Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 18 gennaio 2019, n. 1378

Sospensione dell'attività lavorativa - Illegittimo collocamento in Cig - Mancanza di specificità dei criteri utilizzati per la redazione della graduatoria

 

Fatti di causa

 

1.1. Il Tribunale di Bolzano con sentenza n. 252/2013 accoglieva il ricorso proposto da S. P., dipendente della F. S.p.A. con mansioni di autista 3 livello super, inteso ad ottenere la declaratoria d'illegittimità del collocamento in cassa integrazione guadagni per il periodo dal 20/3/2010 al 28/2/2011 ed il risarcimento del danno corrispondente alla retribuzione globale di fatto dalla sospensione dell'attività lavorativa sino alla definitiva reintegrazione sul lavoro oltre interessi e rivalutazione monetaria, ciò per la mancanza di specificità nonché incoerenza, incongruità e per il carattere discriminatorio dei criteri utilizzati per la redazione della graduatoria ai fini della collocazione in cassa integrazione guadagni.

1.2. Con sentenza n. 36/2015 la Corte di appello di Trento, Sezione Distaccata di Bolzano, decidendo sull'impugnazione proposta dalla F. S.p.A., confermava la pronuncia di primo grado.

1.3. Riteneva la Corte territoriale che, pacifica essendo la mancata adozione del meccanismo della rotazione tra il personale per effetto dell'Accordo sottoscritto dalla società e dalle OO.SS. in data 2/2/2010, il criterio della "elevate professionalità" così come definito dal citato Accordo sindacale (e da valutarsi tenendo conto di sei subcriteri e cioè della conoscenza e rispetto del manuale dell'autista e delle disposizioni interne relative, e/o della conoscenza e del rispetto delle disposizioni del Codice della Strada e/o della conoscenza del territorio di riferimento e/o delle capacità comunicative e di comprensioni delle lingue abitualmente utilizzate nel contesto lavorativo dell'azienda - italiano e tedesco - e/o della conoscenza teorica del veicolo e/o la partecipazione ai corsi di formazione organizzati dalla società o terzi e la relativa valutazione) non fosse connotato da quel grado di specificità come definito da questa Corte in plurime decisioni tra cui Cass. n. 19618/2011 e Cass. n. 7720/2004 ed in grado di operare da solo la selezione dei soggetti da porre in cassa integrazione guadagni ma si sostanziasse in un criterio prettamente programmatico, integrante un mero indirizzo nella scelta di tali soggetti.

In particolare evidenziava che l'uso della coppia di congiunzioni, congiuntiva e disgiuntiva (e/o) lasciasse in concreto aperta una vastissima gamma di opzioni che potevano spaziare dalla valorizzazione di uno soltanto dei sei subcriteri a quella di tutti e sei cumulativamente, con le varie possibilità intermedie, liberamente individuabili e combinabili all'interno della serie.

Rilevava, inoltre, che di tali parametri ne fossero stati utilizzati soltanto sei e che quello concernente le "capacità comunicative e di comprensione" individuato nella conoscenza della lingua italiana e tedesca fosse discriminatorio in quanto tale conoscenza era stata desunta in via presuntiva dal mero dato della nazionalità dei lavoratori.

Riteneva, altresì, che nelle somme da attribuirsi al lavoratore in via risarcitoria dovesse essere ricompresa l'indennità di trasferta (in quanto parte integrante della retribuzione e quella di disagio (dovuta indipendentemente dall'effettiva presenza nel luogo di lavoro).

Escludeva che potesse essere detratto dal dovuto a titolo di risarcimento quanto percepito a titolo di integrazione salariale in quanto i titoli erano diversi, essendo l'integrazione corrisposta dall'INPS e non dal datore di lavoro e quindi rimborsabile da parte dei lavoratori allo stesso INPS.

2. Per la cassazione della sentenza ricorre la F. S.p.A. con sette motivi.

3. S. P. resiste con controricorso.

4. Non sono state depositate memorie.

 

Ragioni della decisione

 

1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione dell'art. 1 della I. n. 223/1991 lamentando che la Corte territoriale abbia erroneamente ritenuto inidoneo il criterio della "elevata professionalità" a soddisfare il requisito della specificità di cui al citato art. 1 della I. n. 223/1991. Sostiene che il criterio indicato fosse specifico in quanto ancorato alla professionalità necessaria per operare sui servizi di alta qualità e che la legge non imponga di comunicare anche le modalità di applicazione del criterio. Rileva che ex post il controllo fosse possibile attraverso la graduatoria e che l'alternatività degli indici di valutazione del criterio non precludesse la possibilità di un sindacato giudiziario sulla correttezza nella loro utilizzazione. Critica la sentenza impugnata per aver confuso i "criteri di scelta" con le "modalità di applicazione" degli stessi (la cui illustrazione ai sindacati è richiesta solo nella procedura di mobilità e solo a valle della stessa).

