Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 19 aprile 2017, n. 9882
Licenziamento disciplinare - Domanda di reintegrazione nel posto di lavoro - Revoca - Art. 1, co. 49, L. n. 92/12 - Reclamo
Svolgimento del processo
Con reclamo depositato in data 7.8.2015, G. T. proponeva reclamo avverso la sentenza del Tribunale di Brindisi con la quale era stata dichiarata la legittimità del licenziamento disciplinare irrogatogli dalla E. s.r.l. in data 9.8.2013 e revocata l'ordinanza resa ex art. 1 comma 49 legge n. 92/12 con la quale era stata accolta la domanda di reintegrazione nel posto di lavoro da lui avanzata.
Veniva reiterata la richiesta di tutela reale, precedentemente concessa in sede sommaria e poi negata in fase di opposizione, e censurato il decisum per erronea valutazione degli elementi istruttori acquisiti al procedimento. Resisteva la società, chiedendo dichiararsi pregiudizialmente l'inammissibilità del reclamo.
Con sentenza depositata il 23 settembre 2015, la Corte d'appello di Lecce dichiarava inammissibile il reclamo.
Osservava la Corte che il comma 58 del richiamato art. 1 delle legge n. 92/12 ("contro la sentenza che decide sul ricorso è ammesso reclamo davanti alla corte d'appello. Il reclamo si propone con ricorso da depositare, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla comunicazione, o dalla notificazione se anteriore.. "), non consente l'esercizio del diritto di azione oltre il termine ivi previsto decorrente dalla comunicazione, o notificazione se anteriore, della sentenza oggetto di reclamo; nel caso di specie il termine ultimo entro cui esercitare il diritto era stato superato poiché il reclamo era stato depositato in data 7.8.2015 mentre il provvedimento reclamato venne comunicato in data 24.3.2015.
La sentenza impugnata ha anche escluso che solamente la notificazione del provvedimento reclamato fosse idonea a far decorrere il termine per l'esercizio del diritto di azione, in base all'art. 133, comma 3, c.p.c., come novellato dalla legge n. 114/2014, secondo cui "..la comunicazione non è idonea a"far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'art. 325.".
L'assunto è stato ritenuto infondato parificando, in contrasto con il dato letterale ed ai fini dell'impugnativa della sentenza resa nel procedimento ex lege n. 92/12, il reclamo all'appello.
Prosegue la sentenza impugnata che tra le impugnazioni considerate dall'art. 325 c.p.c., richiamato dal citato art. 133, non v'è il reclamo e ciò, nel silenzio del legislatore, esclude una applicazione estensiva del 3° comma dell'articolo in questione; il c.d. termine lungo per reclamare di cui all'art. 327 c.p.c. (sei mesi dalla pubblicazione della sentenza) è ipotesi residuale prevista dal comma 61 del cit. art. 1 L. n. 92/12 ("..in mancanza di comunicazione o notificazione della sentenza si applica l'art. 327 del codice di procedura civile..").
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il T., affidato ad unico motivo, poi illustrato con memoria.
Resiste la società con controricorso.
Motivi della decisione
1. - Il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 133, 325, 326 e 327 c.p.c., in relazione all'art. 1, comma 61, della legge n. 92/12 ("in mancanza di comunicazione o notificazione della sentenza si applica l'art. 327 del codice di procedura civile").
Lamenta che in base all'art. 133 c.p.c., così come novellato dall'art. 45, comma 1, lett. b) del d.l. n.90/14, convertito in L. 11.8.14 n. 114, "la comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'art. 325 c.p.c.", essendo così indubbio che l'unico mezzo idoneo a far decorrere il termine breve di impugnazione (art. 325 c.p.c.) debba essere esclusivamente la notificazione della sentenza su impulso della controparte. Invocava il principio secondo cui, anche prima della riforma dell'art. 133 c.p.c., la comunicazione non era assolutamente idonea a far decorrere il termine breve per impugnare.
Risultava dunque errata la sentenza impugnata laddove ritenne inammissibile, in quanto tardivo, il reclamo depositato in data 7.8.2015 avverso sentenza che venne solo comunicata in data 24.3.2015.
