Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 30 maggio 2017, n. 13603

Rapporto di lavoro - Inquadramento - Qualifica superiore - CCNL di settore - Differenze retributive

 

Fatti di causa

 

La Corte d'appello di Venezia, con sentenza non definitiva n. 308/2011, in parziale accoglimento del gravame proposto da D.B. nei confronti della D.P. s.p.a. ed in parziale riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava il diritto del B. ad essere inquadrato nel VI° livello del contratto collettivo di settore a far tempo dal maggio 1998 e condannava la società alla corresponsione delle consequenziali differenze retributive liquidate, con sentenza definitiva n. 584/2011, in euro 10.268,98; rigettava quindi le ulteriori censure formulate dal lavoratore, intese a conseguire la riforma della pronuncia di primo grado con cui era stata disposta condanna alla restituzione del corrispettivo versato da parte datoriale ed al pagamento della somma di euro 9.026,99 a titolo di penale per violazione del patto di non concorrenza stipulato fra le parti.

La Corte distrettuale perveniva a tali conclusioni sull'essenziale rilievo che il B. aveva svolto mansioni di progettista senior con potere di coordinamento dei nuovi assunti, come dedotto dalla medesima società ricorrente nell'atto introduttivo del giudizio, oltre che desumibile dalla espletata attività istruttoria, di guisa che coerente si imponeva l'inquadramento nella qualifica di VI° livello rivendicata, superiore rispetto a quella da ultimo rivestita di V° livello.

Avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione la D.P. s.p.a. affidato a cinque motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.

Resiste con controricorso l'intimato.

 

Ragioni della decisione

 

1. Deve essere dichiarata preliminarmente l’invalidità della procura speciale alle liti in data 24/1/2017 depositata dalla ricorrente, recante la nomina degli ulteriori difensori e procuratori speciali in aggiunta a quelli nominati in ricorso.

Al riguardo deve rilevarsi (vedi Cass. 9/2/2015 n. 2460) che nel giudizio di cassazione la procura speciale non può essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso o dal controricorso, poiché l’art. 83 c.p.c., comma 3, nell’elencare gli atti in margine o in calce ai quali può essere apposta la procura speciale, indica, con rifermento al giudizio di cassazione, soltanto quelli sopra individuati, cui è stato aggiunto, dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 9, lett. a), solo a decorrere dal 4.7.2009, la memoria di nomina di nuovo difensore (tale disposizione, ai sensi dell'art. 58, comma 1 della predetta legge, si applica ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore).

A ciò consegue che se, come nella specie (avente ad oggetto un giudizio instaurato con ricorso 16/12/2003), la procura non è rilasciata in occasione di tali atti, è necessario il suo conferimento nella forma prevista dal citato art. 83, comma 2 cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l'indicazione delle parti e della sentenza impugnata (vedi, con riferimento alla normativa anteriore alla legge 18.6.2009 n. 69, Cass. 9.4.2009 n. 8708, Cass. 20.8.2009 n. 18528).

2. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 345 c.p.c. in relazione all'art. 360 comma primo n. 3, c.p.c., nonché motivazione omessa e insufficiente su un punto decisivo della controversia ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c..

Ci si duole che la Corte distrettuale abbia respinto l'eccezione di novità della domanda del lavoratore, il quale aveva inteso conseguire il riconoscimento del settimo livello c.c.n.I. industria metalmeccanica ovvero la qualifica di quadro, con esclusione del sesto livello, in concreto riconosciutogli.

3. Il motivo è privo di pregio.

Al di là di ogni considerazione in ordine alla modalità di denuncia del vizio di violazione di legge unitamente a vizio di motivazione, formulata promiscuamente ed in assenza di individuazione nel corpo del motivo, della parte riferibile all’una e piuttosto che all'altra critica vincolata, va rimarcato che la statuizione impugnata è conforme a diritto, in quanto coerente con i principi più volte affermati da questa Corte, secondo cui in materia di mansioni del lavoratore, qualora sia chiesto in giudizio il riconoscimento di una determinata qualifica - anche di carattere dirigenziale - superiore a quella di inquadramento formale, il giudice - senza con ciò incorrere nel vizio di ultrapetizione - può riconoscere l'inquadramento in una qualifica intermedia tra quella richiesta dal lavoratore e quella attribuita dal datore di lavoro purché il lavoratore prospetti adeguatamente gli elementi di fatto relativi allo svolgimento di mansioni della qualifica intermedia (vedi, ex plurimis, Cass. 8/10/2013 n. 22872 cui adde Cass. 11/4/2013 n.8862 secondo cui la domanda intesa al conseguimento della superiore qualifica professionale in relazione alle mansioni svolte, include implicitamente quella di una qualifica inferiore, nell'ambito del medesimo genere di mansioni, ma pur sempre superiore a quella riconosciuta dal datore di lavoro).

