Giurisprudenza - CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE - Sentenza 14 settembre 2017, n. C-628/15

Rinvio pregiudiziale - Libera circolazione dei capitali - Articolo 63 TFUE - Ambito di applicazione - Normativa tributaria di uno Stato membro - Imposta sulle società - Credito d’imposta - Fondo pensionistico - Diniego di accordare il beneficio del credito d’imposta agli azionisti non assoggettati all’imposta sui redditi da investimento per dividendi provenienti da redditi esteri - Interpretazione della sentenza del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation (C-446/04, EU:C:2006:774) - Credito d’imposta illegittimamente trattenuto - Mezzi di ricorso

 

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 49 e 63 TFUE.

2. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra i Trustees of the BT Pension Scheme (in prosieguo: i «Trustees») e i Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs (amministrazione delle imposte e delle dogane del Regno Unito) (in prosieguo: i «Commissioners»), relativamente al rifiuto di riconoscere un diritto al credito d’imposta a un fondo pensionistico, non assoggettato all’imposta sui redditi da investimento, per il percepimento da parte di quest’ultimo di dividendi che rappresentano redditi di origine estera di una società che ha la sua residenza fiscale nel Regno Unito.

 

Contesto normativo

 

Sul pagamento anticipato dell’imposta sulle società (advance corporation tax) e sul diritto a un credito d’imposta.

3. Dalla decisione di rinvio risulta che, durante il periodo interessato nel procedimento principale, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord applicava un sistema di imposizione cosiddetto di «imputazione parziale», secondo cui, al fine di evitare la doppia imposizione economica, quando una società residente distribuiva utili, una parte dell’imposta sulle società pagata dalla medesima era imputata ai suoi azionisti.

4. In applicazione del suddetto sistema di imputazione parziale, quando una società residente nel Regno Unito versava dividendi ai suoi azionisti, essa doveva procedere, ai sensi dell’articolo 14 dell’Income and Corporation Taxes Act 1988 (legge del 1988 relativa alle imposte sul reddito e sulle società; in prosieguo l’«ICTA»), al pagamento anticipato dell’imposta sulle società (advance corporation tax; in prosieguo: l’«ACT»), calcolata sull’importo o sul valore della distribuzione effettuata.

5. Una tale società distributrice aveva il diritto, per una distribuzione realizzata nel corso di un dato esercizio d’imposta, di imputare l’ACT versata all’importo di cui era debitrice per siffatto esercizio a titolo dell’imposta sulle società (mainstream corporation tax) oppure poteva trasferire, eventualmente, l’ACT pagata vuoi su un esercizio anteriore o successivo, vuoi alle controllate della suddetta società, residenti nel Regno Unito, le quali potevano imputarla all’importo di cui esse erano a loro volta debitrici per l’imposta sulle società.

6. Al pagamento dell’ACT da parte della società distributrice di dividendi si abbinava un credito d’imposta in capo all’azionista beneficiario.

7. Conformemente all’articolo 20 dell’ICTA, infatti, un azionista residente nel Regno Unito era soggetto passivo dell’imposta sui redditi per dividendi versati da una società residente in tale medesimo Stato membro, purché questi ultimi non fossero specificamente esclusi dal pagamento dell’imposta in parola.

8. Quando i dividendi versati da una società residente nel Regno Unito erano stati assoggettati all’ACT, l’azionista beneficiario residente in tale medesimo Stato aveva diritto, ai sensi dell’articolo 231, paragrafo 1, dell’ICTA, a un credito d’imposta pari all’importo dell’ACT versato dalla società distributrice.

9. Ai sensi dell’articolo 231, paragrafo 3, dell’ICTA, tale credito d’imposta poteva essere detratto dall’importo dovuto dall’azionista a titolo di imposta sul reddito relativa al dividendo o, qualora l’importo di un tale credito di imposta superasse l’importo dell’imposta sul reddito dovuta dall’azionista, siffatto azionista poteva chiedere presso l’amministrazione tributaria il pagamento in contanti di un importo corrispondente a detto credito d’imposta.

 

Sul regime di dividendo da reddito estero (foreign income dividend)

 

10. Prima del 1º luglio 1994, quando una società residente nel Regno Unito percepiva dividendi da una società residente al di fuori di detto Stato, i dividendi così percepiti non erano qualificati come redditi da investimento esentati e la società beneficiaria dei dividendi in parola non aveva diritto a un credito d’imposta per i medesimi. In applicazione degli articoli 788 e 790 dell’ICTA, essa beneficiava, se del caso, di uno sgravio in relazione all’imposta pagata dalla società distributrice nel proprio Stato di residenza, sgravio concesso o in base alla normativa in vigore nel Regno Unito, o in virtù di una convenzione contro la doppia imposizione conclusa dallo Stato in parola con un altro Stato.

11. Conformemente al principio espresso al punto 4 della presente sentenza, quando una società residente nel Regno Unito, che percepiva dividendi da una società non residente, distribuiva dividendi ai suoi propri azionisti, essa doveva pagare l’ACT sull’importo della distribuzione.

12. Tuttavia, era frequente che l’imposta sulle società dovuta dalle società che percepivano dividendi significativi di origine estera fosse insufficiente per coprire l’importo dell’ACT versato dalla società. Quando l’ACT dovuta da una società che distribuiva dividendi ai suoi azionisti era superiore all’imposta sulle società dovuta dalla società distributrice, e qualora siffatta ACT non potesse essere trasferita né sugli esercizi anteriori o successivi della società distributrice, né alle controllate di quest’ultima, a carico di tale società risultava un’«eccedenza» di ACT che poteva rappresentare un onere finanziario irrecuperabile.