1.1 - Il ricorso è infondato.
Ed invero proprio la considerazione, svolta dal ricorrente, che anche prima della novella del 2014 la comunicazione di cancelleria del deposito della sentenza non fosse idonea a far decorrere il termine breve per impugnare, evidenzia la specialità dell'art. 1, comma 58, della L. n. 92/12, che invece, stanti le pacifiche esigenze acceleratorie del rito cd. Fornero in tema di licenziamenti, stabiliva, ancor prima della novella del 2014, come regola la decorrenza del termine (breve) per impugnare dalla comunicazione o dalla notificazione (se anteriore) della sentenza, prevedendo come ipotesi residuale ("in mancanza di comunicazione o notificazione", comma 61) il termine cd. lungo, cui è invece ricorso il T..
Trattasi dunque, come è stato più volte osservato da questa Corte, di disciplina speciale che non potrebbe comunque essere derogata da normativa generale ancorché posteriore. Come chiarito da Cass. ord. n.23526/14 la modifica dell'art. 133 cod. proc. civ. attiene al regime generale delle comunicazioni dei provvedimenti da parte della Cancelleria, sicché non può investire, neppure indirettamente, le previsioni speciali che, in via derogatoria, comportino la decorrenza di termini - anche perentori - dalla semplice comunicazione del provvedimento. La novella, come deduce lo stesso ricorrente, è finalizzata a neutralizzare gli effetti della generalizzazione della modalità telematica della comunicazione (in tal senso cfr. sempre Cass. ord.n.23526/14, pure citata dal ricorrente).
A ciò aggiungasi quanto parimenti osservato da Cass. sez.lav. n. 17251/16, secondo cui l'art. 1 della legge 28.6.2012 n. 92 stabilisce, al comma 62, che il ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello a definizione del reclamo "deve essere proposto, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla comunicazione della stessa o dalla notificazione se anteriore". Il successivo comma 64 aggiunge che "in mancanza di comunicazione o notificazione della sentenza si applica l'articolo 327 del codice di procedura civile".
La disposizione si pone come norma speciale rispetto alla disciplina generale del cosiddetto termine breve di impugnazione, dettata dagli artt. 325 e 326 c.p.c., poiché fa decorrere il termine perentorio dalla comunicazione della sentenza o dalla notificazione (ma solo se anteriore alla prima), e consente l'applicazione del termine (cd. lungo) stabilito dall'art. 327 c.p.c. unicamente nel caso in cui risultino omesse sia la notificazione che la comunicazione della decisione.
Peraltro, affinché possa decorrere il termine breve, non è sufficiente il mero avviso del deposito della sentenza, essendo, invece, necessario che la comunicazione si riferisca al contenuto integrale della decisione, di modo che la parte sia posta, dal momento della comunicazione, in grado di conoscere le ragioni sulle quali la pronuncia è fondata e di valutarne la correttezza.
A dette conclusioni conduce innanzitutto il tenore letterale del richiamato comma 62 che, diversamente da quanto disposto, ad esempio, dal comma 2 dell'art. 420 bis c.p.c., fa riferimento, appunto, alla comunicazione della sentenza e non "dell'avviso di deposito" della stessa.
Inoltre la disposizione, sebbene di carattere speciale, nulla specifica in merito alla forma della comunicazione, sicché vale al riguardo la disciplina dettata dal codice di rito che, all'art. 45, comma 2, disp. att. c.p.c., come modificato dal d.l. 18.10.2012 n. 179, stabilisce che "il biglietto contiene in ogni caso ....il testo integrale del provvedimento comunicato". La necessità della comunicazione del testo integrale è stata del resto ribadita dal d.l. 24.6.2014 n. 90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014 n. 114.
L'odierno ricorrente neppure deduce, prima ancora che documentare, che la comunicazione di Cancelleria non contenesse il testo integrale della sentenza.
2.- Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e, liquidate come da dispositivo, debbono distrarsi in favore del difensore della società, dichiaratosi antecipante.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in €.200,00 per esborsi, €.4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a., da distrarsi in favore dell'avv. M. R. A.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.