Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 25 gennaio 2019, n. 3571

Tributi - Accertamento - Titolare di ditta individuale operante nel campo della edilizia - Responsabilità penale - Occultamento e distruzione di documenti e scritture contabili - Obbligo di conservazione

Ritenuto in fatto

Con sentenza del 7 dicembre 2017 la Corte di appello di Reggio Calabria ha integralmente confermato la precedente decisione con la quale, in data 14 ottobre 2015, il Tribunale di Palmi, in esito a giudizio celebrato nelle forme del rito ordinario, aveva dichiarato la penale responsabilità di D.M.V. in ordine al reato a lui contestato, avente ad oggetto la violazione dell'art. 10 del dlgs n. 74 del 2000, per avere egli, in qualità di titolare di ditta individuale operante nel campo della edilizia, occultato e/o distrutto i documenti e le scritture contabili di cui è obbligatoria la conservazione in modo tale da non consentire la ricostruzione dell'effettivo volume di affari da lui prodotto e lo aveva, pertanto, condannato alla pena di giustizia.

La Corte territoriale, nel confermare la sentenza del giudice di primo grado, ha rilevato che, traendo origine il giudizio a carico del D.M. da un accertamento tributario eseguito nei suoi confronti in data 30 giugno 2011, ed avente ad oggetto il volume di affari da quello prodotto negli anni dal 2005 al 2011, era risultato che il prevenuto non era stato in grado di produrre alcuna documentazione contabile relativa agli anni in questione, dato questo che è stato ritenuto dalla Corte territoriale interpretabile come elemento di prova dell'occultamento della documentazione in questione; tuttavia, essendo state aliunde acquisite le fatture comprovanti i rapporti commerciali intercorsi fra il D.M. e soggetti terzi, era stato possibile ricostruire il volume di affari da questo sviluppato negli anni 2005 e 2006.

Avverso la sentenza della Corte calabrese ha interposto ricorso per cassazione il prevenuto, assistito dal proprio difensore di fiducia, articolando due motivi di impugnazione.

Il primo ha ad oggetto la violazione di legge in quanto la Corte, pur rilevato che gli elementi di prova acquisiti agli atti sono tali da consentire la ricostruzione del reddito prodotto dal ricorrente relativamente ai soli anni 2005 e 2006, non ha, tuttavia, limitato l'accertamento del reato alle sole due annualità in questione, sebbene per tutti gli altri anni in contestazione non siano emersi elementi atti a dimostrare la esistenza della documentazione contabile di cui al capo di imputazione.

Quale secondo motivo di impugnazione, logicamente collegato al primo, il ricorrente ha osservato che, una volta limitato l'ambito temporale dei reati commessi alle sole due annualità sopraindicate, il dies a quo ai fini della decorrenza della prescrizione dovrebbe essere collocato, al più tardi al momento della presentazione della dichiarazione contributiva riferita al secondo degli anni di imposta in discorso; pertanto erroneamente la Corte territoriale non ha dichiarato la prescrizione del reato contestato.

 

Considerato in diritto

 

Il ricorso è infondato e, pertanto, lo stesso non merita accoglimento.

Quanto al primo motivo di impugnazione - con il quale, in sostanza, il ricorrente lamenta, deducendo la violazione di legge, il fatto che, sebbene l'interrogazione delle banche dati abbia consentito di ricostruire in via induttiva il reddito da lui prodotto, pur in assenza della conservazione delle scritture contabili obbligatorie, nei soli anni di imposta 2005 e 2006, egli è stato condannato in relazione a tutti gli anni di imposta (cioè 2005/2011) per i quali egli è stato, nella qualità di titolare di impresa individuale, sottoposto a verifica fiscale - osserva il Collegio che il motivo di impugnazione è privo di pregio, in quanto esso sconta un difetto di fondo riferibile alla stessa ricostruzione dello schema normativo in cui si articola il reato contestato.

Questo, a differenza degli altri illeciti sanzionati dal dlgs n. 74 del 2000 (ove si eccettui l'ipotesi di cui all'art. 8 del citato decreto legislativo e di cui si dirà in fra) non consiste né nella presentazione di una periodica dichiarazione fiscale viziata né nella omissione di una dichiarazione prescritta dalla legge o di un periodico versamento; la sua commissione è, pertanto, scissa dal riferimento ad uno specifico periodo di imposta, di tal che è cosa irrilevante che la documentazione occultata o distrutta si riferisca ad uno solo ovvero a più anni di imposta, atteso che il perfezionamento del reato si ha con la realizzazione della condotta descritta dal legislatore come vietata, poco importando se la documentazione contabile, costituente l'oggetto materiale di tale condotta, sia riferibile ad un solo anno di imposta ovvero a più anni.

