IVA indetraibile nelle frodi carosello: è sufficiente la conoscibilità del reato

La detrazione IVA non è riconosciuta qualora l’operazione di acquisto sia correlata ad una cd. "frode carosello" e il cessionario, pur essendo estraneo alle condotte evasive, sia colpevole in relazione alla mera conoscibilità del reato, ossia la possibilità di averne consapevolezza mediante l'impiego della specifica diligenza professionale richiesta all'operatore economico (Corte di Cassazione - Ordinanza 30 maggio 2018, n. 13545)

Nella controversia posta all’esame della Corte di Cassazione, riguardante il recupero dell’IVA su operazioni di acquisto da un’azienda cd. "cartiera", i giudici tributari hanno disposto l’annullamento dell’avviso di accertamento ritenendo che l’Amministrazione finanziaria, con le prove indiziarie fornite, non avesse assolto all’onere di prova.
Su ricorso dell’Agenzia delle Entrate, invece, la Corte Suprema ha riformato la decisione dei giudici tributari, affermando che in tema di onere della prova, qualora l'Amministrazione finanziaria contesti la cd. "frode carosello", ha l’onere di provare, anche tramite presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, gli elementi di fatto attinenti al cedente (la sua natura di "cartiera", l'inesistenza di una struttura autonoma operativa, il mancato pagamento dell'I.V.A.) e la connivenza da parte del cessionario. A tal fine il Fisco deve indicare gli elementi oggettivi che, tenuto conto delle concrete circostanze, avrebbero dovuto indurre un normale operatore a sospettare dell'irregolarità delle operazioni.
Il contribuente che ha portato in detrazione l'IVA, invece, ha l’onere di provare di aver concluso realmente l'operazione con il cedente o di essersi trovato nella situazione di oggettiva impossibilità, nonostante l'impiego della dovuta diligenza, di abbandonare lo stato d'ignoranza sul carattere fraudolento delle operazioni. A tal fine, non è sufficiente la mera regolarità della documentazione contabile e la dimostrazione che la merce sia stata consegnata o il corrispettivo effettivamente pagato, che devono ritenersi circostanze non concludenti.
Di conseguenza, precisano i giudici della Suprema Corte, costituisce ostacolo alla detrazione dell’IVA da parte del cessionario, non soltanto la prova del suo coinvolgimento nella frode fiscale, ma anche quella della mera conoscibilità dell'inserimento dell'operazione in un fenomeno criminoso, volto all'evasione fiscale. Tale condizione è rilevabile quando il cessionario, pur essendo estraneo alle condotte evasive, ne avrebbe potuto acquisire consapevolezza mediante l'impiego della specifica diligenza professionale richiesta all'operatore economico, avuto riguardo alle concrete modalità e alle condizioni di tempo e di luogo in cui si sono svolti i rapporti commerciali, mentre non occorre anche il conseguimento di un effettivo vantaggio.
Nella fattispecie, gli elementi indiziari del sistema fraudolento, a giudizio della Suprema Corte, potevano essere valutati dal contribuente in relazione alla natura dei beni oggetto delle cessioni (animali vivi, il cui commercio è soggetto particolari prescrizioni riguardanti le condizioni di allevamento e specificamente sanitarie), alla frequente sostituzione del titolare dell’impresa con altro soggetto, all’età avanzata del titolare poco credibile quale agente economico effettivo.
In conclusione, laddove sulla base degli elementi indiziari sia possibile ipotizzare la conoscibilità della situazione di fatto (frode carosello) da parte del cessionario, la circostanza che quest’ultimo non abbia conseguito un effettivo vantaggio diviene irrilevante, con il conseguente recupero dell’IVA che si considera indetraibile.