Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 13 luglio 2018, n. 18705

Tributi - Contenzioso tributario - Procedimento - Giudizio di legittimità - Definizione agevolata delle liti pendenti - Mancata rinuncia da parte dell'agenzia ricorrente - Omesso deposito della documentazione ex art. 39, co. 12, del D.L. n. 98 del 2011 - Estinzione - Esclusione

 

Rilevato che

 

1. l'Agenzia delle Entrate ricorre con quattro motivi contro F. A. per la cassazione della sentenza n.26/22/09 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, sez. 22, depositata il 6/2/2009 e non notificata, che ha accolto l'appello del contribuente, in controversia concernente l'impugnativa degli avvisi di accertamento emessi a seguito di accertamento sintetico del maggior reddito ai fini Irpef, ex art. 38 comma 4, D.P.R. n.600/73, per gli anni 1998 e 1999;

2. con la sentenza impugnata, la C.T.R. del Lazio riteneva che l'incremento patrimoniale realizzatosi nel 1999 con l'acquisto da parte del contribuente di un fondo per 320.000.000 di vecchie lire, a fronte di un reddito dichiarato per lo stesso anno di 1.327.000 di lire e della mancata risposta al questionario, non costituisse un elemento sufficiente per procedere all'accertamento sintetico del maggior reddito ai sensi dell'art.38, comma 4, D.P.R. n.600/73;

3. a seguito del ricorso dell'Agenzia delle Entrate, il contribuente si costituisce, resistendo con controricorso;

4. il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 21/12/2016, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n. 168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n.197;

5. il contribuente ha presentato memoria, con cui dichiarava l'avvenuta adesione alla sanatoria di cui all'art.39, comma 12, D.L. n.98/2011, convertito dalla legge n.111/2011, ed ha chiesto dichiararsi cessata la materia del contendere, con conseguente cassazione della sentenza impugnata;

6. il ricorso è stato nuovamente fissato per la camera di consiglio del 17 maggio 2018, con richiesta di chiarimenti all'Amministrazione sull'esito della sanatoria;

 

Considerato che

 

1.1. Preliminarmente va esaminata la questione relativa alla definizione della sanatoria da parte del contribuente;

l'art.39 comma 12 D.L. n.98/2011, convertito dalla legge n.111/2011, ai fini della definizione della lite, richiede il deposito dell'attestazione di regolarità della domanda di condono e del pagamento integrale di quanto dovuto;

in assenza della comunicazione degli uffici, attestante la regolarità della domanda di definizione ed il pagamento integrale di quanto dovuto, ed in mancanza della dichiarazione di parte ricorrente (nel caso di specie l'Agenzia delle Entrate) di rinunzia al ricorso non può essere dichiarata la cessazione della controversia;

passando all'esame del primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 34 T.u.i.r.e 38, comma 4, D.P.R. n.600/73, in relazione all'art.360, comma 1, n.3 , c.p.c.;

in sintesi, la ricorrente pone il quesito se sia erronea l'interpretazione delle norme suindicate da parte del giudice di appello, che ha annullato l'avviso di accertamento dell'Ufficio sul presupposto che in materia di redditi fondiari il coltivatore diretto sia tenuto a dichiarare esclusivamente l'imponibile determinato sulle tariffe d'estimo del fondo, senza possibilità per l'Amministrazione di procedere all'accertamento sintetico del reddito;

con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt.38, comma 4, e 42 D.P.R. n.600/73, 2697 e 2727 c.c. in relazione all'art.360, comma 1, n.3 , c.p.c.;

la ricorrente Agenzia pone il quesito se, a fronte dell'accertamento sintetico effettuato dall'Ufficio ai sensi dell'art.38, comma 4, D.P.R. n.600/73, spettasse al contribuente dimostrare che i redditi percepiti grazie all'attività agricola erano sufficienti all'acquisto del fondo o che tale acquisto era avvenuto con l'impiego di redditi non tassabili o separatamente tassati;