Ogni profilo di novità della domanda proposta in grado di appello dal B. - il quale aveva rivendicato in tal sede il riconoscimento del VI° livello contrattuale, avendo in prime cure richiesto quello inerente alla qualifica di quadro o all'inquadramento in VII° livello con le conseguenziali differenze retributive - è stata, quindi, correttamente escluso dalla Corte distrettuale con statuizione che per quanto sinora detto si sottrae alla censura all'esame.

4. Con il secondo e terzo motivo si deduce violazione degli artt. 1362, dell'art. 2095 c.c. 2103 c.c., degli artt. 115-166 c.p.c.in relazione all'art. 360 comma primo n. 3 c.p.c., nonché motivazione omessa e insufficiente su un punto decisivo della controversia ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c..

Si critica la sentenza impugnata in punto di interpretazione del primo atto difensivo della società con il quale, diversamente da quanto argomentato dai giudici del gravame, non si era affatto concordato sullo svolgimento di un ruolo direttivo da parte del B. all'interno dell'Ufficio Ricerca e Sviluppo, di guisa che la circostanza non poteva ritenersi incontroversa. Si lamenta altresì che il giudice del gravame non abbia correttamente interpretato le declaratorie di V° e VI° livello c.c.n.I. industria metalmeccanica.

5. Le censure vanno disattese per plurime concorrenti ragioni.

Non può sottacersi innanzitutto, che nel caso, quale quello qui scrutinato, in cui venga in contestazione l’interpretazione del contenuto o dell'ampiezza della domanda, si verte in tema di attività integrante un tipico accertamento in fatto, insindacabile in cassazione salvo che sotto il profilo della correttezza della motivazione della decisione impugnata sul punto (vedi ex aliis, Cass. 21/6/2007 n. 14486, Cass. 5/8/2005 n. 16596).

Nello specifico va rimarcato che la parte espositiva della pronuncia reca puntuale richiamo al contenuto dell'atto introduttivo del giudizio proposto ex art. 700 c.p.c. dalla D.P. s.p.a. con il quale questa deduceva di avere assunto il B., disegnatore progettista, "collocandolo all'interno dell'Ufficio Ricerca e Sviluppo, ove venivano realizzati tutti i progetti dei prodotti dell'azienda. Soggiungeva che egli si occupava dello studio dei materiali, della componentistica e della collocazione all'interno della pompa e che aveva seguito un corso CAD informatico ed un progetto di sviluppo di alcuni prodotti presso la casa madre Grunfoss. In sintesi riferiva che egli sovrintendeva all'Ufficio Ricerca e Sviluppo composto di 26 persone ed era responsabile dell'assistenza e del carico di progettazione in posizione apicale e depositario di importanti nozioni aziendali".

Può, dunque, affermarsi che la Corte distrettuale abbia fatto riferimento al ricorso introduttivo del giudizio, rendendone una interpretazione - riservata al suo ambito di discrezionalità - che appare del tutto congrua sotto il profilo logico e corretta sul versante giuridico, laddove, facendo leva sugli assunti di parte ricorrente, ha accertato lo svolgimento da parte del B., di mansioni di progettista senior con coordinamento dei nuovi assunti, qualificando come appropriato l'inquadramento nel VI° livello contrattuale collettivo di settore.

6. Deve, in via ulteriore rimarcarsi che gli approdi ai quali è pervenuta la Corte territoriale, si fondano altresì sugli ulteriori dati istruttori acquisiti in giudizio e relativi alle testimonianze ed alle "risultanze delle sommarie informazioni e dei documenti richiamati nell'ordinanza cautelare e nell'ordinanza del collegio del reclamo...", onde l'iter motivazionale seguito, e confluito nell'accertamento del corretto inquadramento professionale spettante al lavoratore - diversamente da quanto argomentato da parte ricorrente - risulta modulato sul complesso quadro probatorio delineato nelle pregresse fasi e nel precedente grado di giudizio, e non esclusivamente sulle deduzioni della società attrice.

