Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 18 maggio 2018, n. 12290

Tributi - IVA - Imposta di registro - Immobile strumentale - Compravendita - Defunto - Eredità

 

Esposizione dei fatti di causa

 

1. R.S. impugnava l'avviso di liquidazione dell'imposta suppletiva di registro relativa all'atto di compravendita registrato il 19 giugno 2008 con cui gli eredi con beneficio d'inventario di S.F., tra i quali la ricorrente, avevano venduto un immobile strumentale facente parte dell'azienda rientrante nel compendio ereditario del defunto. Le parti avevano assoggettato tale cessione ad Iva e l'ufficio del registro aveva emesso l'atto impositivo ritenendo che l'atto dovesse essere assoggettato ad imposta di registro. La commissione tributaria provinciale di Latina respingeva il ricorso con sentenza che era confermata dalla commissione tributaria regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, sul rilievo che la vendita dell'immobile non era avvenuta nell'ambito di un'attività liquidatoria dell'impresa avente ad oggetto la cessione dei singoli beni aziendali ma era avvenuta nell'ambito della procedura di liquidazione prevista dall'articolo 499 cod. civ., ove la posizione dell'erede che effettua la liquidazione dell'eredità beneficiata è incompatibile con il suo subentro nei rapporti patrimoniali del de cuius e con una prosecuzione dell'attività di impresa, posto che l'effetto del beneficio d'inventario consiste nel tenere distinto il patrimonio del defunto da quello dell'erede.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione S.R. affidato a due motivi illustrati con memoria. L'agenzia delle entrate si è costituito in giudizio con controricorso.

3. Con il primo motivo la ricorrente chiede di avvalersi del giudicato favorevole ottenuto dai coeredi coobbligati, ai sensi dell'articolo 1306 cod. civ.. Ciò in quanto i coobbligati solidali, partecipanti alla vendita del 12 giugno 2008, registrata il 19 giugno 2008, hanno conseguito un giudicato favorevole in forza della sentenza numero 4124/39/14 depositata il 19 giugno 2014 e passata in giudicato con la quale la commissione tributaria regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, ha annullato l'avviso di liquidazione dell'imposta suppletiva, riconoscendo l'assoggettamento ad imposizione Iva delle cessioni a terzi dei beni aziendali effettuate dagli eredi in quanto assimilati alle ordinarie operazioni di vendita effettuate nell'esercizio dell'impresa.

4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., in relazione agli articoli uno e 35 bis, comma 2, del d.p.r. 633/72 e 490 cod. civ.. Sostiene che la norma di cui all'articolo 35 bis del d.p.r. 633/72, al secondo comma, estende la disciplina dell'Iva anche alle operazioni effettuate dagli eredi per la liquidazione dell'azienda, senza distinzione tra eredi puri e semplici ed eredi beneficiati.

 

Esposizione delle ragioni della decisione

 

1. Osserva la Corte che il ricorso è inammissibile.

L'agenzia delle entrate ha eccepito che la ricorrente ha proposto ricorso per revocazione avverso la sentenza della CTR che costituisce oggetto di questo ricorso ed ha prodotto copia del medesimo atto da cui risulta che esso è stato ricevuto dall'agenzia stessa il 13.10.2015.

Ora, la Corte di legittimità ha già affermato il principio, al quale questo collegio intende dare continuità, secondo cui la notificazione della citazione per la revocazione di una sentenza di appello equivale (sia per la parte notificante che per la parte destinataria) alla notificazione della sentenza stessa ai fini della decorrenza del termine breve per proporre ricorso per cassazione, onde la tempestività del successivo ricorso per cassazione va accertata non soltanto con riguardo al termine di un anno dal deposito della pronuncia impugnata, ma anche con riferimento a quello di sessanta giorni dalla notificazione della citazione per revocazione, a meno che il giudice della revocazione, a seguito di istanza di parte, abbia sospeso il termine per ricorrere per cassazione, ai sensi dell'art. 398, quarto comma, cod. proc. civ. (Cass. n. 23572 del 08/10/2015; Cass. n. 14267 del 19/06/2007; Cass. n. 1196 del 20/01/2006).

Nel caso di specie la ricorrente non ha provato che il giudice investito della revocazione abbia sospeso il termine per proporre ricorso per cassazione ed ha notificato il ricorso per cassazione in data 1.3.2016, oltre il termine di 60 giorni, previsto dall'art. 325 cod. proc. civ. decorrenti dal 13.10.2015, data di avvenuta conoscenza legale della sentenza.

Le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è respinto, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto l’art. 13, comma 1 quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.

 

P.Q.M.

 

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente a rifondere all'Agenzia delle Entrate le spese processuali che liquida in complessivi euro 7.000,00, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.