugno 2013, n. 16038; Cass. 28 febbraio 2012, n. 3010; Cass. 28 novembre 2007, n. 24756; Cass. 31 maggio 2006, n. 12984), per la genericità del motivo, in violazione del requisito di specificità prescritto dall'art. 366, primo comma, n. 4 c.p.c.

Come noto, tale requisito esige l'illustrazione del motivo, con esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata e l'analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 19 agosto 2009, n. 18421; Cass. 3 luglio 2008, n. 18202).

Nel caso di specie il motivo, pertanto sostanzialmente inconferente rispetto alla ratio decidendi della sentenza impugnata, non contiene la confutazione dell'argomentata esclusione (al punto 2 di pg. 4 della sentenza) della corretta qualificabilità  dell'attività di fotografo del ricorrente come giornalista, in assenza del requisito di autonomia tecnica nella ripresa di immagini di valenza informativa, tali da sostituire o completare il pezzo scritto o parlato e di successiva partecipazione alla selezione, al montaggio e, in genere, all'elaborazione del materiale filmato o fotografato in posizione di autonomia decisionale (Cass. 11 settembre 2009, n. 19681): costituendo attività giornalistica la prestazione di lavoro intellettuale diretta alla raccolta, commento ed elaborazione di notizie attraverso gli organi di informazione, in cui il giornalista si ponga quale mediatore intellettuale tra il fatto e la sua diffusione, con il compito di acquisire la conoscenza dell'evento, valutarne la rilevanza in relazione ai destinatari e confezionare il messaggio con apporto soggettivo e creativo (Cass. 1 febbraio 2016,n. 1853; Cass. 29 agosto 2011, n. 17723).

8. Il terzo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione degli artt. 91, primo comma, primo periodo e 92, secondo comma c.p.c. per erronea statuizione sulle spese, è pure inammissibile.

8.1. La statuizione giudiziale è, infatti, insindacabile, se non nei limiti dell'accertamento della violazione del principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa. Sicchè, esula da tale sindacato, piuttosto rientrando nell'esclusivo potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione di opportunità della compensazione totale o parziale delle spese di lite, nelle ipotesi sia di soccombenza reciproca, sia di concorso di altri giusti motivi (Cass. 19 giugno 2013, n. 15317; Cass. 5 aprile 2003, n. 5386). E nel caso di specie l'applicazione di una parziale compensazione è stata pure corretta, per il "non integrale accoglimento dell'appello" del lavoratore, in cui favore sono state liquidate le spese (per la residua metà non compensata) poste a carico della Cooperativa datrice.

9. Dalle superiori argomentazioni discende coerente il rigetto del ricorso principale e l'inammissibilità dell'incidentale, con la compensazione integrale delle spese del giudizio tra le parti.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile l'incidentale; dichiara interamente compensate le spese del giudizio tra le parti.

Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e incidentale, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.