13. Al fine di permettere alle summenzionate società di attenuare l’incidenza delle eccedenze di ACT, gli articoli da 246A a 246Y dell’ICTA hanno istituito, a partire dal 1º luglio 1994, un regime denominato di «dividendo da reddito estero» (foreign income dividend; in prosieguo il «FID»). In applicazione di un simile regime, una società residente nel Regno Unito poteva scegliere di distribuire ai suoi azionisti un dividendo qualificato come FID, sul quale l’ACT era dovuta, ma che permetteva alla suddetta società, purché il dividendo qualificato come FID corrispondesse ai redditi di origine estera percepiti, di chiedere un rimborso per l’ACT pagata in eccedenza (in prosieguo il «regime FID»).

 

Sul percepimento dei dividendi qualificati come FID da parte di un fondo pensionistico non assoggettato all’imposta sui suoi redditi da investimento

 

14. Secondo l’articolo 246C dell’ICTA, quando un azionista percepiva un dividendo qualificato come FID, esso non aveva diritto a un credito d’imposta relativo a tale dividendo. Ai sensi di detto articolo, infatti:

«L’articolo 231, paragrafo 1, non si applica se la distribuzione ivi menzionata è un dividendo da reddito estero».

15. L’articolo 246D dell’ICTA prevedeva tuttavia che gli azionisti soggetti all’imposta che percepivano un dividendo qualificato come FID erano considerati beneficiari di un reddito già tassato all’aliquota più bassa (20%) per l’esercizio fiscale considerato. Per siffatti azionisti, l’effetto dell’applicazione della disposizione in parola era, secondo il giudice del rinvio, effettivamente il medesimo effetto che si sarebbe prodotto se questi avessero beneficiato di un credito d’imposta in virtù dell’articolo 231 dell’ICTA.

16. Per contro, l’articolo 246D dell’ICTA non si applicava agli azionisti non soggetti all’imposta sui redditi da dividendi.

17. Durante il periodo in questione nel procedimento principale, un «regime pensionistico esentato autorizzato» (exempt approved scheme) beneficiava, ai sensi dell’articolo 592, paragrafo 2, dell’ICTA, di un’esenzione dall’imposta sui redditi da dividendi, che essi fossero di origine nazionale o estera.

18. Tenuto conto dell’articolo 246C dell’ICTA, allorché un azionista non soggetto all’imposta sui redditi da dividendi percepiva dividendi qualificati come FID, quest’ultimo non poteva, ai sensi dell’articolo 231, paragrafo 1, dell’ICTA, né beneficiare di un credito d’imposta né, a fortiori, chiedere presso l’amministrazione tributaria il pagamento in contanti di un importo corrispondente a un eventuale credito d’imposta eccedente il suo debito per l’imposta sui redditi.

19. Il sistema dell’ACT e il regime FID sono stati aboliti per le distribuzioni di dividendi effettuate a partire dal 6 aprile 1999.

 

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

 

20. Il BT Pension Scheme è un fondo pensionistico a prestazioni definite a cui sono affiliati dipendenti o ex dipendenti della British Telecommunications plc. È gestito dai Trustees, che costituiscono il soggetto passivo rilevante, mentre il BT Pension Scheme è il beneficiario effettivo del patrimonio.

21. Il BT Pension Scheme è esentato nel Regno Unito dall’imposta sui redditi relativamente ai suoi investimenti. Durante il periodo di cui trattasi nel procedimento principale, le azioni di società rappresentavano, per valore di mercato, tra il 70% e il 75% circa degli investimenti del BT Pension Scheme. Alcune delle partecipazioni di quest’ultimo erano investimenti in società residenti nel Regno Unito, altre erano investimenti in società residenti in altri Stati membri dell’Unione europea o in paesi terzi. La maggior parte, ossia circa il 97% del portafoglio azionario del BT Pension Scheme, era investita in grandi società quotate nel Regno Unito e all’estero. Agendo come azionista puro nei rapporti con le società nelle quali aveva investito, il BT Pension Scheme deteneva di norma meno del 2% del capitale della società e, in ogni caso, sempre meno del 5%.

22. Il portafoglio di investimenti del BT Pension Scheme comprendeva azioni di società residenti nel Regno Unito che avevano optato per il regime FID per distribuire ai loro azionisti dividendi che rappresentavano redditi di origine estera. Pertanto, nella sua qualità di azionista di tali società, il BT Pension Scheme ha percepito dividendi qualificati come FID. Se è vero che, in applicazione dell’articolo 246C dell’ICTA, i Trustees non avevano diritto a crediti d’imposta per i suddetti dividendi, essi avevano, tuttavia, diritto a simili crediti per i dividendi ricevuti, al di fuori del regime FID, da società residenti nel Regno Unito.

23. I Trustees, reputando che l’assenza di diritto al credito d’imposta con riguardo a dividendi qualificati come FID fosse incompatibile con il diritto dell’Unione, hanno presentato un ricorso contro i Commissioners dinanzi al First-tier Tribunal (Tax Chamber) [Tribunale di primo grado (Sezione tributaria), Regno Unito], al fine di ottenere, segnatamente, un credito d’imposta per i dividendi qualificati come FID che essi avevano percepito durante il periodo in questione. Atteso che il loro ricorso era stato accolto dal First-tier Tribunal (Tax Chamber) [Tribunale di primo grado (Sezione tributaria)], e che la decisione resa da quest’ultimo era stata confermata in appello dell’Upper Tribunal (Tax and Chancery Chamber) [Tribunale superiore (Sezione tributaria e del pubblico registro e della cancelleria), Regno Unito], i Commissioners hanno interposto appello avverso la sentenza di tale ultimo giudice dinanzi alla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) [Corte d’appello (Inghilterra e Galles) (Sezione Civile), Regno Unito].

