Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 18 ottobre 2017, n. 24548

Tributi - IRAP - Accertamento - Professionisti - Istanza di rimborso

- Rilevato che:

con ricorso tempestivamente notificato l'Agenzia delle Entrate, sulla base di due motivi, impugnava la sentenza n. 36/29/13, depositata dalla CTR del Veneto il 26.03.2013;

riferiva che al silenzio-rifiuto di rimborso Irap richiesto da C.U., medico oculista, per gli anni d'imposta dal 2005 al 2009, era seguito il ricorso del contribuente dinanzi alla CTP di Vicenza, esitato nel suo rigetto, e poi l'appello dinanzi alla CTR del Veneto, che aveva invece integralmente accolto la domanda;

con il primo motivo l'Agenzia sostiene la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 324 c.p.c., nonché dell'art. 2909 c.c., in relazione all'art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c., perché, dichiarato il ricorso inammissibile in primo grado limitatamente all'anno 2005, per tardività dell'istanza di rimborso, e rigettata la domanda relativamente agli anni successivi per motivi di merito, lo stesso contribuente aveva limitato l'appello agli anni dal 2006 in poi. Invece la CTR aveva riformato la sentenza, accogliendo integralmente il ricorso di primo grado, così violando il giudicato interno formatosi sulla inammissibilità della istanza di rimborso relativa all'anno 2005;

con il secondo motivo lamentava vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti decisivi e controversi del giudizio, in relazione all'art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c., perché, senza esaminare tutti gli elementi analiticamente valutati dal giudice di primo grado, aveva accolto il ricorso del contribuente;

nel controricorso il C. eccepiva innanzitutto la nullità del ricorso per cassazione per difetto di autosufficienza, riconosceva comunque l'intervenuto giudicato sulla statuizione di inammissibilità della domanda di rimborso per l'anno 2005, contestava invece l'atto impugnatorio con riferimento agli altri periodi di imposta.

- Considerato che:

preliminarmente, a fronte della denunciata carenza di autosufficienza del ricorso, ad esso va invece riconosciuta l'osservanza dei requisiti richiesti dall'art. 366 c.p.c. In particolare, il primo motivo è riferito ad un vizio dell'atto impugnato, per il quale non si prospettano limiti di sufficienza del ricorso, il secondo è indirizzato a censurare la sentenza sotto il profilo dell'errata valutazione, operata dai giudici d'appello, degli elementi acquisiti al giudizio e relativi al possesso, da parte del professionista, di beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività. Così circoscritta la censura, non era necessario che il ricorso contenesse indicazioni più specifiche sulla produzione documentale, incontestata nella sua materiale esistenza e contenuto, mentre era sufficiente che contenesse, come contiene, precisi riferimenti al provvedimento impugnato, ai suoi passaggi più salienti, nonché ai dati specificatamente valorizzati dal giudice di primo grado e ritenuti invece irrilevanti da quello d'appello. Né, per le medesime ragioni, era necessario individuare l'atto con il quale quella documentazione era stata prodotta nel giudizio di merito ed il luogo del processo in cui risultava reperibile, ai sensi dell'art. 369, co. 2, c.p.c. Il ricorso appare dunque idoneo a consentire la verifica delle censure esclusivamente mediante la sua lettura.

Esaminando pertanto i motivi di ricorso, il primo è fondato, perché il giudice tributario regionale, accogliendo integralmente il ricorso proposto in primo grado avverso il silenzio-rifiuto della Amministrazione al rimborso dell'Irap, ha deciso ultra petita, violando il giudicato interno formatosi relativamente alla intempestività, e dunque alla inammissibilità della richiesta di rimborso dell'imposta versata per l'anno 2005. Sul punto peraltro lo stesso C. ha riconosciuto che nell'atto d'appello la domanda fu limitata alle annualità dal 2006 in poi, con esclusione del 2005.

Il secondo motivo va rigettato perché inammissibile.

