Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 17 maggio 2019, n. 13362

Tributi - IRAP - Ente pubblico - Azienda Territoriale per l'Edilizia Residenziale - Base imponibile - Finanziamenti destinati al fondo di dotazione dell'azienda necessari allo svolgimento dell’attività istituzionale - Imponibilità

 

Fatti di causa

 

l'A.T.E.R. della Provincia di Perugia (ex Istituto Autonomo per le Case Popolari di Perugia, ora Azienda Territoriale per l'Edilizia Residenziale della Regione Umbria), in relazione agli anni 2005, 2006 e 2007, provvedeva al versamento dell'Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP), comprendendo nella base imponibile dichiarata del tributo anche i finanziamenti ricevuti nel corso di quegli esercizi e destinati per legge all'acquisto o alla costruzione di nuovi beni immobili su progetto, nonché al recupero e alla manutenzione straordinaria di immobili pubblici. Ritenendo di aver dichiarato un imponibile superiore al dovuto e, quindi, di aver corrisposto per le indicate annualità somme maggiori a titolo di IRAP, la contribuente presentava all'Agenzia delle Entrate istanza di rimborso per un importo complessivo superiore ad Euro 835.125,00, richiedendo anche la declaratoria di inesistenza dell'obbligazione tributaria. L'Amministrazione, in data 17.2.2011, comunicava il diniego opposto avverso le istanze di rimborso.

L'odierna controricorrente proponeva allora separate impugnative innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Perugia segnalando, innanzitutto, che i finanziamenti per l'edilizia residenziale pubblica risultavano espressamente esclusi, dalla legge, dall'applicazione dell'IRPEG. Precisava, quindi, che essendo i finanziamenti vincolati al conseguimento delle finalità istituzionali dell'Ente, pertanto all'utilizzo nell'attività di realizzazione di nuove costruzioni e manutenzione delle esistenti, gli importi ricevuti dovevano considerarsi parte del patrimonio dell'ATER, non dovendo gli stessi neppure transitare sul suo conto economico. In conseguenza l'IRAP non era dovuta in relazione a tali finanziamenti e, avendo prudentemente preferito versare l'imposta, ne domandava ora il rimborso, proponendo distinti ricorsi successivamente riuniti. La CTP rigettava le impugnative.

L'ATER ricorreva allora innanzi alla Commissione Tributaria Regionale umbra che accoglieva il ricorso, ritenendo condivisibile la tesi della ricorrente secondo cui i finanziamenti di cui si tratta, avendo "natura patrimoniale e non economica ... non possono essere considerati componenti di reddito, trattandosi di finanziamenti destinati al fondo di dotazione dell'azienda e quindi necessari allo svolgimento della sua attività istituzionale" (sent. CTR, p. 3).

Avverso la pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l'Agenzia delle Entrate, affidandosi ad un articolato motivo di ricorso. Resiste con controricorso l'Ater di Perugia. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

 

Ragioni della decisione

 

1.1. - Con il suo articolato motivo di ricorso l'Agenzia delle Entrate contesta, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell'art. 35 (recte: 55) "del ‘vecchio’ TUIR n. 917 del 1986 e del corrispondente art. 88 del 'nuovo’ TUIR n. 917 del 1986, degli artt. 11 e 11 bis del D.Lgs. n. 446 del 1997, e dell'art. 5 della legge n. 289 del 2002, per avere la impugnata Commissione Tributaria Regionale erroneamente ritenuto che i contributi regionali, ricevuti dall'Ater per lo svolgimento della propria attività istituzionale, non costituissero componenti del reddito della contribuente, e rimanessero pertanto sottratti all'applicazione della disciplina di cui all'art. 55 del TUIR (ora art. 88), nonostante l'interpretazione autentica della norma assicurata mediante l'art. 5, comma 3, della legge n. 289 del 2002, ed affermando, in conseguenza, che detti contributi non dovrebbero pertanto essere assoggettati al tributo dell'Irap.

2.1. - Mediante il proprio articolato motivo di ricorso, l'Agenzia delle Entrate contesta la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la Commissione Tributaria Regionale impugnata, per aver ritenuto che i contributi regionali versati all'Ater, e finalizzati all'espletamento dell'attività istituzionale dell'Ente, non costituendo componenti del reddito dell'Azienda territoriale, bensì del suo patrimonio, non dovrebbero essere assoggettati al tributo dell'Irap.