24. Nella decisione di rinvio, la Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) [Corte d’appello (Inghilterra e Galles) (Sezione Civile)] espone che la controversia di cui al procedimento principale verte unicamente sugli esercizi fiscali per gli anni 1997 e 1998, dato che per il resto il ricorso dei Trustees ai sensi del diritto nazionale è prescritto. Il giudice del rinvio ritiene che la risposta che occorre fornire alla questione se i Trustees abbiano diritto ai crediti d’imposta renda necessaria l’interpretazione del diritto dell’Unione concernente, segnatamente, l’ambito di applicazione dell’articolo 63 TFUE.

25. Il giudice del rinvio rammenta che, in proposito, la Corte ha statuito, nella sentenza del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation (C-446/04, EU:C:2006:774), segnatamente, che l’articolo 63 TFUE ostava a taluni aspetti della normativa del Regno Unito relativa al regime FID. Tuttavia, esso si domanda se tale disposizione conferisca diritti a taluni azionisti, quali i Trustess, nel contesto del procedimento principale.

26. Secondo il giudice del rinvio, a meno che l’articolo 63 TFUE non conferisca direttamente diritti ai Trustees, la normativa nazionale non obbliga ad escludere l’applicazione dell’articolo 246C dell’ICTA per quando riguarda la loro situazione. Atteso che questi ultimi possono far valere direttamente il diritto dell’Unione al fine di ottenere il riconoscimento del beneficio del credito d’imposta, tale giudice del rinvio si chiede quali rimedi giurisdizionali devono essere disponibili in virtù del diritto nazionale al fine di prevederne, eventualmente, il rimborso.

27. In tale contesto, la Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) [Corte d’Appello (Inghilterra e Galles) (Sezione Civile)] ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Atteso che la Corte, nella risposta data alla questione 4 nella sua sentenza del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation (C-446/04, EU:C:2006:774), ha statuito che gli articoli 43 e 56 del Trattato CE (divenuti articoli 49 e 63 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea) erano incompatibili con una normativa di uno Stato membro che concede alle società residenti che distribuiscono ai loro azionisti dividendi provenienti da dividendi di origine estera dalle stesse percepiti la facoltà di optare per un regime che permette loro di recuperare l’imposta sulle società pagata anticipatamente, ma, da un lato, obbliga tali società a versare la detta imposta anticipata e a chiederne il rimborso in un momento successivo e, dall’altro, non prevede un credito d’imposta per i loro azionisti, mentre questi ultimi ne avrebbero ricevuto uno nel caso di una distribuzione effettuata da una società residente sulla base di dividendi di origine nazionale, se il diritto dell’Unione conferisca un diritto a tali stessi azionisti, attraverso l’articolo 63 TFUE o in altro modo, nei casi in cui essi siano i beneficiari dei dividendi che si è scelto di distribuire secondo tale regime, segnatamente quando un azionista sia residente nel medesimo Stato membro della società che distribuisce i dividendi.

2) Nel caso in cui l’articolo 63 TFUE non conferisca diritti direttamente all’azionista di cui alla questione 1, se detto azionista possa far valere una violazione dei diritti conferiti dall’articolo 49 TFUE o dall’articolo 63 TFUE alla società che distribuisce il dividendo.

3) Nel caso in cui si risponda alla questione 1 o alla questione 2 nel senso che l’azionista gode di diritti in forza del diritto dell’Unione o può far valere tale diritto, se il diritto dell’Unione imponga requisiti per il rimedio che deve essere garantito all’azionista dall’ordinamento nazionale.

4) Se, ai fini della risposta della Corte alle suddette questioni, rilevi la circostanza che:

a) l’azionista non è soggetto passivo dell’imposta sul reddito nello Stato membro in questione per i dividendi percepiti, con la conseguenza che, in caso di distribuzione effettuata da una società residente al di fuori del suddetto regime, il credito di imposta cui l’azionista ha diritto in forza della legislazione nazionale può comportare il pagamento di tale credito all’azionista da parte di detto Stato membro;

b) il giudice nazionale ha statuito che la violazione del diritto dell’Unione da parte della legislazione nazionale in questione non era sufficientemente qualificata per far sorgere in capo allo Stato membro un obbligo di risarcimento nei confronti della società che ha distribuito i dividendi, conformemente ai principi stabiliti nella sentenza del 5 marzo 1996, Brasserie du Pêcheur e Factortame (C-46/93 e C-48/93, EU:C:1996:79); o che

c) in alcuni casi, ma non in tutti, la società che ha distribuito i dividendi nell’ambito del suddetto regime può avere aumentato l’importo dei dividendi distribuiti a tutti gli azionisti pagando una somma in contanti equivalente a quella che un azionista esente avrebbe ottenuto attraverso il pagamento di dividendi al di fuori del suddetto regime».

 

Sulle questioni pregiudiziali

 

Sulla prima questione

 

28. Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 49 e 63 TFUE debbano essere interpretati nel senso che essi conferiscono diritti a un azionista beneficiario di dividendi qualificati come FID che risiede nel medesimo Stato membro della società distributrice dei suddetti dividendi, tenuto conto, segnatamente, della sentenza del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation (C-446/04, EU:C:2006:774).

29. In via preliminare, occorre rilevare che, secondo la decisione di rinvio, il BT Pension Scheme deteneva, durante il periodo di cui al procedimento principale, meno del 5% del capitale sociale delle imprese nelle quali aveva investito e agiva soltanto come azionista puro nei rapporti con queste ultime.

