Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 novembre 2016, n. 23161

Lavoro - Sostituzione maternità - Mansioni superiori - Differenze retributive

 

Svolgimento del processo

 

1. La Corte di appello di Salerno, con sentenza n. 440/2010, in accoglimento dell'appello proposto dall’Università degli Studi di Salerno, rigettava a domanda proposta da I.S. che aveva agito per il riconoscimento del diritto a percepire le differenze retributive tra la categoria contrattuale D2 e quella di inquadramento (C6) per il periodo 10.11.2004 - 3.11.2005.

2. Il dipendente aveva dedotto di avere pienamente svolto in detto periodo funzioni di segretario amministrativo cat. D/2 del dipartimento di fisica, in sostituzione della dott.ssa F.C., assente per maternità, che lo aveva designato quale sostituto ai sensi dell'art. 92, secondo comma, del Regolamento di Ateneo di amministrazione e contabilità e finanza.

3. Osservava la Corte di appello che il diritto alle differenze retributive può essere riconosciuto solo se le mansioni superiori corrispondono ad un posto vacante in pianta organica, ma non quanto si tratta di sostituire il titolare avente diritto alla conservazione del posto di lavoro. Nel caso di specie, la nota del 24.7.2001, a firma del segretario amministrativo dott.ssa C. e del direttore del dipartimento, evidenziava la designazione del ricorrente quale sostituto in posizione di vicarietà, ai sensi dell'art. 92 del Regolamento di Ateneo, con il conferimento di incombenze ulteriori rispetto a quelle normalmente svolte, ma comunque tutte rientranti nel profilo di inquadramento. Si era trattato, dunque, di una sostituzione vicaria per assenza temporanea del titolare della posizione funzionale superiore.

4. Per la cassazione di tale sentenza ricorre I.S. con tre motivi. Resiste con controricorso l'Università degli studi di Salerno.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 53 d.lgs. n. 165/01 e dell'art. 36 Cost. per avere la Corte di appello ignorato la sentenza delle S.U. n. 25837/2007, la quale, a componimento di un contrasto giurisprudenziale, ha affermato che all'impiegato cui sono assegnate, addirittura al di fuori dei casi consentiti, mansioni superiori ha diritto, conformemente alla giurisprudenza della Corte costituzionale, ad una retribuzione proporzionata e sufficiente ai sensi dell'art. 36 Cost. e ciò anche qualora la sostituzione riguardi un dipendente assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro.

2. Con il secondo motivo ci si duole della violazione e falsa applicazione dell'art. 52 d.lgs. n. 165/01 e dell'art. 92, secondo comma, del Regolamento di Ateneo di amministrazione, contabilità e finanza dell'Università degli Studi di Salerno. In particolare, il ricorrente era stato designato, con formale atto di nomina, quale sostituto della dott.ssa C., così come previsto dall'art. 92 del Regolamento citato.

3. Il terzo motivo denuncia vizio di motivazione (art. 360 n. 5 c.p.c.) per avere la sentenza ritenuto che con la citata nota del 24.7.2001 sarebbe stata conferita una posizione vicaria, con attribuzione di incombenze ulteriori rispetto a quelle normalmente svolte, ma rientranti comunque tutte nelle mansioni esercita bili dal ricorrente in forza del proprio inquadramento. L'affermazione, contenuta nella sentenza, secondo cui l'assunzione temporanea di funzioni superiori rientrava nella qualifica rivestita da ricorrente era priva di riscontro nel CCNL Università, tant'è che nessuna norma era stata menzionata a suo supporto. La posizione rivestita comporta l'esercizio di attività di collaboratore contabile, mentre la sostituzione in questione riguardava lo svolgimento di funzioni di capo ufficio, proprie della posizione D/2, con assunzione piena della relativa responsabilità. Peraltro, la sostituzione vicaria che non dà luogo a differenze retributive è propriamente quella che deve essere limitata nel tempo (ad esempio 90 gg nel parastato) con diritto alla retribuzione in caso di superamento di tale limite.

4. Il ricorso è fondato per quanto di ragione.

5. Il D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 56, ora D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 52, pur nelle varie formulazioni susseguitesi nel tempo, recependo una costante norma del pubblico impiego, esclude che dallo svolgimento delle mansioni superiori possa conseguire l'automatica attribuzione della qualifica superiore. Quanto invece al divieto di corresponsione della retribuzione corrispondente alle mansioni superiori, previsto dall'indicato art. 56, comma 6 nella sua originaria formulazione (D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29), trattasi di disposizione soppressa dal D.Lgs. n. 387 del 1998, art. 15, con efficacia retroattiva; la portata retroattiva della disposizione risulta conforme alla giurisprudenza della Corte Costituzionale, che ha ritenuto l'applicabilità anche nel pubblico impiego dell'art. 36 Cost., nella parte in cui attribuisce al lavoratore il diritto a una retribuzione proporzionale alla quantità e qualità del lavoro prestato, nonché alla conseguente intenzione del legislatore di rimuovere con la disposizione correttiva una norma in contrasto con i principi costituzionali (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 91/2004, 18286/2006; 9130/2007; da ultimo, Cass. n. 12193 del 2011).