1.2. Il motivo è infondato.

E' assolutamente consolidato l'orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo il quale in tema di procedimento per la concessione della Cigs la verifica della specificità dei criteri di individuazione dei lavoratori da spostare e delle modalità della rotazione (anche ai fini dell'adeguatezza della comunicazione ex art. 1, comma 7, della I. n. 223 del 1991) deve essere condotta con valutazione in astratto ed ex ante, e non in concreto ed ex post, dovendo assolvere sia alla funzione di porre le associazioni sindacali in condizione di contrattare i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere sia a quella di assicurare al lavoratore la previa individuazione di tali criteri e la verificabilità dell'esercizio del potere del datore di lavoro (Cass. 15 ottobre 2018, n. 25737; Cass. 26 settembre 2011, n. 19618; Cass. 28 novembre 2008, n. 28464; Cass. 23 aprile 2004, n. 7720; Cass. Sez. U., 11 maggio 2000, n. 302).

E' stato anche affermato che il potere dell'imprenditore di scelta dei lavoratori da porre in cassa integrazione guadagni è soggetto - oltre che ai limiti esterni correlati al divieto di discriminazione di cui all'art. 15 legge n. 300 del 1970 ed ai principi di correttezza e buona fede - a limiti interni connessi all'osservanza dei criteri coerenti con la finalità dell'istituto della cassa integrazione, espressamente pattuiti con le organizzazioni sindacali, in relazione ai quali il criterio della professionalità adottato nella selezione deve riferirsi alla professionalità specifica dei lavoratori, legata alla realtà aziendale, e non a livelli professionali scelti in maniera discrezionale e o maggiore o minore rendimento professionale, costituenti dati generici ed opinabili (in tal senso Cass. 1° febbraio 1993, n. 1178).

La previa determinazione dei criteri per l'individuazione lavoratori da sospendere nonché le modalità della rotazione che come tali devono formare oggetto delle comunicazioni e dell'esame congiunto già previsto dall'art. 5 della legge 20 maggio 1975, n. 164 (norma poi abrogata dalla lett. f) del comma 1 dell'art. 46, d.lgs. 14 settembre 2015, n. 148, a decorrere dal 24 settembre 2015, ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell'art. 47 dello stesso d.lgs. n. 148/2015) è, dunque, una garanzia apprestata direttamente dalla legge (art. 1, co. 7, I. n. 223/1991) anche per i lavoratori non iscritti alle OO.SS. stipulanti (e per la verifica dell'esercizio del potere privato di scelta del datore di lavoro dei dipendenti da collocare in Cigs e delle modalità di rotazione degli stessi), pertanto la mera circostanza per cui il criterio in parola sia stato condiviso in sede di accordo sindacale (così, nella specie, in sede di accordo del 2 febbraio 2010) appare del tutto irrilevante (v. in tal senso, sulla medesima procedura, Cass. 16 aprile 2014, n. 8896).

Nello specifico la Corte territoriale ha osservato che il criterio individuato della "elevata professionalità" di cui all'accordo sindacale del 2 febbraio 2010 non avesse quel carattere di specificità richiesto dal citato orientamento giurisprudenziale non consentendo, stante la sua genericità, alcun controllo giudiziale sulla sua effettiva applicazione.

La motivazione appare quindi corretta e coerente con l'orientamento di legittimità sopra richiamato.

Peraltro la Corte di merito ha anche aggiunto che una connotazione in termini di specificità non potesse neppure ricavarsi dai successivi sei indici (o subcriteri) di cui alla nota a verbale dell'accordo suddetto atteso che si trattava di indici meramente programmatici come reso evidente dall'uso della coppia di congiunzioni, congiuntiva e disgiuntiva (e/o) tale da lasciare in concreto aperta una vastissima gamma di opzioni che potevano spaziare dalla valorizzazione di uno soltanto dei sei subcriteri a quella di tutti e sei cumulativamente, con le varie possibilità intermedie, liberamente individuabili e combinabili all'interno della serie. Anche gli indicati subcriteri (dei quali, peraltro, quello relativo alle capacità comunicative e di comprensione, declinato nel senso dell'attribuzione di un minor punteggio a chi non fosse di madrelingua tedesca o italiana - il che ne confermava la mancanza di specificità e determinatezza -, era risultato palesemente discriminatorio nei confronti dei lavoratori non nati in Italia e in Alto Adige) avrebbero solo potuto indirizzare nella scelta ma non certo operare da soli la selezione dei soggetti da porre in cassa integrazione (ad esempio non era dato sapere, al momento dell'accordo, se la conoscenza delle lingue si sarebbe potuta ricavare dal certificato di nascita ovvero da altro, se la conoscenza del codice della strada si sarebbe potuta desumere dal numero delle multe ovvero da altro, se la conoscenza del manuale dell'autista si sarebbe potuta ricavare dai danni riportati dal mezzo ovvero da altro).