30. Da costante giurisprudenza della Corte risulta che un’acquisizione di titoli sul mercato dei capitali, effettuata al solo scopo di realizzare un investimento finanziario, senza intenzione di influire sulla gestione e sul controllo dell’impresa, rientra, in linea di principio, nel campo di applicazione dell’articolo 63 TFUE, e non in quello dell’articolo 49 TFUE, applicandosi quest’ultimo esclusivamente alle partecipazioni che consentono di esercitare una sicura influenza sulle decisioni di una società e di determinare le attività di quest’ultima (v., in tal senso, sentenza 13 novembre 2012, Test Claimants in the FII Group Litigation, C-35/11, EU:C:2012:707, punti 91 e 92 nonché giurisprudenza ivi citata).

31. Nel caso di specie, giacché le partecipazioni del BT Pension Scheme nelle società nelle quali aveva investito non consentivano di esercitare una tale influenza, la questione del giudice del rinvio deve essere esaminata unicamente sotto il profilo dell’articolo 63 TFUE.

32. Quanto alla questione, così precisata, se l’articolo 63 TFUE conferisca, in circostanze quali quelle oggetto nel procedimento principale, diritti a un azionista beneficiario di dividendi qualificati come FID, occorre ricordare che, secondo constante giurisprudenza della Corte, l’articolo 63, paragrafo 1, TFUE, vieta in via generale le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri nonché tra Stati membri e paesi terzi (v., in tal senso, sentenza del 28 settembre 2006, Commissione/Paesi Bassi, C-282/04 e C-283/04, EU:C:2006:608, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).

33. Per quanto riguarda, in particolare, la normativa nazionale oggetto nel procedimento principale, la Corte ha già avuto modo di statuire, al punto 173 della sentenza del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation (C-446/04, EU:C:2006:774), che l’articolo 63 TFUE osta a una normativa di uno Stato membro che esoneri dal pagamento dell’ACT le società residenti che distribuiscono ai loro azionisti dividendi provenienti da dividendi di origine nazionale, laddove essa concede alle società residenti che distribuiscono ai loro azionisti dividendi provenienti da dividendi di origine estera la facoltà di optare per un regime che permette loro di recuperare l’ACT versata, ma, in particolare, non prevede un credito d’imposta per i loro azionisti, mentre questi ultimi ne avrebbero ricevuto uno in caso di una distribuzione effettuata da una società residente sulla base di dividendi di origine nazionale.

34. La Corte ha ritenuto, infatti, segnatamente, che nei limiti in cui il sistema fiscale del Regno Unito, ivi compreso il regime FID, privava azionisti che percepivano dividendi del loro diritto a un credito d’imposta qualora tali dividendi provenissero da utili di origine estera di una società residente, contrariamente a quanto previsto nel caso dei dividendi provenienti da utili di origine nazionale di una società residente, tale sistema costituisse una restrizione alla libera circolazione dei capitali ai sensi dell’articolo 63 TFUE.

35. Nel caso di specie, i Trustees hanno percepito dividendi qualificati come FID, senza per questo aver avuto diritto a un credito d’imposta inerente ai suddetti dividendi.

36. Una simile assenza di credito d’imposta in capo agli azionisti non soggetti all’imposta sui redditi da dividendi, come i Trustees, poteva dissuadere detti azionisti dall’investire nel capitale delle società residenti nel Regno che percepiscono dividendi di società residenti al di fuori del Regno Unito, a vantaggio di investimenti nelle società residenti nel Regno Unito, che percepiscono dividendi di altre società residenti nel medesimo Stato in parola (v., per analogia, sentenza del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation, C-446/04, EU:C:2006:774, punto 166).

37. Ne consegue che la situazione dei Trustees rientra nel trattamento di cui al punto 173 della sentenza del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation (C-446/04, EU:C:2006:774), al quale osta l’articolo 63 TFUE. Questi ultimi possono quindi far valere siffatto articolo al fine di escludere l’applicazione di una disposizione nazionale, quale l’articolo 246C dell’ICTA, che li priva di un credito d’imposta.

38. I Commissioners dinanzi al giudice del rinvio, così come il governo del Regno Unito dinanzi alla Corte, fanno nondimeno valere che i Trustees non possono invocare l’articolo 63 TFUE per escludere l’applicazione dell’articolo 246C dell’ICTA, per il motivo che l’investimento dei capitali da parte di quest’ultimi nelle società residenti nel Regno Unito, soggette al regime FID, non implicherebbe alcun movimento di capitali tra Stati membri, ai sensi della nomenclatura che figura nell’allegato I della direttiva 88/361/CEE del Consiglio, del 24 giungo 1988, per l’attuazione dell’articolo (63 TFUE) (GU 1988, L 178, pag. 5), stabilita al fine di guidare l’interpretazione di tale articolo.

39. In proposito, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, una normativa nazionale indistintamente applicabile ai cittadini di qualsiasi Stato membro può, in generale, rientrare nelle disposizioni del Trattato FUE in materia di libera circolazione dei capitali solo in quanto si applica a situazioni che hanno un collegamento con gli scambi tra gli Stati membri (v., in tal senso, sentenza del 5 marzo 2002, Reisch e a., C-515/99, da C-519/99 a C-524/99 e da C-526/99 a C-540/99, EU:C:2002:135, punto 24).

