Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 06 luglio 2017, n. 16689

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo - Inquadramento dirigenziale - Soppressione della funzione aziendale - Art. 18, L. n. 300/1970

Fatti di causa

1. Con ricorso al Giudice del lavoro D.G. impugnava il licenziamento intimatogli dalla B.S. srl in liquidazione il 18.12.1998 allegando l'assenza del giustificato motivo oggettivo costituito dalla "pretesa soppressione della funzione aziendale ricoperta e dall'assunzione della stessa direttamente in capo al liquidatore". Chiedeva la dichiarazione di illegittimità del recesso con il pagamento delle retribuzioni sino al momento dell'effettiva reintegrazione nonché il risarcimento del danno biologico sofferto ed anche il pagamento dell'indennità supplementare ex art. 20 CCNL.

Il Tribunale di Sassari interrompeva il procedimento in seguito al fallimento della società; il lavoratore riassumeva con ricorso in riassunzione nei confronti della Curatela del fallimento della società predetta. Il Tribunale di Sassari con sentenza n. 836/2013, nella contumacia della Curatela, accoglieva la domanda del D. di declaratoria di illegittimità del recesso ed ordinava la reintegrazione dello stesso.

2. La Corte di appello con sentenza del 11.11.2014 accoglieva l'appello proposto dalla Curatela del fallimento B.S. e respingeva la domanda di reintegrazione del D. La Corte territoriale osservava che non era stata proposta impugnazione in ordine alla dichiarata illegittimità del recesso ma solo sul punto dell'applicabilità dell'art. 18 L. n. 300/70; in ordine a questo profilo lo stesso D. aveva dedotto nel ricorso introduttivo di avere un inquadramento dirigenziale e di avere svolto mansioni apicali coerenti con l'inquadramento. Pertanto appariva inapplicabile l'art. 18 L. n. 300/1970 (che peraltro secondo le prospettazioni del ricorso si sarebbe potuto concretizzare solo nei confronti del Comune di Buddusò); l'inapplicabilità dell'art. 18 doveva essere accertata anche d'ufficio essendo la stessa legge ad escludere i dirigenti da detta misura. Nessuna doglianza e circostanza era stata dedotta in ordine ad una pretesa " pseudo-dirigenza". Era infine inammissibile la domanda relativa all'indennità supplementare ex art. 20 CCNL , sia perché proposta nei confronti della Curatela, sia perché era stata rinunciata in sede di ricorso in riassunzione.

3. Per la cassazione di tale decisone propone ricorso il D. con due motivi corredati da memoria.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo si allega la violazione degli artt. 2697 comma secondo cod. civ.; 416 n. 4 cod. civ. proc., nonché violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 2697 comma secondo , 2095, 2018 cod. civ. , vizio di omessa pronuncia ex art. 112 cod. civ. proc. e difetto assoluto di motivazione su fatti decisivi ex art. 360 n. 5 cod. civ. proc. Non si poteva accogliere l'eccezione della Curatela che era rimasta contumace in primo grado.

Inoltre spettava al datore di lavoro provare l'inesistenza delle condizioni di inapplicabilità dell'art. 18; l'appello era stato accolto nonostante mancassero deduzioni in questo senso in primo grado in quanto la Curatela era rimasta contumace. Il ricorrente era un dirigente solo dal punto di vista formale.

2. Il motivo appare infondato in quanto la qualifica dirigenziale è esclusa per legge dall'ambito di applicabilità dell'art. 18 L. n. 300/1970 e quindi si tratta di un presupposto legale dell'accoglimento della domanda come tale contestabile con atto di appello da parte della parte soccombente. Il Giudice di appello non ha, infatti, violato l'art. 112 cod. civ. proc. come lamentato nel motivo perché non ha affatto proceduto ad accertamenti fattuali su circostanze non dedotte dal datore di lavoro, ma ha solo interpretato la domanda sulla base delle circostanze fattuali dedotte dallo stesso ricorrente mettendo in rilievo la contraddittorietà della pretesa alla reintegrazione con i presupposti fattuali denunciati dallo stesso ricorrente il quale aveva dedotto di avere svolto mansioni apicali e di essere stato in coerenza con queste inquadrato e retribuito come dirigente. Circa la pretesa " di essere solo uno "pseudo-dirigente" la Corte territoriale ha osservato che sul punto nessuna deduzione era stata avanzata; sul punto il motivo non offre contestazioni di merito allegando e documentando una diversa prospettazione nel ricorso introduttivo.

3. Con il secondo motivo si allega la violazione delle norme di cui agli artt. 306 e 310 cod. civ. proc. Il ricorrente non aveva rinunciato alla domanda relativa all'indennità supplementare ma non l'aveva riproposta nel ricorso in riassunzione posto che nei confronti della curatela non poteva essere accolta.

4. Il secondo motivo appare inammissibile per difetto di interesse ex art. 100 cod. civ. proc. in quanto appare ovvio dalla lettura della sentenza impugnata che questa vada interpretata come dedotto al motivo in quanto la Corte di appello ha accertato solo una rinuncia "endo- processuale" alla domanda ex art. 20 CCNL e non una rinuncia sostanziale così dovendosi razionalmente leggere i correlati passaggi della sentenza impugnata.

5. Si deve quindi rigettare il proposto ricorso, nulla spese essendo parte intimata rimasta tale.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

Rigetta il ricorso; nulla sulle spese.

 

P.Q.M.

 

Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.