Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 15 febbraio 2019, n. 4594

Tributi - IRPEF - Dirigenti - Somme provenienti da liquidazione del cd. rendimento del Fondenel - Tassazione

 

Ritenuto che

 

L'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 4805/07/2014, depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania il 19.05.2014, la quale, in sede di giudizio di rinvio ex art. 394 c.p.c., aveva disposto il rimborso in favore di N.L. della somma di € 88.323,27 per imposte non dovute.

Ha rappresentato che la controversia traeva origine dalla istanza di rimborso presentata dal N., tesa ad ottenere la restituzione delle ritenute fiscali effettuate a suo dire indebitamente da Fondenel sulla liquidazione della propria quota di partecipazione al Fondo, pari ad € 517.726,18 (già £ 1.002.457.675), sulla quale erano state eseguite trattenute pari ad € 153.123,11 (già £ 296.487.685). L'Ufficio aveva rigettato l'istanza, ritenuta infondata perché alla quota liquidata era stata correttamente applicata la tassazione separata. Il contribuente, che invece riteneva del tutto illegittimo il regime impositivo applicato, sostenendo di contro che alle prestazioni erogate in forma di capitale in dipendenza di contratti di assicurazione o capitalizzazione maturati a favore degli iscritti la ritenuta dovesse essere operata nella misura del 12,5%, aveva adito la Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, che con la sentenza n. 35/44/2005 aveva accolto il ricorso, dichiarando tassabile l'intero importo con l'aliquota del 12,5%. Avverso la pronuncia l'Agenzia ricorreva dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, che tuttavia dichiarava inammissibile l'appello con sentenza n. 223/48/2006. Impugnata anche tale pronuncia, questa Corte, con sentenza n. 15331/2013, cassava la decisione della Commissione regionale, rinviando il processo al giudice d'appello per l'esame del merito della controversia.

All'esito del giudizio di rinvio la Commissione Tributaria Regionale della Campania, con la sentenza oggetto del presente ricorso, riconosceva il diritto il rimborso nella misura suindicata.

L'Agenzia censura la decisione con tre motivi.

Con il primo per violazione e falsa applicazione dell'art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione agli artt. 360 co. 1 n. 4 c.p.c.e dell'art. 62 del d.lgs. n. 546 cit., perché la decisione sarebbe nulla per motivazione apparente;

con il secondo per violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., in relazione all'art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. e dell'art. 62 co. 1 del d.lgs. n. 546 cit., per non aver tenuto conto che spettava al contribuente la prova del fondamento della sua pretesa;

con il terzo per omesso esame di fatti controversi e decisivi della causa, che hanno costituito [oggetto] di discussione tra le parti, in relazione all'art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c., per non aver verificato la esistenza di un "rendimento di polizza" ed il suo ammontare.

Ha dunque chiesto la cassazione della sentenza con rinvio al giudice di merito per nuovo esame.

Si è costituito il contribuente limitandosi ad affermare l'infondatezza del ricorso.

 

Considerato che

 

Il primo motivo di ricorso, con il quale la società si duole della nullità della sentenza per motivazione apparente, è fondato.

La sentenza del giudice del rinvio, dopo aver accennato all'oggetto del contendere e allo sviluppo delle precedenti fasi processuali, con sommaria descrizione delle posizioni assunte dalle parti, così motiva la decisione: <<La somma corrisposta era frutto della trasformazione, avvenuta nel 1986, di un trattamento assicurativo in base a polizza attivata dall'azienda per propri dirigenti in un rapporto previdenziale, che al momento della cessaziohe del rapporto di favore prevedeva la corresponsione di una rendita previdenziale o, in caso di opzione del dipendente per questa alternativa (come era avvenuto nel caso di specie), di un capitale. In base ai principi fissati dalla Suprema Corte, alle somme provenienti dalla liquidazione del cd rendimento - costituenti riconosciuto provento da gestione di capitale (D.P.R. 22/12/1986 n. 917, art. 41, comma 1, lett. G) - si applica la ritenuta del 12,50%.>>.

Il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza ricorre non solo allorquando il giudice di merito abbia omesso di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ma anche quando li abbia indicati senza una loro approfondita disamina logica o giuridica (cfr. Cass., ord. n. 9105/2017), o, ancora, quando la stessa disamina verta su principi generali e fattispecie astratte, senza però ricondurre il ragionamento all'esame della fattispecie concreta oggetto di controversia. Si è anzi riconosciuta l'apparenza della motivazione quando, benché graficamente esistente, non sia chiaro il ragionamento seguito dal giudice nella formazione del proprio convincimento, così che sia lasciato all'interprete il compito di integrazione con varie e ipotetiche congetture (Sez. U, sent. n. 22232/2016). Ciò accade anche in quelle ipotesi in cui le questioni prospettate siano anche pertinenti ed idonee quale materiale di base per altre e successive argomentazioni. Nello sviluppo della motivazione tuttavia tali successive argomentazioni devono seguire, poiché nella tessitura logica della ricostruzione della fattispecie e nella sua valutazione giuridica sono esse a sorreggere infine la decisione del caso concreto. Se mancanti, è l'intero processo motivazionale che viene meno, emergendo un vizio processuale.

D'altronde si reputa mancante del requisito previsto dall'art. 132 co. 1, n. 4 c.p.c., e pertanto nulla, la sentenza la cui motivazione consista nel dichiarare sufficienti i motivi esposti nell'atto che ha veicolato la domanda accolta, senza indicare le ragioni giuridiche o fattuali che il giudice abbia condiviso nel caso concreto (Cass., sent. n. 7402/2017).

In conclusione è necessario che siano percepibili le ragioni della decisione in rapporto al caso concreto, cioè che siano percepibili le argomentazioni obiettivamente idonee a far conoscere l'iter logico seguito dal giudice per la formazione del suo convincimento, al fine di un effettivo controllo sull'esattezza e pertinenza del ragionamento, in assenza del quale - a prescindere dal confronto con le risultanze processuali- l'anomalia motivazionale implica una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integrando un error in procedendo che comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione.

Ebbene, nel caso di specie il giudice regionale, investito come giudice del rinvio e chiamato peraltro per la prima volta a valutare il merito della questione - attesa la declaratoria di inammissibilità con cui era stato definito il precedente giudizio di appello - si è limitato ad un richiamo generico al precedente della Corte di legittimità, applicando poi apoditticamente l'aliquota del 12,50% "alle somme provenienti dalla liquidazione del cd rendimento - costituenti riconosciuto provento da gestione di capitale senza null'altro aggiungere e senza far minimamente comprendere quali fossero tali importi compresi nel cd. rendimento. Ciò rende del tutto incomprensibile il ragionamento, ed apparente la motivazione, manifestando peraltro la totale inosservanza proprio di quei principi e di quei meccanismi di calcolo tracciati già con Sez. U, sent. n. 13642/2011 cit., e poi con i successivi arresti (ad es. cfr. n. 1977/2015; n. 720/2017; 24525/2017; 25496/2018).

Il motivo trova dunque accoglimento e la sentenza va dichiarata nulla.

L'accoglimento del primo assorbe il secondo e terzo motivo.

Ritenuto che

La nullità della sentenza comporta la sua cassazione con rinvio del processo alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, che in altra composizione deciderà la causa secondo i principi declinati sull'oggetto del contendere dalla giurisprudenza, nonché sulle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, che in altra composizione deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.