40. Le disposizioni del Trattato FUE relative alla libera circolazione dei capitali non si applicano, infatti, a una fattispecie i cui elementi si trovano tutti riuniti all’interno di un solo Stato membro (sentenza del 20 marzo 2014, Caixa d’Estalvis i Pensions de Barcelona, C-139/12, EU:C:2014:174, punto 42).

41. Orbene, non risulta che la normativa in discussione nel procedimento principale riguardi soltanto fattispecie che non hanno alcun collegamento con gli scambi tra Stati membri o che gli elementi rilevanti che caratterizzano il procedimento principale si trovino tutti riuniti unicamente all’interno del Regno Unito.

42. Al contrario, il trattamento fiscale sfavorevole di taluni azionisti che percepiscono dividendi qualificati come FID, ossia l’assenza di credito d’imposta di cui all’articolo 246C dell’ICTA, è proprio dovuto al fatto che siffatti dividendi sono tratti da utili che la società distributrice ha percepito da una società non residente nel Regno Unito, mentre nel caso di dividendi tratti da utili percepiti da una società residente nel Regno Unto, a parità di tutte le altre circostanze, gli azionisti beneficiari in parola avrebbero avuto diritto a un siffatto credito di imposta.

43. Il governo del Regno Unito sostiene che una restrizione siffatta è, in ogni caso, consentita in quanto giustificata dalla necessità di garantire la coerenza del regime fiscale nazionale. Tuttavia, è sufficiente rilevare, in proposito, che dal punto 163 della sentenza del 12 dicembre 2006 Test Claimants in the FII Group Litigation (C-446/04, EU:C:2006:774), risulta che la restrizione all’articolo 63 TFUE constatata nella suddetta sentenza non poteva, secondo la Corte, essere giustificata dalla necessità di salvaguardare la coerenza del regime fiscale in questione. Pertanto, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 66 delle sue conclusioni, gli argomenti addotti da tale governo durante la fase scritta del presente procedimento sono in sostanza identici a quelli che sono stati respinti dalla Corte nell’ambito della causa in parola. Di conseguenza, non può giustificarsi, nel caso di specie, la restrizione all’articolo 63 TFUE constatata al punto 36 della presente sentenza.

44. In tale contesto, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 63 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso conferisce, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, diritti a un azionista beneficiario di dividendi qualificati come FID.

 

Sulla seconda questione

 

45. Tenuto conto della risposta fornita alla prima questione, non occorre rispondere alla seconda questione.

 

Sulla terza questione

 

46. Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se ed, eventualmente, in che misura il diritto dell’Unione esiga che il diritto nazionale di uno Stato membro preveda mezzi di ricorso a disposizione degli azionisti che, in una situazione come quella in discussione nel procedimento principale, hanno percepito dividendi qualificati come FID senza tuttavia aver ottenuto un credito d’imposta relativo a detti dividendi, al fine di permettere a tali azionisti di far valere i diritti che l’articolo 63 TFUE conferisce loro.

47. Occorre rilevare, in limine, che spetta agli Stati membri, segnatamente in virtù del principio di leale cooperazione enunciato all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, TUE, assicurare, nei rispettivi territori, l’applicazione e il rispetto del diritto dell’Unione e che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, TUE, gli Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dai Trattati o conseguenti dagli atti delle istituzioni dell’Unione. Inoltre, l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, impone agli Stati membri di stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione.

48. Conformemente alla risposta fornita alla prima questione, l’articolo 63 TFUE conferisce, in circostanze come quelle in discussione nel procedimento principale, agli azionisti beneficiari di dividendi qualificati come FID, il diritto al medesimo trattamento fiscale dei suddetti dividendi a loro riservato per dividendi risultanti dai redditi che la società distributrice residente nel Regno Unito ha percepito da una società parimenti residente nello Stato in parola.

49. Secondo costante giurisprudenza della Corte, l’articolo 63 TFUE può essere invocato dinanzi al giudice del rinvio e comportare l’inapplicabilità delle norme nazionali con esso contrastanti (v., in tal senso, sentenze del 14 dicembre 1995, Sanz de Lera e a., C-163/94, C-165/94 e C-250/94, EU:C:1995:451, punto 48, nonché del 18 dicembre 2007, A, C-101/05, EU:C:2007:804, punto 27).

50. Risulta parimenti da giurisprudenza costante della Corte che il diritto di ottenere il rimborso di tributi riscossi da uno Stato membro in violazione del diritto dell’Unione costituisce la conseguenza e il complemento dei diritti attribuiti ai singoli dalle disposizioni del diritto dell’Unione, così come interpretate dalla Corte. Lo Stato membro è quindi tenuto, in linea di principio, a rimborsare i tributi riscossi in violazione del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 9 novembre 1983, San Giorgio, 199/82, EU:C:1983:318, punto 12; del 14 gennaio 1997, Comateb e a., da C-192/95 a C-218/95, EU:C:1997:12, punto 20, nonché del 6 settembre 2011, Lady & Kid e a., C-398/09, EU:C:2011:540, punto 17).

51. Orbene, secondo il governo del Regno Unito, un simile diritto di ottenere il rimborso di tributi indebitamente riscossi non sussiste nel caso di specie, tenuto conto del fatto che i Trustees, non essendo soggetti all’imposta sui redditi da dividendi, non hanno versato alcuna imposta per i dividendi ai quali i crediti d’imposta richiesti si riferiscono.

