Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 12 aprile 2019, n. 10287

Tributi - ICI - Edifici ed aree scoperte portuali in concessione - Svolgimento attività imprenditoriale - Esenzione - Esclusione

Ritenuto che

Il Collegio, preliminarmente, ha disposto la riunione delle cause n. 28921- 14, n. 28942 -14, n. 29021 - 14 alla n. 28874 - 14, per ragioni di connessione.

Venendo all'esame dei singoli ricorsi, con n. 28874-14, n. 28921- 14, 28921-14, l'Agenzia delle Entrate e del Territorio ricorre, svolgendo due motivi, per la cassazione delle sentenze n. 518/07/14, n. 520/07/14, n. 519/07/14, pronunciate dalla Commissione Tributaria Regionale della Liguria, in controversia riguardante l'impugnazione di avvisi di accertamenti per ICI, relativi agli anni di imposta 2004, 2005 e 2006 emessi dal Comune di Genova nei confronti della V.T.E. S.p.A. unipersonale, quale concessionaria di una area demaniale, dalla stessa impugnati innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Genova. La Commissione Tributaria Regionale accoglieva l'appello della società contribuente ritenendo: a) classificabili in categoria D/8 gli edifici e quanto necessario alla società per svolgere la propria attività imprenditoriale; b) non applicabile l'ICI alle aree scoperte, utilizzate per svolgere l'attività pubblica portuale ed operazioni necessarie a tale attività, rientranti nella classificazione in categoria E/1, unitamente a quanto già accatastato con Docfa in tale categoria dalla contribuente; c) retroattiva la nuova rendita alla prima richiesta di nuovo classamento effettuata dal Comune e, quindi, al 2002. Nei predetti giudizi il Comune di Genova non ha svolto difese. La società V.T.E. si è costituita con controricorso, presentando memorie. Con il ricorso n. 29021 -14 il Comune di Genova ha proposto ricorso cumulativo avverso le sentenze nn. 516 - 517 - 518 - 519 - 520 del 2014 della Commissione Tributaria Regionale della Liguria, svolgendo quattro motivi, illustrando, anche con memorie, quando segue.

La società V.T.E. s.p.a. unipersonale impugnava avvisi di accertamento ICI, relativi agli anni di imposta dal 2002 al 2006, emessi dal Comune di Genova, con riferimento ad aree scoperte, comprendenti oltre 900.000 mq. di T., banchine ed infrastrutture sulle quali si svolgeva l'attività imprenditoriale della contribuente.

L'ente comunale determinava l'ICI dovuta sul compendio immobiliare in concessione sulla base della rendita catastale, pari ad euro 1261.182,00 proposta dall'Autorità portuale, in qualità di proprietaria dell'immobile e accettata, senza modifiche, dall'Agenzia del territorio. L'immobili oggetto di concessione demaniale non possedevano alcuna rendita catastale, pertanto, veniva stipulato tra il Comune e l'Autorità Portuale di Genova un accordo per stabilire, per ciascun anno di imposta, i coefficienti per calcolare l'ICI dovuta dai concessionari di aree demaniali. Successivamente, nel 2008, l'Autorità Portuale presentava regolare dichiarazione DOCFA mediante la quale veniva proposta la rendita catastale dell'immobile dato in concessione attribuendo la categoria D/8. La società contribuente proponeva ricorso avverso gli avvisi di accertamento ICI, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Genova che, con sentenze n. 203/10, n. 339/11, 425/11, 424/12, confermava gli atti impositivi.

La V.T.E. S.p.A. proponeva separati appelli innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Liguria, che accoglieva parzialmente i gravami, ritenendo che le aree scoperte non fossero assoggettabili ad ICI.

 

Considerato che

 

a) Ricorsi n. 28874-14, n. 28921-14, 28921-14, dell'Agenzia delle entrate e del Territorio avverso le sentenze n. 518/07/14, n. 520107/14, n. 519/07/14 della Commissione Tributaria Regionale della Liguria

1. Con il primo motivo si censura la sentenza impugnata, denunciando violazione /o falsa applicazione dell'art. 18 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4, o n. 3, c.p.c., tenuto conto che nessun avviso di accertamento e classamento era stato emesso da parte dell'Agenzia delle entrate, già Agenzia del Territorio, suscettibile di impugnazo' ne, atteso che il classamento si sarebbe perfezionato attraverso la validazione della procedura DOCFA, con validazione di una rendita conforme alla proposta della parte interessata, con la conseguenza che il ricorso introduttivo, ritualmente proposto nei confronti del Comune, per l'annullamento dell'atto di tale ente, avrebbe indebitamente chiamato in causa l'ex Ufficio del Territorio, senza contenere una chiara indicazione dell'atto impugnato in violazione dell'art. 18, commi 2, lett. d) e 4 d.lgs. n. 546 del 1992.