Rileva la ricorrente Agenzia delle Entrate che i contributi erogati a norma di legge concorrono alla formazione dell'imponibile dell'Ente beneficiario, ai sensi dell'art. 53 (ora 85, comma 1), del TUIR. L'art. 21, comma 4, della legge 449 del 1997, ha invero introdotto una deroga prevedendo l'esonero dall'assoggettamento di tali contributi dall’Irpeg, ma tale disposizione non può essere interpretata estensivamente, ritenendo ricompreso nell'esclusione anche il tributo dell'Irap, essendo una norma di stretta interpretazione, come confermato dall'art. 11, comma 3, del D.Lgs. n. 446 del 1997, il quale prevede che concorrono alla determinazione della base imponibile ai fini Irap "i contributi erogati a norma di legge con esclusione di quelli correlati a componenti negativi non ammessi in deduzione", ipotesi che non ricorre in riferimento ai finanziamenti in questione. Non vi è alcun fondamento normativo e neppure logico per affermare, come ha fatto la CTR, che l'esenzione di determinati contributi dall’Irpeg, in relazione alla quale vi è previsione normativa espressa, possa essere estesa ad un diverso tributo, in ordine al quale l'esenzione normativa non è stata prevista dal legislatore.

In ogni caso, la questione dell'assoggettabilità all'Irap dei contributi in questione, è stata definitivamente risolta dall'art. 5, comma 3, della legge n. 289 del 2002, norma di interpretazione autentica, e quindi retroattiva, che ha specificato essere dovuta l'Irap anche in relazione a contributi per i quali sia stata prevista l'esclusione dalla base imponibile ai fini Irpeg.

Invero, la legge prevede che, per godere dell'esenzione domandata, il contributo pubblico ricevuto debba essere espressamente finalizzato a coprire uno specifico costo non deducibile. Costituisce, del resto, un orientamento ormai consolidato ed anche condivisibile di questa Corte, al quale si intende, pertanto, assicurare continuità il principio, espresso in fattispecie analoga, secondo cui "in tema di IRAP, i contributi erogati, prima dallo Stato e poi dalle Regioni, agli enti o aziende di trasporto pubblico locale per ripianare i disavanzi di esercizio, sebbene non assoggettati alle imposte sui redditi, concorrono al calcolo della base imponibile anche se corrisposti in epoca anteriore al 31 dicembre 2002, a meno che l’esclusione dalla base imponibile IRAP sia contemplata dalle relative leggi istitutive, con la previsione espressa della specifica correlazione a determinati componenti negativi non ammessi in deduzione, non essendo sufficiente a tal fine l'affermazione dell'imprenditore di avere utilizzato il contributo per coprire spese non deducibili", Cass. n. 4057 del 2015 e Cass. n. 4539 del 2015.

Nel caso di specie, in assenza dell'espressa menzione di tale correlazione in una norma di legge, dovrebbe ritenersi che la stessa non risulta indispensabile, e neppure sarebbe necessario che il contributo sia dichiaratamente destinato a coprire un costo non deducibile, potendo invece la destinazione del contributo desumersi dalla natura del finanziamento o dagli scopi dell'ente, e l'Ater domanda pertanto una interpretazione estensiva della norma. Ma, come è già stato sottolineato da tempo da questa Corte, un'interpretazione estensiva in questa materia trasformerebbe l'erogazione in un, non consentito, aiuto di Stato, in contrasto con gli artt. 87 e ss. del Trattato CE, stante l'evidente vantaggio economico che l'ampliamento in via interpretativa dell'agevolazione fiscale realizzerebbe a favore di un circoscritto numero di imprese, con conseguente alterazione del regime di concorrenza (cfr. Cass. n. 16721 del 2010).

Nella concreta fattispecie, la correlazione tra il contributo ricevuto dall'Ater ed i costi non deducibili dovrebbe dedursi dalla astratta funzione del contributo medesimo che, per quanto previsto dalla legge regionale, essendo utilizzabile solo per l'attività istituzionale della controricorrente, sarebbe destinato alla copertura di costi non deducibili. Diversamente, deve sottolinearsi che non ricorre una espressa destinazione di quei contributi alla copertura di costi non deducibili, sebbene il requisito sia richiesto dalla legge perché possa fruirsi dell'esenzione dall'Irap. Solo ove ricorresse quest'ultima ipotesi, ai sensi dell’art. 11, comma 3, del D.Lgs. n. 446 del 1997, nella formulazione vigente "ratione temporis", il contributo non concorrerebbe alla formazione della base imponibile ai fini dell'IRAP, rimanendo irrilevante che il legislatore abbia inteso espressamente escludere il medesimo contributo dall'assoggettamento ad imposizione in relazione a diverso tributo (IRPEG). Questo principio merita di essere nuovamente ribadito, aggiungendosi pure, seguendo l'orientamento anche recentemente ribadito da questa Corte di legittimità in materia analoga, che "in tema di IRAP, l'art. 5, comma 3, della I. n. 289 del 2002 ha fornito un'interpretazione autentica del disposto dell'art. 11, comma 3, del d.lgs. n. 446 del 1997 (nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall'art. 1, comma 1, lett. b, del d.lgs. n. 506 del 1999), nel senso che sono esclusi dalla base imponibile i contributi pubblici erogati per l'anno di imposta solo in presenza di una esplicita previsione, nella legge istitutiva, della correlazione tra il contributo ed un componente negativo non deducibile: ne consegue che i contributi erogati (prima dal Fondo nazionale trasporti, poi dalle Regioni), anche in epoca anteriore al 31 dicembre 2002, data di entrata in vigore della detta I. n. 289 del 2002, alle imprese esercenti il trasporto pubblico locale al fine di ripianare i disavanzi di esercizio debbono essere inclusi nel calcolo per la determinazione della base imponibile dell'IRAP", Cass. n. 25012 del 2018.

