Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 21 giugno 2017, n. 15388

Rapporto di lavoro - Compenso per lavoro festivo, notturno e indennità base produttiva - Ricalcolo

 

Svolgimento del processo

 

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 17329\07, condannava la s.p.a. C. al pagamento in favore di M.V. della somma di €.4.220,30, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, a titolo di differenze retributive spettanti sul compenso per lavoro festivo, notturno e indennità base produttiva per il periodo dal giugno 1991 al dicembre 2002 e sul compenso per lavoro straordinario feriale in relazione al periodo gennaio 2000/dicembre 2002.

Il primo giudice, ritenute provate alla stregua della documentazione in atti le prestazioni cui si riferivano i compensi richiesti, ha proceduto al ricalcolo delle stesse sulla base di un orario settimanale pari a 37 ore, secondo quanto accertato in altra sentenza resa inter partes (Trib. Roma n. 8520\01), passata in giudicato.

Avverso tale decisione ha proposto appello il C., deducendo quali motivi di gravame: a) la violazione del disposto di cui all'art. 2909 cod. civ. per essere la domanda azionata nel presente giudizio ormai preclusa in relazione al giudicato formatosi nella precedente sentenza: b) l'omessa pronunzia sulla eccezione di prescrizione; c) la infondatezza nel merito della pretesa.

Resisteva il M.

Con sentenza depositata il 5 maggio 2011, la Corte d'appello di Roma rigettava il gravame, ritenendo ammissibili le domande e coperto dal precedente giudicato il calcolo dei crediti vantati in base al divisore 37.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la C. s.p.a., affidato a due motivi. Resiste il M. con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

 

Motivi della decisione

 

1. - Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e\o falsa applicazione dell'art. 2909 cod.civ.

Lamenta che la sentenza impugnata, nell'accogliere le domande del M. (basate sul divisore orario 37 e non 39, per effetto di accordi sindacali), secondo quanto accertato dalla sentenza irrevocabile n. 8520\01 del Tribunale di Roma, non poteva basarsi su di un giudicato tra le parti, essendo le domande successivamente proposte basate su titoli diversi (non più maggiorazione per lavoro straordinario feriale, ma anche per lavoro festivo, notturno ed indennità base di produttività) ed inoltre relative a periodi diversi (dal 1991 al dicembre 1999) da quelli oggetto della sentenza impugnata (successivi al 1999 e sino al 2002).

2. - Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e\o falsa applicazione dell'art. 2909 cod.civ., sotto diverso profilo.

Lamenta che, coprendo il giudicato sia il dedotto che il deducibile, la corte capitolina avrebbe dovuto accertare che le domande del M., movendo dagli stessi presupposti definitivamente accertati dalla sentenza n. 8520\01, inerente il solo straordinario feriale, avrebbero dovuto essere proposte in quella sede, non essendo più proponibili successivamente.

3. - I motivi, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati.

Occorre infatti evidenziare che la sentenza impugnata ha già affermato quanto lamentato dall'odierna ricorrente con il primo motivo, e cioè che le domande oggetto del presente giudizio non erano coperte (o precluse) da alcun giudicato, essendo relative a titoli di credito in larga parte diversi e (quanto allo straordinario feriale) inerente un periodo diverso.

Quanto al giudicato implicito, basata sul presupposto che la sentenza irrevocabile n. 8520\01 copriva sia il dedotto che il deducibile (con conseguente improponibilità delle domande successivamente proposte ma basate sul medesimo presupposto), deve osservarsi che il giudicato non "fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa" (ai sensi dell'articolo 2909 c.c.) ove l'attore intenda far valere diritti diversi, pur basati sul medesimo titolo o causa petendi in altro giudizio azionato e definito (Cass. 29.11.07 n. 24913, citata dalla stessa ricorrente).

La questione, pure agitata nell'odierno ricorso, è se la sentenza irrevocabile n. 8520\01, nell'accertare la cogenza tra le parti del divisore 37 (anziché 39) quanto all'orario di lavoro (interpretazione pur smentita da questa S.C. con successive sentenze), resti vincolante anche per le successive domande proposte dal medesimo lavoratore nei confronti della medesima azienda.

Il Collegio ritiene che alla questione debba rispondersi positivamente. Ed invero il non esservi giudicato implicito (quanto a diverse domande basate sul medesimo presupposto) non significa che l'irrevocabile accertamento presupposto, compiuto dalla sentenza n. 8520\01 quanto al divisore 37 applicabile tra le parti, possa essere poi rimesso in discussione in ordine a diverse e successive (e dunque ammissibili) domande che fondino tuttavia sul medesimo fatto presupposto definitivamente giudizialmente accertato tra le parti.

Questa Corte ha già chiarito (Cass. n. 15493\15, Cass. n. 15931\04) che in ordine ai rapporti giuridici di durata ed alle obbligazioni periodiche che eventualmente ne costituiscano il contenuto, sui quali il giudice pronuncia con accertamento su una fattispecie attuale ma con conseguenze destinate ad esplicarsi anche in futuro, l'autorità del giudicato impedisce il riesame e la deduzione di questioni tendenti ad una nuova decisione di quelle già risolte con provvedimento definitivo, il quale pertanto esplica la propria efficacia anche nel tempo successivo alla sua emanazione, con l'unico limite di una sopravvenienza, di fatto o di diritto, che muti il contenuto materiale del rapporto o ne modifichi il regolamento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, preso atto del giudicato formatosi in ordine all'esistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, aveva ritenuto preclusa ogni ulteriore indagine sul punto, avendo il lavoratore continuato a svolgere anche negli anni successivi le medesime mansioni per le quali era previsto il cd. soprassoldo di cui all'art. 81 della I. n. 34 del 1970).

Nello stesso senso, in analoga fattispecie, questa Corte si è del resto pronunciata con sentenza n. 3863\17.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e, liquidate come da dispositivo,debbono distrarsi nei confronti del difensore del M., dichiaratosi antecipante.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi, € 4.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a., da distrarsi in favore dell'avv. G.P..