L'Amministrazione lamenta «il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti decisivi e controversi del giudizio, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.». A parte l'anomalo utilizzo di una formula che ricalca sostanzialmente quella precedente alla novella introdotta con il d.l. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni nella I. n. 134 del 2012, vigente da epoca anteriore al deposito della sentenza ora impugnata, e superato ogni dubbio sulla applicabilità della nuova disposizione al processo tributario (Sez. U, sent. n. 8053/2014), il tenore letterale del motivo di ricorso è inequivocamente rivolto a censurare la sentenza impugnata non già sotto il profilo dell'errore di diritto, ai sensi dell'art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., ma sul piano motivazionale, ex art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c. Ciò che infatti lamenta l'Agenzia non è una erronea interpretazione della regola giuridica desumibile dall'art. 2 del d.lgs. n. 446/1997 (già all'epoca dei fatti desumibile dagli arresti giurisprudenziali di Cass, sent. n. 3676/2007, integrata da C. Cost., sent. n. 156 del 2001 sul concetto di autonoma organizzazione), ma un malgoverno degli elementi documentali allegati al processo, che a suo avviso facevano propendere per la sussistenza dei presupposti d'imposta, negata invece dal giudice d'appello.

Deve pertanto preliminarmente verificarsi se l'impostazione del motivo contenuto nel ricorso sia coerente con i parametri interpretativi segnati dai nuovi limiti al sindacato di legittimità sulla motivazione. Sul punto è pacifico che la riformulazione del vizio di motivazione deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 delle preleggi, come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione. È denunciabile in cassazione dunque solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.

Tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione (Sez. U, sent. n. 8053 cit.).

L'approdo interpretativo ora enunciato consente allora di ritenere che la sentenza impugnata non sia passibile di censura. Il collegio regionale, in modo sia pur sintetico, ha valutato gli elementi a disposizione, mostrando di tener conto di tutti gli indici rivelatori dei requisiti per riconoscere una autonoma organizzazione. In tal senso la consapevolezza del valore elevato dei cespiti ammortizzabili e dei beni strumentali ne costituisce significativa riprova. Con logica stringata ma coerente, priva di contraddizioni, ha però ritenuto che tali indici -diversamente da come valutati dal giudice di primo grado- vadano bilanciati con la peculiare attività di oculista, specializzazione che notoriamente, si afferma, impone l'utilizzo di strumentazione costosa, ciò che esclude il possesso di strumentazione che ecceda il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività, secondo l'id quod plerumque accidit, cui fa riferimento la giurisprudenza costituzionale e di legittimità. Afferma cioè che non è il valore in sé della strumentazione a creare il discrimine tra l'esistenza o meno della autonoma organizzazione (cfr. Cass., sent. n. 18108/2013; Cass., sent. n. 13148/2012). La motivazione della sentenza dunque non risulta assente, non risulta apparente, non risulta contenga affermazioni inconciliabili.

Il motivo è dunque inammissibile.

- Considerato che

il ricorso va dunque accolto con riferimento al solo primo motivo e, tenuto conto della censura, alla cassazione della sentenza impugnata, per quanto chiarito in parte motiva, può seguire la decisione nel merito. Infatti deve ritenersi corretto il silenzio-rifiuto della Agenzia sulla istanza di rimborso dell'imposta regionale sull'attività produttiva per l'anno 2005, rispetto alla quale l'istanza era tardiva;

va invece confermato, in riferimento agli altri anni d'imposta, il diritto del C. alla ripetizione dell'Irap versata per gli anni 2006, 2007, 2008 e 2009;

- Ritenuto che

l'esito della controversia, con la non contestazione del controricorrente in ordine al primo motivo accolto del ricorso, giustifica la compensazione integrale delle spese di causa;

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il secondo;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e decidendo nel merito accoglie il ricorso introduttivo del contribuente limitatamente agli anni 2006, 2007, 2008 e 2009;

dichiara compensate le spese dell'intero processo.