1.1. Il primo motivo è inammissibile perché carente di autosufficienza, dovendosi ritenere la novità della questione proposta. Questa Corte ha in più occasioni precisato che: "In tema di ricorso per cassazione, il ricorrente che proponga una determinata questione giuridica, che implichi accertamenti in fatto, ha l'onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dare modo alla Corte di controllare "ex actis" la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione" (Cass. n. 27468 del 2017; conf. Cass. n. 1435 del 2013). Onere processuale a cui parte ricorrente non ha ottemperato.

2. Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2 D.M. 28/1998, 5 RDL n. 652 del 1939, 40 del d.P.R. n. 1149 del 1949, in relazione all'art. 360 comma 1, n. 3, c.p.c., avendo i giudici di appello disatteso le linee guida nel metodo di estimo, sicchè la sentenza impugnata sarebbe censurabile laddove opera un distinguo tra le diverse porzioni della piastra logistica, che per natura non potrebbero essere scomposte, pena la perdita di qualsiasi autonomia funzionale e autonoma capacità reddituale, riferibile esclusivamente all'insieme di beni. Si precisa che per la natura dell'attività svolta dalla V. T. E. nessuna autonomia funzionale o capacità reddituale potrebbe riconnettersi agli edifici di servizio, pure classibicabili in cat. D/8, ove questi non fossero adiacenti e strettamenti strumentali alle estese aree scoperte ed attrezzate per la movimentazione di merci di transito.

2.2. Il motivo è fondato. Questa Corte ha affermato il principio, a cui intende dare continuità, secondo cui: "In tema di ICI, sono assoggettate al pagamento dell'imposta in quanto non classificabili in categoria E, le aree c.d. scoperte che risultino indispensabili al concessionario del bene demaniale per lo svolgimento della sua attività, atteso che il presupposto dell'imposizione è che ogni area sia suscettibile di costituire un'autonoma unità immobiliare, potenzialmente produttiva di reddito" (Cass. n. 10031 e 10032 del 2017).

Dalla piana lettura delle sentenze impugnate si evince che le aree c.d."scoperte" risultano indispensabili al concessionario del bene demaniale per svolgere la propria attività imprenditoriale, con la conseguenza che alle stesse non può essere applicata alcuna esenzione perché produttrici di reddito.

A tale riguardo va ricordato che: "In tema di classamento, ai sensi dell'art. 2, comma 40, del d.l. n. 262 del 2006, convertito, con modificazioni, nella legge n. 286 del 2006, nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/S, E/6, ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ed ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale, e, cioè, alla luce del combinato disposto degli artt. 5 del r.d.l. n. 652 del 1939 e 40 del d.P.R. n. 1142 del 1949, immobili per se stessi utili o atti a produrre un reddito proprio, anche se utilizzati per le finalità istituzionali dell'ente titolare" (Cass. n. 20026 del 2015).

Ne consegue che le aree "scoperte" di un T. portuale, destinate all'esercizio di un attività imprenditoriale, come nella specie, e produttive di reddito, costituiscono unità immobiliari imponibili ai fini ICI.

3. La Commissione Tributaria Regionale, con le impugnate pronunce, non ha fatto buon governo dei principi espressi, atteso che, pur dando atto nelle motivazioni delle sentenze censurate che le aree c.d. scoperte sono funzionali all'attività svolta dal concessionario, alla quale sono necessariamente collegate, ha concluso affermando erroneamente applicabile l'esenzione dal pagamento dell'ICI, ritenendo l'inserimento di tali beni nella categoria catastale E/1, con la conseguenza che le decisioni in parte qua vanno cassate.