52. Ciononostante, occorre ricordare che il diritto al rimborso, nell’accezione della giurisprudenza menzionata al punto 50 della presente sentenza, riguarda non soltanto gli importi versati allo Stato membro per i tributi illegittimi, bensì anche ogni importo trattenuto il cui rimborso sia indispensabile per ripristinare la parità di trattamento postulata dalle disposizioni del Trattato FUE relative alla libertà di circolazione (v., per analogia, sentenze dell’8 marzo 2001, Metallgesellschaft e a., C-397/98 et C-410/98, EU:C:2001:134, punto 87; del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation, C-446/04, EU:C:2006:774, punto 205, nonché del 19 luglio 2012, Littlewoods Retail e a., C-591/10, EU:C:2012:478, punto 25), compresi, di conseguenza, gli importi dovuti al singolo per un credito d’imposta di cui quest’ultimo è stato privato ai sensi della normativa nazionale alla quale osta il diritto dell’Unione.

53. Pertanto, in circostanze come quelle oggetto nel procedimento principale, gli azionisti non soggetti all’imposta sui redditi da dividendi che hanno percepito dividendi qualificati come FID senza avere tuttavia ottenuto un credito d’imposta inerente ai suddetti dividendi, come i Trustees, hanno diritto al pagamento del credito d’imposta di cui sono stati indebitamente privati ai sensi della normativa nazionale incompatibile con l’articolo 63 TFUE.

54. Occorre poi rammentare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, sia le autorità amministrative sia i giudici nazionali incaricati di applicare, nell’ambito delle rispettive competenze, le norme del diritto dell’Unione hanno l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi contraria disposizione nazionale, senza chiedere né attendere la previa soppressione di tale disposizione nazionale in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale (v. in tal senso, quanto alle autorità amministrative, sentenze del 22 giungo 1989, Costanzo, 103/88, EU:C:1989:256, punto 31, e del 29 aprile 1999, Ciola, C-224/97, EU:C:1999:212, punti 26 e 30, nonché, quanto ai giudici, sentenze del 9 marzo 1978, Simmenthal, 106/77, EU:C:1978:49, punto 24, e del 5 luglio 2016, Ognyanov, C-614/14, EU:C:2016:514, punto 34).

55. Inoltre, tale obbligo non osta a che i giudici nazionali competenti applichino, tra i vari mezzi offerti dall’ordinamento interno, quelli che appaiano loro più appropriati per tutelare i diritti attribuiti ai singoli dal diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 1998, IN. CO. GE.’90 e a., da C-10/97 a C-22/97, EU:C:1998:498, punto 21, nonché del 19 luglio 2012, Littlewoods Retail e a., C-591/10, EU:C:2012:478, punto 33).

56. Ne consegue che, nell’ambito di un ricorso proposto dagli azionisti non soggetti passivi beneficiari di dividendi qualificati come FID al fine di ottenere il versamento dell’importo del credito d’imposta di cui sono stati indebitamente privati dalla normativa nazionale in discussione nel procedimento principale, il giudice nazionale è, in linea di principio, tenuto a disapplicare le disposizioni di tale normativa all’origine del trattamento contrario all’articolo 63 TFUE, onde garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione.

57. Per quanto riguarda, infine, le modalità processuali di un ricorso siffatto, non spetta alla Corte dare una qualificazione giuridica delle domande presentate dai Trustees dinanzi al giudice del rinvio in quanto spetta a questi ultimi precisare la natura e il fondamento della loro azione, sotto il controllo del giudice del rinvio. Dalla giurisprudenza della Corte risulta, nondimeno, che i singoli devono disporre di un mezzo di ricorso effettivo che consenta loro di ottenere il versamento del credito d’imposta di cui sono stati indebitamente privati (v., per analogia, sentenza del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation, C-446/04, EU:C:2006:774, punti 201 e 220).

58. Pertanto, in mancanza di una disciplina dell’Unione in materia di versamento di credito d’imposta di cui gli aventi diritto sono stati indebitamente privati, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascun Stato membro stabilire le modalità processuali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli ai sensi del diritto dell’Unione, purché tali modalità non siano, conformemente al principio di equivalenza, meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (v., in tal senso, sentenze del 16 dicembre 1976, Rewe-Zentralfinanz et Rewe-Zentral, 33/76, EU:C:1976:188, punto 5; dell’8 marzo 2001, Metallgesellschaft e a., C-397/98 e C-410/98, EU:C:2001:134, punto 85; del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation, C-446/04, EU:C:2006:774, punto 203, nonché del 6 ottobre 2015, Târșia, C-69/14, EU:C:2015:662, punti 26 e 27).

59. Inoltre, in applicazione del principio di effettività, gli Stati membri devono assicurare, in ciascun caso, una tutela effettiva dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione e, in particolare, garantire il rispetto del diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, sancito dall’articolo 47, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (v., in tal senso, sentenze del 15 settembre 2016, Star Storage e a., C-439/14 e C-488/14, EU:C:2016:688, punto 46; dell’8 novembre 2016, Lesoochranárske zoskupenie VLK, C-243/15, EU:C:2016:838, punto 65, nonché del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund, C-682/15, EU:C:2017:373, punto 44).

60. Nel caso di specie, spetta segnatamente al giudice del rinvio, da un lato, assicurare che gli azionisti non soggetti all’imposta sui redditi da dividendi, che hanno percepito dividendi provenienti da dividendi di origine estera e qualificati come FID, quali i Trustees, dispongano di un mezzo di ricorso idoneo ad assicurare il versamento del credito d’imposta inerente a detti dividendi, di cui gli aventi diritto sono stati indebitamente privati, secondo modalità che non siano meno favorevoli di quelle relative a un ricorso volto al versamento di un credito d’imposta siffatto, o di un vantaggio fiscale equiparabile, in una situazione in cui l’amministrazione tributaria abbia indebitamente privato gli aventi diritto di tale credito d’imposta o di tale vantaggio fiscale al momento di una distribuzione di dividendi derivanti da dividendi percepiti da una società residente nel Regno Unito. Dall’altro lato, tale giudice deve assicurare che un simile mezzo di ricorso permetta di garantire la tutela dei diritti conferiti dall’articolo 63 TFUE ai summenzionati azionisti in maniera effettiva.

