Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 06 ottobre 2016, n. 20065

Segretario comunale - Albo dei segretari comunali - Diritti di segreteria e di differenze sulle indennità di posizione e di risultato

 

Svolgimento del processo

 

1 - M. C., segretario comunale utilizzato nel periodo settembre 1999/maggio 2003 presso la Scuola Superiore per la Pubblica Amministrazione Locale, aveva convenuto in giudizio l'Agenzia Autonoma per la gestione dell'Albo dei segretari comunali chiedendone la condanna al pagamento della complessiva somma di € 153.523,17, dovuta a titolo di diritti di segreteria e di differenze sulle indennità di posizione e di risultato.

2 - Il Tribunale di Roma aveva accolto solo parzialmente il ricorso, escludendo il diritto della C. a vedersi corrispondere, a titolo di retribuzione di posizione, la somma mensile di € 3.257,65, In luogo di quella effettivamente corrisposta, pari ad € 1.430,19.

3 - La Corte di Appello di Roma, in accoglimento del gravame incidentale, ha riformato in parte qua la decisione, richiamando il disposto dell'art. 41 del CCNL 16.5.2001, in forza del quale l'ente è tenuto ad assicurare al segretario una retribuzione di posizione non inferiore a quella stabilita per la funzione dirigenziale più elevata. Ha aggiunto che la appellante incidentale aveva fatto riferimento alla retribuzione riconosciuta al dipendente Romeo e che la Agenzia non aveva contestato il contenuto delle buste paga ed i conteggi depositati dalla ricorrente.

4 - La Corte territoriale ha, invece, ritenuto inammissibile e, comunque, infondato l'appello proposto dalla Agenzia (alla quale era subentrato in corso di causa il Ministero dell'Interno ai sensi del d.l. n. 78 del 2010, convertito con legge n. 122 del 2010) avverso II capo della sentenza relativo alla spettanza dei diritti di segreteria anche per il periodo antecedente alla stipula del CCNL 16.5.2001.

5 - Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero dell'Interno sulla base di due motivi. Monica C. ha resistito con tempestivo controricorso.

 

Motivi della decisione

 

1.1 - Con il primo motivo di ricorso II Ministero dell'Interno si duole della "Insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio", e rileva che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto decisiva la circostanza della mancata contestazione dei dati relativi al termine di raffronto, nella specie rappresentato dalla posizione economica del dirigente Romeo. Precisa che nel resistere all'appello incidentale la Agenzia aveva eccepito la inapplicabilità della disposizione contrattuale invocata dalla C., sia perché non risultava dimostrato il requisito della necessaria sussistenza dì risorse disponibili, sia perché, come accertato dal Tribunale di Roma, la maggiore somma attribuita al Romeo derivava dal "pregresso trattamento di cui questi era beneficiario all'esterno dell'organico dei segretari e come tale irriducibile".

1.2 - Il secondo motivo denuncia "violazione e falsa applicazione dell'art. 2, comma 4, d.l. 11 luglio 1992 n. 333 e 7, comma 7, d.l. 19 settembre 1992 n. 384 ( convertiti rispettivamente dalle leggi 8 agosto 1992 n. 359 e 14 novembre 1992 n. 438) nonché dell'art. 64 del d.lgs n. 165/2001". Sostiene il Ministero ricorrente che la Corte di Appello avrebbe dovuto rilevare d'ufficio la nullità della disciplina contrattuale, contraria alle norme imperative sopra richiamate, con le quali era stata vietata, a decorrere dal luglio 1992, qualsiasi forma di allineamento stipendiale. Aggiunge che la Corte territoriale, "a tutto voler concedere", avrebbe dovuto attivare il procedimento di accertamento pregiudiziale sulla validità e sulla interpretazione del contratto collettivo ex art. 64 del d.lgs n. 165 del 2001.

2 - Occorre preliminarmente rilevare che il ricorso investe il solo capo della decisione riguardante l'indennità di posizione. Sulle ulteriori statuizioni della sentenza impugnata si è dunque formato giudicato interno.

3 - Il primo motivo è ammissibile e fondato.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che l'onere della specificità imposto dall'art. 366 n. 4 c.p.c. non deve essere inteso quale assoluta necessità di formale ed esatta indicazione della ipotesi, tra quelle elencate nell’art. 360 c.p.c., comma 1, cui si ritenga di ascrivere il vizio, né di precisa individuazione, nei casi di deduzione di violazione o falsa applicazione di norme sostanziali o processuali, degli articoli, codicistici o di altri testi normativi, comportando solo l'esigenza di una chiara esposizione, nell’ambito del motivo,delle ragioni per le quali la censura sia stata formulata e del tenore della pronunzia caducatoria richiesta, che consentano al giudice di legittimità di individuare la volontà dell’impugnante e stabilire se la stessa, così come esposta nel mezzo di impugnazione, abbia dedotto un vizio di legittimità sostanzialmente, ma inequivoca mente, riconducibile ad alcuna delle tassative ipotesi di cui all'art. 360 c.p.c. (Cass. S.U. 24.7.2013 n. 17931).