4. In definitiva, con riferimento ai ricorsi n. 28874-14, n. 28921-14, 28921-14, proposti dall'Agenzia delle entrate e del Territorio, va accolto il secondo motivo di ricorso, dichiarato inammissibile il primo, le sentenze impugnate, pertanto, vanno cassate e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, vanno rigettati i ricorsi introduttivi proposti dalla società contribuente. b) Con Ricorso n. 29021 -14 il Comune di Genova ha proposto ricorso cumulativo avverso le sentenze nn. 516 - 517 - 518 - 519 - 520 del 2014 della Commissione Tributaria Regionale della Liguria.

5. Va, preliminarmente rigettata l'eccezione di inammissibilità del ricorso cumulativo avverso più sentenze, tenuto conto che nella specie vi è coincidenza delle parti e delle questioni di diritto oggetto della controversia. Questa Corte ha, infatti, precisato che: " In materia tributaria, fermi restando gli eventuali obblighi tributari del ricorrente, in relazione al numero dei provvedimenti impugnati, è ammissibile il ricorso cumulativo avverso più sentenze emesse tra le stesse parti, sulla base della medesima "ratio", in procedimenti formalmente distinti ma attinenti allo stesso rapporto giuridico di imposta, pur se riferiti a diverse annualità, ove i medesimi dipendano per intero dalla soluzione di una identica questione di diritto comune a tutte le cause, in ipotesi suscettibili di dare vita ad un giudicato rilevabile d'ufficio in tutte le cause relative al medesimo rapporto di imposta"(Cass. n. 4595 del 2017; Cass. n. 8075 del 2013).

6. Con riferimento ai ricorsi in esame, V. T. Europa S.p.A. ha depositato memorie chiedendo riconoscersi l'efficacia espansiva del giudicato esterno relativo alla sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Genova, n. 381, pronunciata il 26 gennaio 2015 e depositata in 1 aprile 2015.

L'eccezione non può trovare accoglimento, per le considerazioni che seguono. Questa Corte, con indirizzo condiviso, ha affermato il principio secondo cui: "Affinchè il giudicato esterno possa fare stato nel processo è necessaria la certezza della sua formazione, che deve essere provata, pur in assenza di contestazioni, attraverso la produzione della sentenza munita del relativo attestato di cancelleria" (Cass. n. 20974 del 2018; Cass. n. 6024 del 2017).

A tale onere processuale non si è ottemperato, atteso che V. T. E., ai fini della prova del passaggio in giudicato della pronuncia, ha depositato una copia della visura catastale dell'immobile che, a margine dei dati catastali, reca la seguente indicazione:

"Si annota la sentenza n. 381 della CTR, sez. 1, depositata il 1/4/2015, passata in giudicato".

Tale annotazione non risponde ai requisiti di forma richiesti ai sensi dell'art. 124 delle disp.att.c.p.c., tenuto conto anche della valenza meramente indiziaria delle visure catastali (destinate a cedere in presenza di un titolo, giuridicamente valido, di segno contrario v. Cass. n. 16094/2003; Cass. n.14420/2010; Cass. n.13061/2017).

Va, altresì, rilevato che in tema di ICI, questa Corte ha escluso l'effetto vincolante del giudicato esterno (che nella fattispecie è riferito all'anno di imposta 2007), intervenuto in un'altra controversia tra le stesse parti in relazione a diverse annualità, atteso il carattere variabile del presupposto di imposta, costituito dal valore della rendita catastale (v. Cass. n. 17760 del 2018, Cass. n. 4832 del 2015).

7. Ciò premesso, venendo all'esame dei motivi di ricorso, con il primo motivo, il Comune di Genova denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., atteso che nel corso del giudizio di merito, l'ente comunale aveva diffusamente rilevato di aver provveduto a calcolare l'imposta dovuta dalla contribuente sulla base di una ben precisa rendita catastale proposta dallo stesso proprietario e non rettificata dall'Agenzia del territorio. In data 18 dicembre 2008, l'Autorità Portuale, in qualità di proprietaria aveva presentato una dichiarazione DOCFA, proponenedo l'accatastamento dei fabbricati scoperti nella categoria D/8, e l'attribuzione agli stessi di una rendita catastale pari ad euro 1.261.182,00. Tale rendita era stata accettata senza modifiche dall'Agenzia del Territorio e su tale base il Comune aveva provveduto alla liquidazione dell'imposta dovuta. In sede di contestazione di accertamento ICI doveva ritenersi preclusa ogni rettifica alla rendita catastale ormai divenuta definitiva, tenuto conto che se la società contribuente avesse inteso affermare la riconducibilità del compendio in concessione alla categoria E, avrebbe dovuto proporre, direttamente, ovvero a supporto dell'Autorità Portuale ; una dichiarazione DOCFA.

