Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 05 aprile 2017, n. 8768

Tributi - Accertamento - Tardiva dichiarazione dei redditi - Sanzioni

 

Fatto e diritto

 

L'Agenzia delle Entrate propone ricorso per la cassazione della sentenza della CTR di Palermo, sez. distaccata di Catania, di cui in epigrafe.

Il giudizio fa riferimento alla s.n.c. M.A. & C. in Liquidazione ed ha ad oggetto un avviso di accertamento iva + irap per l'anno 2001.

La società aveva presentato tardivamente la dichiarazione dei redditi per l'anno 2001 e l'Ufficio aveva elevato un accertamento con il quale aveva quantificato il maggior reddito con un ricarico del 15%.

Investita della relativa impugnazione, proposta dai liquidatori dell'anzidetta società, la CTP di Catania, partendo dal presupposto che non erano stati indicati i dati, le notizie, le presunzioni e gli elementi di fatto su cui si basa il singolo accertamento, lo ha ritenuto carente sotto l'aspetto motivazionale, determinando, comunque, equa una percentuale di redditività media pari al 9%.

La CTR di Palermo, sezione distaccata di Catania, con la sentenza oggetto del presente ricorso, accoglieva "l'appello proposto dalla società "M.A. & C. s.n.c.", riportandosi alle motivazioni della sentenza di primo grado.

La ricorrente Agenzia delle Entrate deduce tre motivi di ricorso.

Con il primo motivo, lamenta l'omessa motivazione della sentenza oggetto di ricorso.

Con il secondo motivo l'Ufficio lamenta violazione di legge, in relazione agli artt. 2, co. 7, d.p.r. 322/88; 41, co. 2, e 38, co. 3, d.p.r. 600/73, in relazione all'art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., in quanto il ricarico del 15%, innanzi indicato, si giustifica, posto che, avendo i liquidatori dichiarato di avere presentato la dichiarazione con un ritardo superiore ai novanta giorni rispetto alla scadenza del termine previsto dalla legge, esso va parificato alla sanzione prevista per omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazioni nulle.

Con il terzo motivo lamenta omessa petizione su di un punto decisivo della controversia, avendo il giudice di secondo grado omesso di pronunciarsi sulla richiesta di inammissibilità dell'appello per genericità dei motivi di impugnazione, sorretta da specifiche argomentazioni articolate dall'Ufficio.

Si sono, altresì, costituiti, nella qualità di liquidatori della società, i signori M.A. e C.B.V.M., con proprio controricorso, con il quale deducono la genericità dei motivi di ricorso, rilevando che la CTR non si è pronunciata sulla questione relativa alla inammissibilità dell'appello, per assenza di motivi specifici.

I suddetti liquidatori hanno depositato, altresì, memoria ex art. 378, c.p.c., con la quale, insistendo sulle ragioni già esposte in sede di controricorso, evidenziano l'incompletezza della motivazione dell'avviso di accertamento, in cui non è nemmeno indicato il settore mercantile di riferimento, per cui correttamente il giudice di secondo grado ha ritenuto che la ricostruzione operata dall'Ufficio sia viziata in quanto non supportati da elementi probatori certi e da un riferimento a dati oggettivi.

Tanto premesso, inammissibile appare il terzo motivo di ricorso, stante l'evidente genericità delle doglianze, con cui la ricorrente si limita a fare genericamente rinvio ai motivi di impugnazione articolati nell'atto di appello.

Fondato, invece, deve ritenersi il primo motivo di ricorso, in esso assorbito il secondo, quanto la sentenza del giudice di secondo grado difetta di quei requisiti minimi necessari per ritenere adempiuto l'onere motivazionale su di esso gravante.

Ed invero la motivazione della sentenza oggetto di ricorso si limita a riportarsi "in toto alle motivazioni svolte in tale sentenza che in questa sede si intendono richiamate e trascritte", operando un integrale richiamo al contenuto della sentenza di primo grado, assolutamente generico, senza nemmeno indicare quali fossero le doglianze articolate dalla società appellante, con decisione, peraltro, incomprensibile nella parte in cui, pur accogliendo l'appello della suddetta società, condivide la motivazione della sentenza della CTP oggetto di gravame.

Ciò integra una palese causa di nullità.

Come affermato, infatti, dall'orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità, in tema di contenzioso tributario, ai sensi dell'art. 36 d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 - secondo cui la sentenza deve contenere, fra l'altro, la "concisa esposizione dello svolgimento del processo" e "la succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto" - nonché dell'art. 118 disp. att. c.p.c. (sicuramente applicabile al rito tributario in forza del generale rinvio operato dall'art. 1, comma 2, del citato decreto delegato), la mancata esposizione in sentenza dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa e l'estrema concisione della motivazione in diritto determinano la nullità della sentenza, allorché rendono impossibile, come nel caso in esame, l'individuazione del "thema decidendum" e delle ragioni che stanno a fondamento del dispositivo. Non adempie, inoltre, il dovere di motivazione il giudice del gravame che si richiami "per relationem" alla sentenza impugnata, di cui condivida le argomentazioni, senza dar conto di aver valutato criticamente sia il provvedimento censurato, sia le censure proposte (cfr., ex plurimis, Cassazione civile, sez. trib., 12/03/2002, n. 3547).

Ne consegue che la sentenza impugnata, va cassata, con rinvio, anche per le spese, alla Commissione Regionale Sicilia in diversa composizione, che provvederà alla decisione del proposto gravame colmando la lacuna motivazionale innanzi indicata.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il terzo motivo di ricorso, accoglie il primo, in esso assorbito il secondo, cassa e rinvia anche per le spese alla Commissione Regionale Sicilia in diversa composizione.