Dalla motivazione della sentenza impugnata risulta chiaro che la ratio decidendi è costituita dalla statuita inidoneità dell'accordo sindacale del 2 febbraio 2010 ad individuare specificamente i criteri di indicazione dei lavoratori da sospendere nel caso di intervento straordinario di integrazione salariale.

Nel relativo percorso argomentativo il Giudice di appello si è attenuto all'indirizzo di questa Corte in ordine alla specificità dei criteri di scelta "che si tossono definire generali in quanto rivolti ad una collettività di lavoratori: specificità consistente nella idoneità dei medesimi ad operare la selezione e nel contempo a consentire la verifica della corrispondenza della scelta ai criteri" (Cass. n. 7720/2004 cit.). Tale caratteristica non è stata, nella specie, rinvenuta nel criterio della elevata professionalità che, evidentemente, può essere valutata secondo parametri diversi e variabili (in luogo del criterio della conoscenza delle lingue ben poteva essere applicato quello dello della partecipazione a corsi di formazione), con esiti diversi sulle possibili graduatorie risultanti in base all'applicazione degli stessi.

In ogni caso, l'apprezzamento del requisito della specificità - da condurre secondo i canoni ermeneutici applicabili agli accordi sindacale la cui violazione non è stata, nello specifico, neppure denunciata - è riservato al giudice di merito, la cui valutazione è sindacabile in cassazione solo mediante precisa censura, senza che sia consentito prospettare una lettura alternativa a quella svolta nella decisione impugnata.

2.1. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 43 del d.lgs. n. 286/1998 e dell'art. 2 del d.lgs. n. 215/2003 lamentando che la sentenza impugnata abbia ritenuto apoditticamente discriminatorio l'indice della "capacità comunicative e di comprensione (lingua)", sulla sola base del fatto che la qualifica di madrelingua in una data lingua venga presunta dal luogo di nascita. Rileva che erano stati i sindacati a rifiutare la proposta della F. di far ricorso a test linguistici per verificare la competenza dei lavoratori. Sostiene che nella specie lo stesso giudice di merito non avesse ritenuto il criterio della conoscenza delle lingue irragionevole il che escludeva che lo stesso potesse essere in sé discriminatorio vertendosi al più in un'ipotesi di applicazione potenzialemente discriminatoria di un criterio legittimo. Rileva che nessuno dei lavoratori ricorrenti avesse dedotto in particolare di parlare tedesco o italiano con la conseguenza che non si era verificata alcuna discriminazione.

2.2. Il motivo è inammissibile.

La censura riguarda un'argomentazione svolta dalla Corte territoriale ad abundantiam e come tale inidonea a determinare alcuna influenza sul dispositivo della decisione. Anche l'accoglimento nel motivo non porterebbe giammai all'accoglimento del ricorso posto che la Corte territoriale ha ritenuto illegittima la collocazione in Cigs innanzitutto per la genericità ed equivocità del criterio di scelta della "elevata professionalità" come osservato supra; sicché anche ammesso che l'indice in parola non sia  da considerarsi discriminatorio l'atto datoriale appare comunque illegittimo per le considerazioni già svolte.

3.1. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio relativo alla effettiva discrepanza tra il dato statistico assunto da F. per la redazione della graduatoria e la concreta diversa conoscenza linguistica da pare del ricorrente. Sostiene che il ricorrente non avesse mai allegato una conoscenza linguistica superiore a quella al medesimo attribuita sulla base di una presunzione di conoscenza della lingua in base al luogo di nascita riconosciuta illegittima.

3.2. Il motivo è inammissibile per quanto osservato al punto sub 2.2. che precede.

Anche ammesso che una conoscenza della lingua possa presuntivamente ricavarsi in ragione del luogo di nascita appare illegittimo l'atto datoriale per la genericità "a monte" del principale criterio di scelta e per l'inidoneità dei diversi subcriteri (variamente combinabili) a fornire elementi per una chiara individuazione ex ante dei lavoratori da spostare, ai fini della verificabilità dell'esercizio del potere del datore di lavoro.

4.1. Con il quarto motivo la ricorrente allega la violazione dell'art. 1 della I. n. 223/1991 in connessione con gli artt. 1218 e 1223 cod. civ., anche in relazione all'art. 112 cod. proc. civ., sulla quantificazione dell'ammontare da corrispondere nella subordinata ipotesi di ritenuta illegittimità della messa in Cigs dei lavoratori ed in particolare sullo scomputo di quanto dagli stessi percepito. Il danno risarcibile in quanto concretamente subito dai lavoratori doveva essere calcolato al netto di quanto percepito a titolo di integrazione.