Appare significativo osservare che, con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 8 del dlgs n. 74 del 2000, è lo stesso legislatore (si veda, infatti, l'art. 8, comma 2, del dlgs n. 74 del 2000) a fissare la regola che l'emissione di fatture o altri documenti contabili relativi ad operazioni inesistenti, condotta per la quale il riferimento ad uno ovvero a distinti periodi di imposta sembrerebbe fattore non significativo, va ricondotta ad unità, a prescindere dal numero di documenti emessi in ogni singolo anno di imposta, in conformità al numero dei singoli periodi di imposta in cui i documenti sono stati formati.

Ora - sebbene sia evidente che il reato si realizza solo in quanto la documentazione in questione sia stata istituita e che essa sia dimostrativa della produzione di un certo reddito, posto che la mera omissione della tenuta delle scritture contabili (a differenza della loro distruzione ovvero del loro occultamento, una volta che le stesse sono state materialmente create) integra il solo illecito amministrativo di cui all'art. 9 del dlgs n. 471 del 1997, sicché non sussisterebbe il reato ove, per un certo periodo, sia stata sospesa la tenuta stessa delle scritture, ma, limitatamente al periodo in questione, il solo illecito amministrativo - il fatto che la documentazione distrutta o occultata sia riferita ad un solo anno di imposta ovvero a più anni è fattore che non incide sulla oggettività del delitto, dovendo per chiarezza, escludersi la pluralità di condotte criminose laddove la stessa fosse argomentata esclusivamente in funzione della pluralità degli anni di imposta cui la documentazione oggetto materiale del reato era riconducibile.

Pertanto la doglianza formulata dal ricorrente con il primo motivo di impugnazione è assolutamente infondato essendo indiscusso che, quanto meno per un certo periodo di tempo (si tratta degli anni 2005 e 2005), il D.M. ha istituito la documentazione contabile obbligatoria; si tratta, infatti, di censura riguardante un aspetto del tutto irrilevante della vicenda in esame.

Passando a trattare il secondo motivo di impugnazione, riferito alla ritenuta prescrizione dell'illecito de quo, si rileva che non appare condivisibile l'assunto, formulato dal ricorrente, sul presupposto della riferibilità della documentazione di cui al capo di imputazione ai soli anni di imposta 2005 e 2006, in ordine alla data di commissione del reato, che sarebbe ancorata al momento di presentazione della dichiarazione dei redditi riferita all'anno 2006, ultimo fra quelli interessati dalla imputazione.

In più occasioni, infatti, la Corte ha chiarito che la condotta del reato di cui all'art. 10 dlgs. n. 74 del 2000 consiste nella distruzione o nell'occultamento delle scritture contabili o dei documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari; ciò posto si è precisato che, a differenza della distruzione che realizza un'ipotesi di reato istantaneo, il quale si consuma al momento della soppressione della documentazione, l'occultamento - che consiste nella temporanea o definitiva indisponibilità della documentazione da parte degli organi verificatori - costituisce un reato permanente che si consuma nel momento in cui viene svolto l'accertamento, e cioè sino al momento in cui gli agenti hanno interesse ad esaminare detta documentazione (Corte di cassazione, Sezione III penale, 24 marzo 2017, n. 14461; idem Sezione III penale, 19 aprile 2006, n. 13716).

Ciò posto, va considerato che, nulla avendo allegato il ricorrente in ordine alla avvenuta distruzione della documentazione in discorso e, tantomeno, in ordine alla epoca in cui tale operazione potrebbe essere stata eseguita, deve ritenersi - non dovendosi attribuire, in relazione all'accertamento del tempus commissi delicti, alcuna rilevanza al momento in cui è stata presentata la dichiarazione dei redditi relativa all'anno di imposta cui era pertinente la documentazione non rinvenuta in sede di verifica fiscale, che lo stesso fosse flagrante sino al momento in cui è stata completata la verifica nel corso della quale era stata chiesta l'esibizione della documentazione de qua, cioè, con riferimento alla fattispecie sino al 30 giugno 2011.

Esso - considerata la durata pari a sette anni e sei mesi del relativo termine in presenza di fattori interruttivi del suo decorso - al momento in cui è stata emessa la sentenza di gravame, cioè al 7 dicembre 2017, non era, pertanto, ancora estinto per prescrizione.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.