7. Sotto altro versante, non può tralasciarsi di considerare che, comunque, la censura palesa profili di inammissibilità laddove tende a confutare le conclusioni alle quali è pervenuta la Corte di merito in ordine all'inquadramento del lavoratore, adducendo l'omessa considerazione di talune dichiarazioni testimoniali idonee a confermare la correttezza dell'inserimento del dipendente nel V° livello contrattuale di settore.

La ricorrente, in violazione dei canoni di specificità e di autosufficienza che governano il ricorso per cassazione, ha infatti riportato solo taluni stralci delle testimonianze raccolte, mirando poi a confutarne il giudizio valutativo espresso dai giudici del gravame, con approccio inammissibile nella presente sede, risolvendosi in un'istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest'ultimo tesa all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (in termini, Cass. SS.UU. 25/10/2013 n. 24148, Cass. 4/4/2014 n. 8008).

8. Con il quarto motivo si denuncia violazione degli artt. 112 c.p.c.e 345 c.c. ex art. 360 comma primo n. 3 c.p.c..

Si lamenta, in sintesi, che il giudice del gravame si sia pronunciato ultra petita, liquidando le differenze retributive connesse all'accertato VI° livello di inquadramento in assenza di una specifica domande del ricorrente.

Il motivo è privo di pregio.

Va infatti richiamato il principio affermato da questa Corte secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione in cui sia denunciata puramente e semplicemente la "violazione o falsa applicazione di norme di diritto" ai sensi dell'art. 112 c.p.c., senza alcun riferimento - così come verificatosi nella fattispecie - alle conseguenze che l'errore (sulla legge) processuale comporta, vale a dire alla nullità della sentenza e/o del procedimento (vedi Cass. 28/9/2015 n. 19124, Cass. S.U. 24/7/2013 n. 17931).

Sotto altro profilo, la critica si palesa comunque destituita di fondamento alla luce delle considerazioni già espresse in relazione ai motivi secondo e terzo, avendo la Corte distrettuale, nell’esercizio del potere riservatole di interpretazione della domanda, congruamente ritenuto che il lavoratore avesse chiesto la condanna al pagamento delle differenze retributive connesse al superiore livello rivendicato, in conformità al principio affermato da questa Corte e che va qui ribadito, secondo cui la specificazione delle mansioni svolte e della normativa collettiva applicabile, costituisce sufficiente adempimento degli oneri imposti dall'art. 414 nn. 3 e 4 cod. proc. civ. in caso di domanda del lavoratore diretta ad ottenere il riconoscimento di una qualifica superiore a quella rivestita ed il pagamento delle conseguenti differenze retributive, senza che sia necessaria l'indicazione di parametri retributivi e dei compensi effettivamente percepiti oppure la quantificazione dei crediti dedotti, raggiungibile anche attraverso una consulenza tecnica (vedi Cass. 27/3/2009 n. 7524, Cass. 26/5/2000 n. 6932).

9. Con il quinto motivo di denuncia omessa pronuncia ovvero violazione o falsa applicazione degli artt. 92 e 112 c.p.c. in relazione all'art. 360 comma primo n. 3 c.p.c.

Si critica la sentenza impugnata per aver applicato il regime della compensazione delle spese in luogo di quello della soccombenza sancito dall'art. 91 c.p.c.

10. Anche questa critica va disattesa.

La pronuncia è infatti, conforme a diritto perchè fondata sulla situazione di reciproca soccombenza in cui versavano le parti che, alla stregua dell'art. 92 comma 2 c.p.c. anche nella versione di testo applicabile alla fattispecie ratione temporis, giustifica l'applicazione del regime della compensazione fra le parti, delle spese di lite.

In definitiva, alla stregua delle superiori argomentazioni, il ricorso è respinto.

Consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese inerenti al presente giudizio di legittimità nella misura in dispositivo liquidata.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 4.000,00 per compensi professionali oltre spese generali al 15%, ed accessori di legge.