1.2. Il motivo appare infondato alla luce dell'orientamento assolutamente consolidato di questa Corte già richiamato nella sentenza impugnata (Cass. 10 febbraio 2003, n. 1932; Cass. 22 febbraio 2003, n. 2760) e ribadito dalla citata Cass. n. 8896/2014 secondo il quale solo l'ente previdenziale è titolato a richiedere ai lavoratori la restituzione di quanto percepito a titolo di integrazione, non avendo alcun titolo il datore di lavoro ad operare un ipotetico conguaglio tra importi a credito e a debito dei lavoratori essendo lo stesso datore totalmente estraneo al rapporto di natura previdenziale. Si tratta di crediti tra loro completamente diversi, quello retributivo e quello previdenziale, tra i quali non possono operarsi compensazioni di sorta. Non vi è quindi alcun titolo per limitare il diritto alla retribuzione sussistente in conseguenza della dichiarazione di illegittimità della collocazione in cigs in relazione a quanto percepito a titolo previdenziale dai lavoratori come integrazione salariale, che semmai dovrà essere restituita all'INPS.

5.1. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio relativo al trattamento di cigs che l'INPS ha considerato come retribuzione anticipata da F. agli autisti come da verbale di accertamento notificato alla società con la conseguenza che l'Istituto non potrà chiedere all'autista la restituzione di quanto da questo percepito a titolo di cigs, avendo considerato il relativo importo quale retribuzione.

5.2. Il motivo è inammissibile.

Non risulta trascritto nel suo contenuto il verbale ispettivo cui si fa riferimento.

Inoltre si evince dalla sentenza impugnata che il verbale da cui, secondo la società appellante, si sarebbe dedotto che le somme già erogate ai lavoratori a titolo di integrazione guadagni dovevano essere considerate alla stregua di retribuzioni anticipate (e dal quale sarebbe stata anche tratta la necessità di chiamare in causa l'INPS) non riguardava la posizione del ricorrente.

6.1. Con il sesto motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della I. n. 223/1991, art. 1, in connessione con gli artt. 1223 cod. civ., anche in relazione all'art. 112 cod. proc. civ., sulla quantificazione dell'ammontare da corrispondere nella subordinata ipotesi di ritenuta illegittimità della messa in cigs dei lavoratori ed in particolare in relazione alle somme afferenti le indennità di trasferta che non avrebbero avuto carattere retributivo bensì natura indennitaria essendo intese a compensare il lavoratore di specifici disagi subiti.

6.2. Il motivo è infondato.

L'assunto della natura non retributiva della indennità di trasferta non è supportato da argomentazioni idonee ad inficiare la opposta affermazione del giudice di appello argomentata con riguardo sia alle concrete modalità di espletamento della prestazione sia, quanto alla indennità di trasferta, con riguardo alle previsioni collettive disciplinanti la corresponsione dell'emolumento in oggetto. Parte ricorrente nulla, infatti, deduce a confutazione della considerazione della configurazione che assume la indennità di trasferta in caso di personale itinerante né, tanto meno, contrasta, se non in termini apodittici, l'ulteriore argomentazione, di rilievo dirimente, tratta dalla previsione del contratto collettivo - art. 6 parte speciale - secondo la quale la indennità di trasferta ha natura restitutoria nella misura fissata dalle parti - per cui, in assenza di pattuizione individuale o aziendale, essendo tale indennità commisurata al tempo, la stessa assume natura retributiva.

7.1. Con il settimo motivo il ricorrente denuncia omesso esame dell'istanza di F. di chiamata in causa dell'INPS.

7.2. Il motivo è infondato.

Non vi è stato alcun omesso esame avendo la Corte territoriale respinto il rilievo della società appellante relativa al diniego della chiamata in causa da parte del giudice di primo grado sia rilevando che l'autorizzazione alla chiamata in causa era rimessa alla discrezionalità del giudice che non poteva essere sindacata in sede di appello sia comunque evidenziando che il verbale ispettivo da quale traeva origine la necessità/opportunità di chiamare in causa l'INPS non riguardava la posizione del ricorrente.

8. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.

9. Le spese del presente giudizio, liquidate nella misura di cui al dispositivo, seguono la soccombenza.

10. Va dato atto dell'applicabilità dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, co. 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese delle spese del presente giudizio che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge e rimborso forfetario in misura del 15% da corrispondersi agli avv.ti E.L. e D.R., anticipatari.

Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà  atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.