Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 19 luglio 2017, n. 17767

Lavori di pubblica utilità - Trattamento previsto dalla CCNL di settore - Svolgimento di mansioni impiegatizie

 

Rilevato

 

che con sentenza n. 184, in data 26 gennaio 2011, la Corte di Appello di Roma ha riformato la sentenza del Tribunale di Tivoli n. 1072 del 2006, condannando il Comune di Tivoli a pagare a S. M. la somma di euro 15.586,61, oltre interessi legali dalla maturazione di ciascun credito al saldo, nonché le spese di causa come liquidate; che il S. aveva agito in giudizio deducendo di aver lavorato per il Comune di Tivoli dal 5 agosto 1998 al 5 agosto 1999 in virtù di contratto per "Lavori di pubblica utilità", e di aver continuato a lavorare alla scadenza e fino al 19 novembre 2000, in assenza di regolare contratto presso gli Uffici relazioni con il pubblico, e di avere diritto per tale secondo periodo al trattamento retributivo del 4° livello CCNL enti locali (differenze retributive, 13ma, ferie, festività lavorate, straordinari e TFR per euro 15.586,61), chiedendo la relativa condanna dell'Amministrazione;

che avverso tale sentenza di appello ha proposto ricorso affidato a due motivi il Comune di Tivoli, al quale ha opposto difese il lavoratore con controricorso;

che il P.G. in data 13 marzo 2017 ha richiesto l'accoglimento del ricorso;

che è stata depositata memoria dal Comune di Tivoli.

 

Considerato

 

che con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell'art. 1 del d.lgs. n. 280 del 1997 e la falsa applicazione dell'art. 36 Cost. e dell'art. 2126 cod. civ., atteso che il superamento del limite temporale, attraverso proroghe disposte dell'ente promotore del progetto e utilizzatore finale della prestazione lavorativa, avrebbe potuto determinare solo un diverso riparto dell'onere finanziario, a carico del tutto del Comune di Tivoli, ma non l'applicazione del trattamento retributivo previsto dalla CCNL di settore, ai sensi dell'art. 2126 cod. civ.

che con il secondo motivo di ricorso è dedotta insufficiente e inesistente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, non avendo la Corte d'Appello tenuto presente che il  lavoratore non aveva provato di aver prestato un lavoro diverso e ulteriore rispetto a quello oggetto del lavoro di pubblica utilità, avendo il semplicemente sostenuto di essere stato impiegato in servizi ed orari diversi rispetto a quanto previsto dal progetto di recupero dell'anfiteatro di Bleso;

che i motivi devono essere trattati insieme in ragione della loro connessione;

che ritiene il Collegio gli stessi devono essere rigettati; che l'Amministrazione non ha censurato adeguatamente la statuizione della Corte d'Appello sulla mancata contestazione delle modalità lavorative dedotte dal S. nel ricorso circa l'espletamento di mansioni impiegatizie d'ordine e gli orari (10/14 da lunedì a venerdì; e martedì e giovedì anche dalle 15 alle 18; nei mesi estivi, oltre alle 20 ore settimanali, nei fine settimana dalle 18,00 alle 01), limitandosi a dedurre il mancato assolvimento dell'onere della prova, onere della prova che, tuttavia, come si è detto, la Corte d'Appello ha ritenuto implicitamente assorbito dalla mancata contestazione da parte dell'Amministrazione;

che trovano applicazione i principi già enunciati da questa Corte in relazione ad analoghe fattispecie (Cass., n. 14195, n. 13596 e n. 13472 del 2016):

- in tema di occupazione in lavori socialmente utili o di lavori per pubblica utilità, per le prestazioni, che, per contenuto, orario e impegno, si discostino da quelle dovute in base ai programma cui si riferisce il contratto per LSU o LPU originario e che vengano rese in contrasto con norme poste a tutela del lavoratore, trova applicazione la disciplina sul diritto alla retribuzione, in relazione al lavoro effettivamente svolto, prevista dall'art. 2126 cod. civ., senza possano nutrirsi dubbi sulla applicabilità di tale disciplina nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni, assoggettate al regime del lavoro pubblico contrattualizzato;

- in base all'univoco significato l'art. 1, comma 4, del d.lgs. n. 280 del 1997 - che, dal punto di vista sistematico trova conferma nell’art. 3, comma 2, dello stesso d.lgs. secondo cui. "i progetti sono di durata determinata non superiore ai dodici mesi" - la durata annuale dei progetti per LSU/LPU stabilita per legge, comporta l'inserimento del prestatore nello specifico progetto per la cui attuazione si instaura il rapporto LPU/LSU; è, pertanto, da escludere che possa configurasi unicità di rapporto giuridico ovvero sua prosecuzione "tout court" anche in caso di differenti progetti che si eseguono senza soluzione di continuità presso lo stesso ente, salva restando soltanto l'ipotesi della proroga del medesimo progetto in atto. Ipotesi, quest'ultima, che non si verifica in caso di diversità di contenuto, di orario e di impegno del lavoro svolto dopo la scadenza annuale del progetto LPU rispetto alla prestazione di pubblica utilità, senza che possano trarsi elementi in contrario dall'eventuale attivazione da parte dell'ente utilizzatore di un progetto per LSU dopo quello originario per LPU, in quanto ciascuno di tali progetti, avviato sulla base di uno specifico procedimento amministrativo autorizzatorio, è da considerare comunque distinto e autonomo;

che il ricorso deve essere rigettato;

che le spese vengono regolate come da dispositivo; che non sussistono le condizioni di cui all'art. 13 c. 1 -quater dPR 115 del 2002.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.