Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 28 dicembre 2016, n. 27219

Mansioni - Mansioni superiori - Riconoscimento - Prescrizione

Svolgimento del processo

 

La Corte di Appello di Napoli, con la sentenza depositata il 5 novembre 2013, rigettava il gravame interposto da C.V., dipendente della A.A. S.p.A., società incorporante la A.A. S.p.A., avverso la pronunzia del Tribunale di Nola che aveva respinto la domanda di riconoscimento di mansioni superiori proposta dal C. nei confronti della società. Quest’ultimo ricorre per la cassazione della predetta sentenza sulla base di due motivi.

La A.A. S.p.A. resiste con controricorso ulteriormente illustrato da memoria depositata ai sensi dell’art. 378 del codice di rito.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo il ricorrente, denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 2948 c.c.) in riferimento all’art. 360, n. 3, c.p.c., e lamenta che la Corte di merito "abbia omesso di considerare, con motivazione illogica, contraddittoria ed errata che il ricorso introduttivo è stato depositato, con evidenti effetti interruttivi del decorso della prescrizione, il 13.9.2000".

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti collettivi di lavoro in riferimento all’art. 360, n. 3, c.p.c.; nonché insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso per il giudizio, in riferimento all’art. 360, n. 5, c.p.c.; erronea interpretazione dell’art. 2103 c.p.c. (ndr art. 2103 c.c.).

3. Va esaminato innanzitutto il secondo motivo, perché logicamente pregiudiziale.

Il motivo è inammissibile, perché attiene ad una richiesta di un nuovo accertamento di fatto, anche in ordine alle mansioni svolte dal ricorrente, in ordine alle quali la Corte di merito ha motivatamente effettuato il c.d. accertamento trifasico, pervenendo al rigetto dell’appello proposto dal C. Parimenti inammissibile deve dichiararsi il motivo sotto il profilo del vizio di motivazione, posto che, come sottolineato dalle Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n. 8053 del 2014), per effetto della riforma del 2012, per un verso, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione); per l’altro verso, è stato introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Orbene, poiché la sentenza oggetto del giudizio di legittimità è stata depositata l’1 ottobre 2013, nella fattispecie si applica, ratione temporis, il nuovo testo dell'art. 360, comma 1, n. 5), come sostituito dall’art. 54, comma 1, lettera b), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, a norma del quale la sentenza può essere impugnata con ricorso per cassazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Ma nel caso in esame, il motivo di ricorso che denuncia il vizio motivazionale non indica il fatto storico (Cass. n. 21152 del 2014), con carattere di decisività, che sarebbe stato oggetto di discussione tra le parti e che la Corte di Appello avrebbe omesso di esaminare; né, tanto meno, fa riferimento, alla stregua della pronunzia delle Sezioni Unite, ad un vizio della sentenza "così radicale da comportare" in linea con "quanto previsto dall’art. 132, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per mancanza di motivazione".

E, dunque, non potendosi più censurare, dopo la riforma del 2012, la motivazione relativamente al parametro della sufficienza, rimane il controllo di legittimità sulla esistenza e sulla coerenza del percorso motivazionale del giudice di merito (cfr., tra le molte, Cass. n. 25229 del 2015) che, nella specie, è stato condotto dalla Corte territoriale con argomentazioni logico-giuridiche del tutto congrue in ordine ai motivi di appello articolati dal C.

Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, restando, all’evidenza, assorbito il primo motivo atteso che la questione della prescrizione si porrebbe solo in caso di accoglimento del secondo motivo.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2012 (ndr art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002).

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna C.V. al pagamento delle spese del giudizio liquidate in Euro 3.500,00 per compensi professionali ed in Euro 100,00 per spese vive, oltre accessori, come per legge.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1 - quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 - bis dello stesso articolo 13.