Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 09 ottobre 2017, n. 23536

Indennità di disoccupazione agricola - Eredi - Adeguamento importo - Equa riparazione per la durata irragionevole del processo - Indennizzo liquidato in misura non superiore all'oggetto del contendere - Interessi dovuti a decorrere dalla notifica del ricorso giudiziario

In fatto

Con ricorso del 12.1.2015 A.C., B.I. nonché R., M. e A.P., questi ultimi tre quali eredi di C.P., proponevano innanzi alla Corte d'appello di Catanzaro opposizione ex art. 5-bis legge n. 89/01, avverso il decreto monocratico della medesima Corte che aveva riconosciuto a ciascuno di loro, in relazione ad un giudizio avente ad oggetto l'adeguamento dell'indennità di disoccupazione agricola, importi di entità variabile (da € 109,74 ad € 1.610,12) a titolo di equa riparazione per la durata irragionevole del processo. A sostegno dell'opposizione, l'errata determinazione del valore del giudizio presupposto, l'illegittima liquidazione dell'indennizzo in difformità dei parametri elaborati dalla giurisprudenza della Corte EDU, l'errata interpretazione dell'art. 2-bis, comma terzo, legge n. 89/01 e l'omessa pronuncia sulla domanda di corresponsione degli interessi legali sull'importo capitale liquidato a titolo d'indennizzo.

Resistendo il Ministero della Giustizia, la Corte rigettava l'opposizione, in considerazione di ciò, che il valore della causa ritenuto dal giudice monocratico era addirittura superiore a quello comprensivo di rivalutazione ed interessi alla data della domanda, così come rettamente avrebbe dovuto determinarsi; che l'indennizzo era stato esattamente liquidato in misura non superiore all'oggetto del contendere, ai sensi dell'art. 2-bis, comma terzo, legge n. 89/01; e che gli interessi erano dovuti a decorrere dalla notifica del ricorso e del decreto ai sensi dell'art. 5, primo comma, legge citata.

Per la cassazione di tale decreto A.C., B.I. nonché R., M. e A.P., questi ultimi tre quali eredi di C.P., propongono ricorso affidato a quattro motivi.

Cui resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.

Avviato il ricorso alla trattazione camerale in base all'art. 380-bis.1 c.p.c., inserito, a decorrere dal 30 ottobre 2016, dall'art. 1-bis, comma 1, lett. f), D.L. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197, la parte ricorrente ha depositato memoria.

 

Motivi della decisione

 

1. - Il primo motivo denuncia la violazione dell'art. 2-bis, comma 3, legge n. 89/01, per come interpretato dalla Corte costituzionale con ordinanza n. 124/14, e il vizio assoluto di motivazione, in relazione ai nn. 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c.

Avendo il giudice delle leggi interpretato detta norma nel senso che essa non comporta l'impossibilità di liquidare un indennizzo alla parte risultata soccombente nel giudizio presupposto, ne conseguirebbe, secondo i ricorrenti, che l'art. 2-bis, comma terzo, legge n. 89/01 troverebbe applicazione solo nel caso - diverso da quello di specie - in cui tale giudizio si sia concluso con una pronuncia di accoglimento della domanda.

2. - Il secondo motivo deduce la violazione dell'art. 2-bis, comma terzo, legge n. 89/01, e la carenza assoluta di motivazione, in relazione ai nn. 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c., e solleva l'eccezione di legittimità costituzionale di detta norma per violazione degli artt. 3 e 117 Cost.

3. - Il terzo mezzo d'annullamento espone la violazione dell'art. 2 legge n. 89/01, in combinato disposto con gli artt. 6, 13 e 41 CEDU, e con gli artt. 2056 e 1226 c.c., nonché la carenza assoluta di motivazione, in relazione ai nn. 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c., in quanto il provvedimento impugnato, nell'affermare come legittima una liquidazione inferiore ai parametri elaborati dalla giurisprudenza della Corte EDU, stravolgerebbe il sistema dell'equa riparazione per come strutturato da quest'ultima e dai correlati precedenti di questa Corte di legittimità.

4. - Il quarto motivo lamenta la violazione degli artt. 2 e 3 legge n. 89/01, in combinato disposto con l'art. 1173 c.c., nonché il vizio di contraddittorietà motivazionale, in relazione ai nn. 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c., giacché gli interessi decorrono dalla data della domanda, la quale a sua volta va individuata nella data di deposito del ricorso e non in quella della sua notificazione, insieme con il decreto monocratico.

5. - I primi tre motivi, da esaminare congiuntamente per la loro stretta connessione, sono infondati.