61. Di conseguenza, occorre rispondere alla terza questione che il diritto dell’Unione esige che il diritto nazionale di uno Stato membro preveda mezzi di ricorso a favore degli azionisti che, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, abbiano percepito dividendi qualificati come FID senza tuttavia aver ottenuto un credito d’imposta inerente a detti dividendi, al fine di consentire a tali azionisti di far valere i diritti che l’articolo 63 TFUE conferisce loro. In proposito, il giudice nazionale competente deve provvedere affinché gli azionisti non soggetti all’imposta sui redditi da dividendi, che hanno percepito dividendi provenienti da dividendi di origine estera e qualificati come FID, come i Trustees, dispongano di un mezzo di ricorso che, da un lato, sia idoneo ad assicurare il versamento di un tale credito d’imposta, di cui gli aventi diritto sono stati indebitamente privati, secondo modalità che non siano meno favorevoli di quelle relative a un ricorso volto al versamento di un credito d’imposta, o di un vantaggio fiscale equiparabile, in una situazione in cui l’amministrazione tributaria abbia indebitamente privato gli aventi diritto di tale credito d’imposta o di tale vantaggio fiscale in occasione di una distribuzione di dividendi provenienti da dividendi percepiti da una società residente nel Regno Unito e, dall’altro lato, permetta di garantire la tutela dei diritti conferiti dall’articolo 63 TFUE ai summenzionati azionisti in maniera effettiva.

 

Sulla quarta questione, lettera a)

 

62. Con la sua quarta questione, lettera a), il giudice del rinvio chiede in sostanza se la circostanza che i Trustees non sono soggetti passivi dell’imposta sui redditi nel Regno Unito per i dividendi che essi percepiscono incida eventualmente sulle risposte che occorre fornire alle tre prime questioni pregiudiziali.

63. In proposito, occorre ricordare che la violazione dell’articolo 63 TFUE, come constatata dalla Corte al punto 173 della sentenza del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation (C-446/04, EU:C:2006:774), risiede, segnatamente, nella disparità di trattamento dei dividendi percepiti da un azionista, quali i Trustees, a seconda che i dividendi siffatti derivino da dividendi di origine estera e siano qualificati come FID o che essi provengano da dividendi di origine nazionale e non siano qualificati come FID.

64. Come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 88 delle sue conclusioni, atteso che il rispetto dell’articolo 63 TFUE implica soltanto la soppressione del diverso trattamento fiscale tra queste due categorie di dividendi percepiti dagli azionisti, quali i Trustees, la questione se l’azionista beneficiario di dividendi qualificati come FID sia, o non sia, soggetto passivo di tale imposta sui redditi da dividendi non risulta essere rilevante.

65. Occorre pertanto rispondere alla quarta questione, lettera a) dichiarando che la circostanza che i Trustees non siano soggetti passivi dell’imposta sui redditi per i dividendi che essi percepiscono non può modificare le risposte fornite alle prime tre questioni poste dal giudice del rinvio.

 

Sulla quarta questione, lettera b)

 

66. Con la sua quarta questione, lettera b), il giudice del rinvio chiede lumi sull’incidenza eventuale, quanto alle risposte da fornire alle prime tre questioni pregiudiziali, della circostanza che la violazione del diritto dell’Unione in questione non è, secondo detto giudice, sufficientemente qualificata per comportare la responsabilità extracontrattuale dello Stato membro interessato nei confronti della società che distribuisce dividendi qualificati come FID, conformemente ai principi espressi nella sentenza del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame (C-46/93 e C-48/93, EU:C:1996:79).

67. Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che l’azione di responsabilità extracontrattuale per le violazioni dell’articolo 63 TFUE è stata proposta contro il Regno Unito da parte di società che distribuiscono dividendi, e non dai Trustees.

68. In proposito, occorre constatare, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 91 delle sue conclusioni, che i diritti conferiti agli azionisti in parola dall’articolo 63 TFUE sono, in ogni caso, indipendenti da quelli conferiti alle società che distribuiscono i dividendi.

69. In tale contesto, si deve rispondere alla quarta questione, lettera b), dichiarando che, sebbene la violazione del diritto dell’Unione in questione nel procedimento principale non sia, secondo il giudice del rinvio, sufficientemente qualificata per comportare la responsabilità extracontrattuale dello Stato membro interessato nei confronti della società che distribuisce dividendi qualificati come FID, conformemente ai principi espressi nella sentenza del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame (C-46/93 e C-48/93, EU:C:1996:79), la suddetta circostanza non può modificare le risposte fornite alle prime tre questioni pregiudiziali.

 

Sulla quarta questione, lettera c)

 

70. Con la sua quarta questione, lettera c), il giudice del rinvio chiede chiarimenti sull’incidenza eventuale, quanto alle risposte da fornire alle prime tre questioni pregiudiziali, del fatto che sia possibile, in taluni casi, che l’azionista che ha percepito dividendi qualificati come FID ottenga un importo di dividendi incrementato dalla società distributrice al fine di ovviare all’assenza di credito di imposta in capo a un tale azionista.