La contribuente, dedicando sintetiche osservazioni alle questioni innanzi esaminate, lamenta invece diffusamente, nel suo controricorso, che l'Agenzia delle Entrate sarebbe incorsa in errore nel non approfondire la "natura" dei versamenti effettuati dalla Regione all'ATER, che non potrebbero intendersi quali "contributi", poiché trattasi in realtà di "finanziamenti" erogati al fine di consentire lo svolgimento dell’attività istituzionale che confluiscono direttamente nel patrimonio dell'ente, senza neppure transitare sul suo conto economico. Ci troviamo in presenza, pertanto, nella prospettazione della controricorrente peraltro accolta dalla CTR, di attribuzioni patrimoniali aventi natura diversa e non assimilabile a quella dei contributi pubblici erogati per far fronte ai disavanzi di gestione degli enti esercenti il trasporto pubblico, in ordine ai quali ha già avuto modo di pronunziarsi la Suprema Corte. Occorre in proposito segnalare che la controricorrente ha affermato l'inammissibilità del ricorso proposto dall'Agenzia delle Entrate, per non aver specificamente contestato l'affermazione della CTR secondo cui le erogazioni ricevute dalla Regione dall'ATER sono finanziamenti destinati a confluire nello stato patrimoniale, e non contributi da iscrivere nel conto economico. Invero la critica risulta proposta impropriamente, perché la questione è ben illustrata nel ricorso (cfr. ad es. p. 4 s.), ed è specificamente contrastata alle pagine 8 e seguenti del ricorso per cassazione, cfr. ad es., l'osservazione secondo cui "la sentenza perugina punta erroneamente a valorizzare la natura contabile di siffatti contributi, distinguendo tra quelli destinati ad essere appostati nello stato patrimoniale dell'ente di destinazione, anziché nel conto economico: e pretendendo di concludere che per i primi, tra cui rientrerebbero quelli oggetto di vertenza, varrebbe la esclusione dalla base imponibile IRAP. Distinzione che non ha tuttavia alcun addentellato normativo (relativamente all'IRAP)" (ric., p. 15).

Tanto premesso, l'argomento, pur condiviso dalla CTR, e che la controricorrente intenderebbe desumere, a quanto è dato comprendere, anche dal disposto di cui all'art. 90 TUIR risulta infondato. Non rileva, in fatti, che i beni per i quali i contributi sono utilizzati non siano componenti di reddito ma piuttosto beni patrimoniali (ric., p. 9), come tali non deducibili (rectius, la cui spesa non è deducibile), in quanto difetta comunque, a monte, il requisito della correlazione, nei termini innanzi ricordati, del contributo ricevuto con il costo sopportato (cfr. ancora, in senso conforme e nella specifica materia, Cass. n. 13410 del 2016).

Per completezza, pare opportuno rammentare che la censura proposta dall'Ente impositore risulta fondata anche in considerazione della più recente, ma ormai consolidata, giurisprudenza della Suprema Corte in materia, secondo la quale "in tema di IRAP, i contributi erogati alle aziende territoriali per l'edilizia residenziale possono essere esclusi dalla base imponibile ove espressamente destinati dalla legge alla copertura di elementi reddituali negativi non ammessi in deduzione, ai sensi dell'art. 11, comma 3, del d.lgs. n. 446 del 1997, in quanto le disposizioni che escludono dal computo della base imponibile di una imposta dei componenti positivi del reddito" sono di stretta interpretazione, e non possono essere interpretate estensivamente, neppure potendo essere applicata l'analogia, Cass. sez. V, n. 4410 del 2019 (in senso conforme, cfr. anche Cass. sez. V, nn. 4411, 6468, e 6473 del 2019).

Il motivo di ricorso deve essere, pertanto, ritenuto fondato.

In conseguenza delle osservazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto e, decidendo nel merito, questa Corte deve confermare l'assoggettamento dei contributi per cui è causa al tributo dell'Irap, e pertanto la legittimità del diniego opposto dall'Amministrazione finanziaria alla domanda di rimborso proposta dalla contribuente.

La complessità della materia trattata, e l'intervenuto consolidamento dell'orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia in epoca successiva alla proposizione del ricorso, inducono a ritenere equo disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti in relazione all'intero processo.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso proposto dall'Agenzia delle Entrate, cassa l'impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta l'originario ricorso proposto dalla controricorrente, confermando l’imponibilità ai fini Irap dei contributi ricevuti dall’A.T.E.R. per cui è processo.

Dichiara compensate fra le parti le spese di lite dell'intero processo.