5.1. Tanto premesso, occorre pure rilevare che il comma 2 dell'art. 52 prevede la possibilità di assegnare il prestatore di lavoro a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore, in caso di obiettive esigenze di servizio, nelle ipotesi che sussista la vacanza del posto in organico o la necessità di sostituire un dipendente assente con diritto alla conservazione del posto. Il comma 5 qualifica come nulla l'assegnazione alle mansioni superiori al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, ma riconosce al lavoratore il diritto al trattamento economico della qualifica superiore, salva l'eventuale responsabilità per il relativo onere economico del dirigente che abbia disposto l'assegnazione, in caso di dolo o colpa grave.

5.2. A seguito di S.U. n. 25837/2007, questa Corte ha costantemente affermato che lo svolgimento di fatto di mansioni proprie di una qualifica - anche non immediatamente - superiore a quella di inquadramento formale comporta in ogni caso, in forza del disposto dell’art. 52, comma 5, d.lgs. del 30 marzo 2001, n. 165, il diritto alla retribuzione propria di detta qualifica superiore - e tale diritto non è condizionato alla sussistenza dei presupposti di legittimità di assegnazione delle mansioni o alle previsioni dei contratti collettivi, né all'operativa del nuovo sistema di classificazione del personale introdotto dalla contrattazione collettiva, posto che una diversa interpretazione sarebbe contraria all'intento del legislatore di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all'art. 36 Cost. (tra le più recenti, Cass. n. 18808/2013; v. pure Cass. n. 796/2014).

5.3. E' dunque priva di fondamento l'affermazione, contenuta nella sentenza impugnata e contestata con il primo motivo di ricorso, secondo cui l'impiegato cui sono state assegnate mansioni superiori ha diritto al corrispondente trattamento retributivo solo nell'ipotesi di copertura temporanea di un posto vacante in organico ed invece tale trattamento non spetterebbe in caso di sostituzione di personale assente avente diritto alla conservazione del posto di lavoro (nel caso in esame, una dipendente inquadrata in posizione D/2 assente per maternità).

6. Quanto ai restanti motivi, occorre premettere che, ove il Regolamento di Ateneo (il cui art. 92 non è riprodotto in ricorso) contenesse disposizioni contrarie a quella legale sopra esaminata, lo stesso dovrebbe essere disapplicato.

Difatti, la domanda diretta al riconoscimento del diritto alle differenze retributive, spettanti per il dedotto espletamento di mansioni proprie di una posizione superiore a quella attribuita, ha ad oggetto una posizione di diritto soggettivo perfetto, la cui fonte consiste in un atto di gestione del rapporto di lavoro, sì che al giudice investito della cognizione della causa è attribuito il potere di disapplicare gli eventuali atti amministrativi presupposti illegittimi, incidenti sulle posizioni di diritto soggettivo derivanti dal rapporto lavorativo (cfr. Cass. S.U. n. 15427 del 2014).

7. La sentenza impugnata afferma pure che la sostituzione sarebbe avvenuta in posizione di vicarietà (situazione che presuppone l'investitura del titolare dell'ufficio e la sua assenza temporanea, diversamente dalla reggenza, che è relativa all'ufficio privo di titolare per vacanza del posto). Se è vero che talune posizioni organizzative includono, tra le mansioni proprie della qualifica, compiti di sostituzione di dipendenti di grado più elevato (così le ex qualifiche VIII e IX ad esaurimento che includono le funzioni vicarie del dirigente), non risulta che la Corte di appello abbia condotto alcun accertamento con riguardo ai contenuti professionali della qualifica rivestita dal ricorrente, confondendo tale verifica con quella - irrilevante ai fini suddetti - delle mansioni in concreto svolte dal dipendente.

8. La verifica del contenuto delle mansioni svolte in concreto rileva invece, ai fini dell'integrazione dei presupposti di cui all'art. 52, terzo comma, d.lgs. n. 165 del 2001, secondo cui si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del medesimo articolo, soltanto l'attribuzione "in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni".

9. La sentenza va dunque cassata con rinvio per i suddetti accertamenti, mancati nella specie, e in applicazione dei principi di diritto di cui ai punti sub 5.

10. Si designa, quale giudice di rinvio, la Corte di appello di appello di Napoli, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Napoli, anche per le spese.