In disparte che a differenza del caso in esame i precedenti di Cass. nn. 22225, 22226, 22227 e 22228 del 2013, invocati a proprio favore dai ricorrenti nella propria memoria ex art. 380- bis.1. c.p.c., si riferiscono tutti a procedimenti d'equa riparazione governati dal testo della legge n. 89/01 anteriore alle modifiche apportate dal D.L. n. 83/12, convertito in legge n. 134/12, che non conteneva una disposizione analoga a quella dell'art. 2-bis, terzo comma; ciò a parte, deve rilevarsi che, come già osservato da Cass. n. 3160/16, la norma in oggetto va interpretata nel senso che «la congiunzione anche e la locuzione in ogni caso rendono evidente che il limite del valore della causa si riferisca alla somma totale liquidabile. Se le parole hanno un senso, anche e in ogni caso significano, all'interno dell'unico periodo di cui consta il comma 3, rispettivamente che il limite all'indennizzo correlato al valore della causa va oltre la sola liquidazione per anno di ritardo, e costituisce la soglia massima che l'equa riparazione non può comunque eccedere (...). Identico l'approdo cui perviene l'interpretazione teleologica. Scopo della norma, che positivizza un'esigenza avvertita, sia pure con accenti e tecniche differenti, tanto nella giurisprudenza della Corte EDU (v. sentenza 21 dicembre 2010, divenuta definitiva il 20 giugno 2011, nel caso G. ed altri c. Italia) quanto nei precedenti di questa Corte Suprema (cfr. Cass. nn. 633/14 e 12937/12) è di evitare il rischio di sovracompensazioni, se non addirittura di occasionali e insperati arricchimenti. Come questo S.C. ha già avuto modo di affermare più volte, sia pure ad altri fini (id est, in materia di successione mortis causa nel giudizio presupposto), il sistema sanzionatorio delineato dalla CEDU e tradotto in norme nazionali dalla legge n. 89 del 2001 si fonda non sull'automatismo di una pena pecuniaria a carico dello Stato, ma sulla somministrazione di sanzioni riparatorie a beneficio di chi dal ritardo abbia ricevuto danni patrimoniali o non patrimoniali, mediante indennizzi modulabili in relazione al concreto paterna subito (cfr. fra le tante, Cass. nn. 13083/11 e 23416/09)».

A tale precedente, ritiene la Corte, conviene assicurare continuità, non essendo state dedotte ragioni idonee a mutare orientamento. Pertanto e in definitiva, deve affermarsi che l'art. 2-bis, comma 3, legge n. 89/01 va interpretato nel senso che il limite alla misura dell'indennizzo ivi previsto trova applicazione in ogni caso, indipendentemente dall'esito (accoglimento o rigetto) della domanda proposta nel giudizio di riferimento.

5.1. - Le considerazioni appena ricordate valgono anche a dimostrare la manifesta infondatezza della dedotta questione di legittimità costituzionale dell'art. 2-bis, comma 3, legge cit., in conformità a quanto già affermato da Cass. n. 25804/15 sopra richiamata e dalla più recente Cass. n. 14047/16.

6. - È fondato, invece, il quarto motivo.

Premesso che gli interessi legali sull'indennizzo decorrono dalla data della domanda giudiziale di equa riparazione, sempreché, tuttavia, essi siano stati richiesti (Cass. nn. 15732/16 e 24962/11), si rileva che il ricorso ex art. 3 legge n. 89/01 costituisce atto introduttivo della relativa domanda.

Pertanto, a somiglianza di quanto accade per l'omologo procedimento per decreto ingiuntivo ex art. 633 e ss. c.p.c. (cfr. Cass. nn. 5035/99 e 9311/90, riferite agli interessi anatocistici), anche nel caso in esame gli interessi legali decorrono dalla data di deposito del ricorso e non dal momento in cui quest'ultimo, unitamente al decreto di accoglimento, sia stato notificato al Ministero ai sensi dell'art. 5, primo comma, stessa legge.

7. - Il decreto impugnato va dunque cassato limitatamente al motivo accolto, e decidendo la causa nel merito, ai sensi dell'art. 384, 2° comma, seconda ipotesi, c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, vanno riconosciuti in favore delle parti ricorrenti gli interessi legali sulle somme loro rispettivamente liquidate, a decorrere dalla data di deposito del ricorso ex art. 3 legge n. 89/01 fino al saldo.

8. - L'accoglimento solo parziale del ricorso, configurando una soccombenza altrettanto parziale su capo di domanda, costituisce giusto motivo di compensazione delle spese del presente giudizio di cassazione, ferma la non regolazione delle spese della fase di opposizione, nella quale il Ministero non si costituì.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il quarto motivo di ricorso, respinti gli altri, e decidendo la causa nel merito riconosce in favore delle parti ricorrenti gli interessi legali sulle somme loro rispettivamente liquidate, a decorrere dalla data di deposito del ricorso ex art. 3 legge n. 89/01 fino al saldo. Compensa integralmente le spese del presente giudizio di cassazione.