con il terzo motivo, la ricorrente denuncia la violazione degli artt.112 e 115 c.p.c.,. in relazione all'art.360, comma l, n.4 , c.p.c., ponendo il quesito se il giudice di appello poteva porre a base del proprio convincimento circostanze (quali la presenza di sovvenzioni all'agricoltura) mai allegate dalle parti e costituenti scienza privata del giudice;

con il quarto motivo, la ricorrente denuncia l'insufficienza della motivazione in ordine ad un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell'art.360, comma 1, n.5 c.p.c., relativamente all'esame delle circostanze da cui il giudice di appello ha tratto la convinzione della sussistenza di elementi giustificativi dell'incongruenza tra il reddito dichiarato dal contribuente e il prezzo di acquisto del fondo;

1.2. i motivi possono essere esaminati congiuntamente, sono complessivamente fondati e vanno accolti;

1.3. ed invero, "ai sensi dell'art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e del d.m. 21 luglio 1983, l'Amministrazione delle finanze può legittimamente procedere con metodo sintetico alla rettifica della dichiarazione dei redditi di un coltivatore diretto, comprensiva soltanto del reddito agrario e dominicale - determinati in base agli estimi catastali - del fondo da lui condotto, quando da elementi estranei alla configurazione reddituale prospettata dal contribuente (consistenti negli indici di spesa più vari e, nella specie, dall'acquisto di beni immobili), si possa fondatamente presumere che ulteriori redditi concorrano a formare l'imponibile complessivo, incombendo, in tal caso, al contribuente, a norma del comma sesto dell'art. 38 cit., l'onere di dedurre e provare che i redditi effettivi frutto della sua attività agricola sono sufficienti a giustificare il suo tenore di vita, ovvero che egli possiede altre fonti di reddito non tassabili o separatamente tassate" (Cass. sent. n. 19557/14);

secondo il principio enunciato dalla Corte, la circostanza che il contribuente sia un coltivatore diretto e che il reddito agrario, ai sensi dell'art. 34 t.u.i.r., venga determinato mediante l'applicazione delle tariffe d'estimo, non preclude all'Amministrazione la possibilità di procedere all'accertamento sintetico, ex art.38, comma 4, D.P.R. n.600/73, nel caso in cui vi siano indici di una maggiore capacità contributiva;

in tal caso l'onere della prova si sposta sul contribuente, che è tenuto a dimostrare che i redditi effettivi, frutto della sua attività agricola, sono sufficienti a giustificare il suo tenore di vita, ovvero che egli possiede altre fonti di reddito non tassabili o separatamente tassate;

nel caso di specie, a fronte dell'accertamento sintetico effettuato dall'Amministrazione, per l'evidente incongruenza tra il reddito annuale dichiarato dal contribuente (zero lire per il 1999 e 1.327.000 lire per il 1998) ed il prezzo pagato per l'acquisto del fondo (320.000.000 di lire per la compravendita stipulata il 27/7/1999), la C.T.R. del Lazio non ha adeguatamente motivato in ordine alla sussistenza di elementi giustificativi di tale incongruenza;

in particolare, come rilevato dall'agenzia ricorrente, il giudice di appello ha ritenuto che il contribuente disponesse dei risparmi di quarant'anni di attività agricola e di sovvenzioni, senza indicare alcun supporto probatorio a quanto affermato, anzi facendo riferimento ad elementi (le sovvenzioni) mai dedotti dalle parti;

per quanto fin qui osservato, il ricorso va accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione, affinchè, in applicazione dei principi di diritto sopra richiamati, proceda ad un nuovo esame del merito, adeguatamente motivando in ordine alla sussistenza di elementi giustificativi, idonei ad inficiare l'accertamento sintetico dell'amministrazione, decidendo anche sulle spese del giudizio di legittimità;

 

P.Q.M.

 

In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.