71. Al punto 207 della sentenza del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation (C-446/04, EU:C:2006:774), la Corte ha, certo, considerato, segnatamente, che le società residenti che avevano optato per il regime FID non potevano, sulla base del diritto dell’Unione, far valere il danno asseritamente subito per il fatto che esse si vedevano obbligate ad aumentare l’ammontare dei loro dividendi al fine di compensare la perdita del credito d’imposta in capo ai loro azionisti, in quanto tali aumenti dell’ammontare dei dividendi derivavano da decisioni adottate da dette società distributrici e non costituivano, per le stesse, una conseguenza inevitabile del diniego del Regno Unito di concedere a detti azionisti un trattamento equivalente a quello di cui godevano gli azionisti beneficiari di una distribuzione di dividendi di origine nazionale.

72. Tuttavia, la situazione degli azionisti che hanno percepito dividendi qualificati come FID e l’assenza di credito d’imposta per gli stessi per i dividendi in parola risultano non già da una qualsivoglia decisione da parte, loro bensì dalla normativa in vigore nel Regno Unito al momento dell’esercizio fiscale pertinente.

73. Ne consegue che, contrariamente alla posizione sostenuta dal governo del Regno Unito, la circostanza che una società che distribuisce utili qualificati come FID abbia, o non abbia, aumentato l’ammontare di dividendi versati a siffatti azionisti non è tale da condurre a un «doppio recupero» per i Trustees.

74. Inoltre, un eventuale aumento dell’importo dei dividendi, qualificati come FID, distribuiti da una società residente nel Regno Unito, al fine di ovviare all’assenza di credito d’imposta in capo all’azionista beneficiario dei summenzionati dividendi, non può condurre a un doppio recupero dei crediti d’imposta dovuti all’azionista in parola, in quanto la suddetta distribuzione di dividendi da parte di una simile società non può essere assimilata alla concessione di un credito d’imposta da parte dell’amministrazione tributaria. Una simile distribuzione di benefici da parte di una società ai suoi azionisti, infatti, rappresenta soltanto un atto tra la società e il suo azionista che non può incidere su diritti e obblighi dell’amministrazione tributaria verso tali azionisti.

75. In tali circostanze, occorre rispondere alla quarta questione, lettera c), che la circostanza che una società residente nel Regno Unito abbia distribuito un importo incrementato di dividendi, qualificati come FID, per ovviare all’assenza di credito d’imposta in capo all’azionista beneficiario non può modificare le risposte fornite alle prime tre questioni poste dal giudice del rinvio.

76. Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che né la circostanza che i Trustees non siano assoggettati all’imposta sui redditi per i dividendi che essi percepiscono, né la circostanza che la violazione del diritto dell’Unione in questione non sia, secondo il giudice del rinvio, sufficientemente qualificata per comportare la responsabilità extracontrattuale dello Stato membro interessato nei confronti della società distributrice dei dividendi qualificati come FID, conformemente ai principi stabiliti nella sentenza del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame (C-46/93 e C-48/93, EU:C:1996:79), e neppure la circostanza che una società residente nel Regno Unito abbia distribuito un importo incrementato di dividendi, qualificati come FID, per ovviare all’assenza di credito d’imposta in capo all’azionista beneficiario, possono modificare le risposte fornite alle altre questioni poste dal giudice del rinvio.

 

Sulle spese

 

77. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

P.Q.M.

 

dichiara:

1) L’articolo 63 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso conferisce, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, diritti a un azionista beneficiario di dividendi qualificati come «dividendi da reddito estero» (foreign income dividend).

2) Il diritto dell’Unione esige che il diritto nazionale di uno Stato membro preveda mezzi di ricorso a favore degli azionisti che, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, abbiano percepito dividendi qualificati come «dividendi da reddito estero» senza tuttavia aver ottenuto un credito d’imposta inerente a detti dividendi, al fine di consentire a tali azionisti di far valere i diritti che l’articolo 63 TFUE conferisce loro. In proposito, il giudice nazionale competente deve provvedere affinché gli azionisti non soggetti all’imposta sui redditi da dividendi, che hanno percepito dividendi provenienti da dividendi di origine estera e qualificati come «dividendi da reddito estero», come i Trustees of the BT Pension Scheme, dispongano di un mezzo di ricorso che, da un lato, sia idoneo ad assicurare il versamento di un tale credito d’imposta, di cui gli aventi diritto sono stati indebitamente privati, secondo modalità che non siano meno favorevoli di quelle relative a un ricorso volto al versamento di un credito d’imposta, o di un vantaggio fiscale equiparabile, in una situazione in cui l’amministrazione tributaria abbia indebitamente privato gli aventi diritto di tale credito d’imposta o di tale vantaggio fiscale in occasione di una distribuzione di dividendi provenienti da dividendi percepiti da una società residente nel Regno Unito e, dall’altro lato, permetta di garantire la tutela dei diritti conferiti dall’articolo 63 TFUE ai summenzionati azionisti in maniera effettiva.

3) Né la circostanza che i Trustees of the BT Pension Scheme non siano assoggettati all’imposta sui redditi per i dividendi che essi percepiscono, né la circostanza che la violazione del diritto dell’Unione in questione non sia, secondo il giudice del rinvio, sufficientemente qualificata per comportare la responsabilità extracontrattuale dello Stato membro interessato nei confronti della società distributrice dei dividendi qualificati come «dividendi da reddito estero», conformemente ai principi enucleati nella sentenza del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame (C-46/93 e C-48/93, EU:C:1996:79), e neppure la circostanza che una società residente nel Regno Unito abbia distribuito un importo incrementato di dividendi, qualificati come «dividendi da reddito estero», per ovviare all’assenza di credito d’imposta in capo all’azionista beneficiario, possono modificare le risposte fornite alle altre questioni poste dal giudice del rinvio.