Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 05 aprile 2017, n. 8824

Prestazioni assistenziali - Indennità di accompagnamento - Spettanza - Domanda amministrativa

 

Fatti di causa

 

La Corte d'appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, ha riconosciuto, all'esito di una nuova CTU, il diritto di G.B. all'indennità di accompagnamento a decorrere dalla domanda amministrativa ed ha condannato l'Inps a corrisponderla nonché a pagare Euro 1.800,00 per spese processuali dei due gradi di giudizio.

Ricorre la B. con un unico motivo relativo alla liquidazione delle spese. L'Inps ha rilasciato procura in calce al ricorso notificato.

Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

 

In diritto

 

Devono, in primo luogo escludersi i profili di inammissibilità per difetto di autosufficienza denunciati dalla Procura Generale atteso che la ricorrente ha depositato unitamente al ricorso la nota spesa già prodotta nel corso dei giudizi di merito.

La B. denuncia, con un unico motivo, violazione dell'art. 60, comma 9, RDL n. 1578/1933 in combinato disposto con l'art. 4 della L. n. 794/1942.

Censura la quantificazione delle spese processuali determinata dalla Corte d'appello in complessivi Euro 1.800,00 per entrambi i giudizi in violazione dei minimi tariffari e senza alcuna congrua motivazione per la liquidazione al di sotto dei minimi.

Il ricorso va accolto nei limiti che seguono.

La ricorrente ha esposto che all'udienza di discussione davanti alla Corte d'appello aveva depositato la nota spese relativa ai due giudizi richiedendo quanto al primo grado Euro 1.014,00 per diritti ed Euro 1.300,00 per onorari e quanto al secondo grado Euro 1.021,00 per diritti ed Euro 2000,00 per onorari così come risultante dalle due note che rideposita davanti a questa Corte ai fini dell'autosufficienza del ricorso. Ciò premesso deve rilevarsi in primo luogo che nella liquidazione delle spese processuali la Corte territoriale era tenuta ad osservare i minimi tariffari e l'inosservanza degli stessi, senza peraltro alcuna motivazione a riguardo, si pone in contrasto con il principio della inderogabilità dei minimi edittali sancita dalla L. 13 giugno 1942, art. 24 (in tal senso, Cass. ord. 11 aprile 2014 n. 8517; v. pure sul valore della causa, Cass. 26 febbraio 2014 n. 4590).

Sotto tale profilo la ricorrente ha esposto che anche a voler ritenere che il giudice d'appello avesse potuto ridurre i minimi previsti dalle tariffe per gli onorari non sarebbe potuto scendere al di sotto di Euro 392,50 per gli onorari di primo grado e di Euro 557,50 per quelli di secondo grado, risultando pertanto palese la violazione dei minimi tariffari.

Deve, altresì, rilevarsi che in tema di liquidazione delle spese processuali, il giudice, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l'onere di dare adeguata motivazione dell'eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l'accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe, in relazione all'inderogabilità dei relativi minimi, a norma dell'art. 24 della legge n. 794 del 1942, (cfr Cass 20604/2015).

La quantificazione delle spese processuali operata dalla Corte territoriale risulta, pertanto, censurabile poiché la Corte ha proceduto ad una quantificazione complessiva delle spese processuali senza specificare le eventuali voci ritenute non dovute e senza neppure indicare lo scaglione ritenuto applicabile.

Deve tuttavia rilevarsi che dall'esame della redazione della nota spesa depositata in atti risulta applicato uno scaglione superiore in quanto trattandosi di prestazione assistenziale, il valore della causa ai fini delle spese del giudizio deve essere effettuato con il criterio previsto dall'art. 13, primo comma, cpc per le cause relative a prestazioni alimentari e dunque in base all'ammontare delle somme dovute per due anni (cfr in tal senso SSUU n. 10454/2015).

Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere accolto nei limiti sopra precisati con conseguente cassazione della sentenza impugnata.

La causa può, tuttavia, essere decisa nel merito non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto potendosi provvedere alla rideterminazione delle spese processuali dei due gradi di giudizio nei termini di cui in dispositivo ed in applicazione dello scaglione corretto.

Il parziale accoglimento del ricorso giustifica la condanna dell'Inps a pagare 2/3 delle spese presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito determina in Euro 887,00 i diritti ed Euro 570,00 gli onorari, oltre spese generali al 12% ed accessori di legge, per il giudizio di Tribunale; nonché Euro 878,00 per diritti ed Euro 930,00 per onorari,oltre spese generali al 12% ed accessori di legge per il giudizio d'appello.

Condanna l'Inps a pagare 2/3 delle spese del presente giudizio liquidate per questa parte in Euro 780,00 per compensi professionali oltre 15% per spese generali ed accessori di legge nonché Euro 50,00 per esborsi.