8. Con il secondo motivo, il Comune di Genova denuncia violazione degli artt. 2697 c.c. e 7, comma primo, lett. b) del d.lgs. 504 del 1992, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.. Parte ricorrente deduce che la concessionaria V. T. E. non avrebbe versato l'Ici per le vaste aree scoperte dalla stessa utilizzate, pretendendo di rientrare in una delle ipotesi di esenzione, di cui all'art. 7, del d.lgs. 504 del 1992, senza fornire alcuna prova al riguardo.

Inoltre, il complesso immobiliare in concessione sarebbe interamente destinato ad attività imprenditoriale dalla stessa svolta, con la conseguenza che tale attività non potrebbe essere considerata in alcun modo pubblico servizio.

9. Con il terzo motivo il Comune di Genova denuncia violazione dell'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. atteso che i giudici di appello, con affermazione apodittica ed infondata affermerebbero che la differenza tra immobili produttivi di reddito, assoggettati ad ICI, e immobili finalizzati a pubblica funzione, esenti da imposta, risiederebbe esclusivamente nella circostanza che gli stessi siano aree coperte o scoperte, affermazione che non troverebbe alcun riscontro normativo.

10. Con il quarto motivo il Comune di Genova denuncia violazione dell'art. 3, comma secondo, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.. Parte ricorrente ritiene l'illegittimità delle sentenze impugnate, atteso che l'imponibilità ICI dei soli immobili e non delle aree "scoperte", determinerebbe un'interpretatio abrogans dell'art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992. La disposizione, modificata dall'art. 18, comma 3, della I. 23 dicembre 2000, n. 388 (Legge Finanziaria 2001), avrebbe l'effetto di assoggettare a imposta esattamente le aree "scoperte" oggetto della presente vertenza e la precipua funzione di estendere il pagamento dell'ICI a tutti i concessionari di aree demaniali coperte o scoperte, a prescindere dalla titolarità di diritti reali sulle stesse.

11. Per ragioni di priorità logica, vanno esaminati il secondo ed il terzo motivo di ricorso, le cui censure, in quanto fondate, vanno accolte, tenuto conto delle argomentazioni di punto 2.2. della presente motivazione, a cui integralmente si fa espresso rinvio.

Dall'accoglimento dei suddetti motivi, consegue l'assorbimento dei restanti. La CTR, nelle sentenze impugnate, non ha fatto buon governo dei principi sopra enunciati, ritenendo non applicabile l'ICI alle aree "scoperte", ancorchè date in concessione ed utilizzate nell'ambito di attività di impresa, con la conseguenza che con riferimento a tali statuizioni, le sentenze impugnate vanno cassate.

12. In definitiva, va accolto il secondo motivo e dichiarato inammissibile il primo dei ricorsi, n. 28874-14, n. 28931-14, n. 28921-14, proposti dall'Agenzia delle entrate e del territorio, e vanno accolti il secondo e terzo motivo e dichiarati assorbiti i restanti del ricorso n. 29021-14, proposto dal Comune di Genova. Ne consegue la cassazione delle sentenze impugnate e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, vanno rigettati i ricorsi originari proposti dalla società contribuente. Tenuto conto del recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulle questioni trattate, rispetto all'epoca della introduzione della lite, le spese di ogni fase e grado, con riferimento a tutti i giudizi, vanno interamente compensate tra le parti.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il secondo motivo e dichiara inammissibile il primo dei ricorsi n. 28874-14, n. 28931-14, n. 28921-14 proposti dall'Agenzia delle entrate e del territorio, ed accoglie il secondo e terzo motivo e dichiara assorbiti i restanti del ricorso n. 29021-14 proposto dal Comune di Genova, cassa le sentenze impugnate e, decidendo nel merito, rigetta i ricorsi originari proposti dalla società contribuente. Compensa integralmente tra le parti le spese di lite dell'intero giudizio.