Nel caso di specie, sebbene il Ministero abbia erroneamente formulato la rubrica, lamentando ex art. 360 n. 5 c.p.c. un'insufficienza della motivazione, configurabile solo in relazione a questioni di fatto e non di diritto, le ragioni sviluppate a sostegno della censura esprimono in modo chiaro la volontà di denunciare una errata interpretazione dell'art. 41 del CCNL 16 maggio 2001, e, quindi, un vizio riconducibile all'ipotesi prevista dall'art. 360 n. 3 c.p.c.

3.1 - Occorre, poi, premettere che il legislatore ha inteso attribuire a questa Corte una funzione nomofilattica nella interpretazione della contrattazione collettiva di livello nazionale nel settore dell'impiego pubblico contrattualizzato, tendenzialmente modellata ad immagine del sindacato sulle norme di legge, giustificata dalla necessità di assicurare la esegesi uniforme di disposizioni che, pur avendo natura negoziale, per effetto delle disposizioni contenute nel d.lgs 165 del 2001, sono destinate a realizzare la regolamentazione omogenea dei rapporti di lavoro con la P.A. e costituiscono un vincolo per il datore di lavoro pubblico, al quale è fatto divieto anche di attribuire ai propri dipendenti trattamenti di miglior favore in materie che siano riservate alla contrattazione nazionale.

La funzione che l'interpretazione diretta realizza e la particolare natura dei contratti collettivi del settore pubblico sono state valorizzate dalle Sezioni Unite di questa Corte per affermare da un lato la inapplicabilità dell'art. 369 n. 4 c.p.c., dall'altro la autonomia interpretativa del giudice di legittimità, che non può essere vincolato dalle prospettazioni delle parti né dall'opzione ermeneutica adottata dal giudice di merito, ma ha, al contrario, il potere/dovere di ricercare anche in altre disposizioni contrattuali elementi utili per verificare la correttezza della interpretazione accolta nella sentenza impugnata ( in tal senso in motivazione Cass. S.U. 4.11.2009 n. 23329, che richiama Cass, S.U. ord. 21568/2009, e Cass. S.U. 23.9.2010 n. 20075).

3.2 - Il principio di diritto sopra richiamato rileva nella fattispecie, poiché la Corte territoriale, nell'accogliere l'appello incidentale della C., ha esaminato il solo quinto comma dell'art. 41 del CCNL 16.5,2001, senza considerare la disposizione contrattuale nel suo complesso ed omettendo, altresì, di valutare la disciplina specifica dettata per i segretari comunali utilizzati presso la Scuola Superiore per la Pubblica Amministrazione Locale.

Così operando il giudice del merito si è discostato dal canone ermeneutico fissato dall'art. 1363 c.c. che impone di interpretare le clausole "le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto".

Invero l'art. 41, al primo comma, dispone che la retribuzione di posizione spettante ai segretari comunali è "collegata alla rilevanza delle funzioni attribuite ed alle connesse responsabilità in relazione alla tipologia dell'ente di cui il segretario è titolare" ; al comma 3 vengono, poi, individuati gli importi minimi annui spettanti, suddivisi in tre livelli, legati tutti alle dimensioni dell'ente territoriale ed il successivo comma 4 prevede che possano essere corrisposte maggiorazioni rispetto a quelle stabilite dalle parti collettive "nell'ambito delle risorse disponibili e nel rispetto delle capacità di spesa" nonché delle condizioni, dei criteri e dei parametri di riferimento stabili in sede di contrattazione decentrata integrativa nazionale.

Il settimo comma dell’art. 41 stabilisce, poi, che "al segretario comunale e provinciale in posizione di disponibilità ed incaricato della reggenza e della supplenza spetta la retribuzione di posizione prevista per l'ente presso il quale assume servizio, ove il relativo importo sia superiore a quello garantito ai sensi dell'art. 43 ", ossia quello del quale il segretario godeva presso l'ultima sede di servizio.

Dall'esame complessivo delle clausole emerge evidente che l'art. 41 è finalizzato a determinare i criteri di quantificazione della indennità di posizione spettante ai segretari comunali e provinciali che svolgano le funzioni presso gli enti territoriali, sia quali titolari, sia come supplenti o reggenti.

Il quinto comma, quindi, ha come destinatari detti enti e trova la sua ratio nella particolarità delle funzioni che il segretario espleta presso l'ente locale. Va ricordato, infatti, che al sensi dell'art. 97 del d.lgs n. 267 del 2000 il segretario, oltre a svolgere compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico- amministrativa in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alla legge ed ai regolamenti, "sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne coordina l'attività", compiti, questi, che, anche per le responsabilità che ne discendono, giustificano il riconoscimento di una indennità di posizione quantomeno pari a quella del dirigente sottoposto al potere di coordinamento e controllo.

Detta evenienza non si verifica per i segretari utilizzati presso l'Agenzia o la Scuola il cui trattamento economico è, infatti, disciplinato dall'art. 48 bis del CCNL, che, al secondo comma, prescrive: " ai segretari comunali durante il periodo di utilizzo compete il trattamento economico previsto dall’art. 37, comma 1, del presente CCNL, in godimento alla data del provvedimento di utilizzo".

La indennità di posizione da riconoscere al segretario comunale che non sia più titolare di sede perché utilizzato presso la Scuola o l'Agenzia è, quindi, determinata con riferimento a quella riconosciuta dall'ente territoriale di provenienza, sicché non possono rilevare comparazioni con la indennità di posizione attribuita a dirigenti in servizio presso la Scuola o l'Agenzia.

3.3 - Si deve, poi, aggiungere che l'art. 41 fa riferimento anche ad ulteriori condizioni che devono ricorrere affinché la maggiorazione possa essere pretesa dal segretario, giacché la disposizione è chiara innanzitutto nel prevedere che i criteri ed i parametri delle maggiorazioni devono essere stabiliti in sede di contrattazione decentrata integrativa nazionale, ed inoltre nel fissare il limite delle risorse disponibili e del rispetto delle capacità di spesa.

E' evidente, pertanto, che detti limiti rilevano nella predeterminazione complessiva della spesa del personale, nel senso che l'ente, il quale è anche chiamato ad individuare la indennità di posizione spettante al dirigente o al personale dipendente titolare di posizione organizzativa, dovrà tener conto del principio della tendenziale equiparazione stabilito dal richiamato comma 5.

Ove, però, ciò non avvenga la disposizione contrattuale non può far sorgere il diritto soggettivo ad una equiparazione che prescinda del tutto dalla disponibilità delle risorse, perché ciò equivarrebbe a legittimare spese non compatibili con le capacità dell'ente territoriale.

3.4 - La Corte d'appello ha ritenuto la fondatezza della domanda proposta solo perché, attraverso la produzione delle buste paga, la C. aveva dimostrato di percepire una indennità di posizione inferiore a quella riconosciuta al dirigente Bruno, ma non ha considerato che la Agenzia aveva contestato la sussistenza delle ulteriori condizioni richieste dal contratto e non ha valutato la posizione di utilizzazione presso la Scuola, ricoperta nel periodo al quale la pretesa si riferiva. La sentenza va, quindi, cassata con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, la quale procederà ad un nuovo esame attenendosi al principio di diritto che di seguito si enuncia: "L'art. 41 del CCNL 16.5.2001 per I segretari comunali e provinciali disciplina la retribuzione di posizione dei segretari che svolgono le funzioni presso gli enti territoriali in qualità di titolari, reggenti o supplenti; il comma 5 dell'art. 41 si riferisce agli enti territoriali tenuti ad assicurare al segretario una indennità di posizione non inferiore a quella della funzione dirigenziale o della posizione organizzativa più elevata, nei limiti delle risorse disponibili e nel rispetto della capacità di spesa, il che obbliga l'ente territoriale a tener conto, nella predeterminazione della spesa complessiva del personale, del principio dì equiparazione fissato, quanto alla indennità di posizione, dal richiamato art. 41, ma non consente maggiorazioni che vadano oltre la complessiva capacità di spesa. Ai sensi dell'art. 48 bis del CCNL 16.5.2001 la retribuzione di posizione da riconoscere ai segretari utilizzati presso la Scuola Superiore per la Pubblica Amministrazione Locale è quella in godimento alla data del provvedimento di utilizzo".

4 - Non è, invece, fondato il secondo motivo di ricorso.

Questa Corte, infatti, ha già affermato che "la disposizione di legge che ha escluso i provvedimenti di allineamento di stipendio di pubblici dipendenti (cosiddetto galleggiamento) riguarda l'allineamento retributivo di posizioni individualizzate, istituto ormai abrogato (D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 2, convertito in L. 9 agosto 1992, n. 359, interpretata autenticamente dal D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 7, comma 7, convertito in L. 14 novembre 1992, n. 438). Viceversa l’art. 41, comma 5, C.C.N.L. del 16 maggio 2001, citato, stabilisce un generale criterio di perequazione della retribuzione, applicabile ad una categoria di dipendenti, che nulla ha a che vedere con il meccanismo del cosiddetto galleggiamento" ( Cass. 21.2.2013 n. 4325).

Il ricorso non prospetta argomenti che possano indurre a disattendere il principio di diritto sopra enunciato, condiviso dal Collegio.

5 - In via conclusiva deve essere accolto il solo primo motivo, con rinvio alla Corte territoriale indicata in dispositivo che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione.