Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 13 febbraio 2017, n. 3715

Affitto a terzi di un ramo d’azienda - Documentazione della crisi economica - Vizi di legittimità

Fatto e diritto

 

La Corte, costituito il contraddittorio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., come modificato dal d.l. 31/8/2016, convertito dalla L. 25/10/2016, n. 197, osserva quanto segue.

1. In fattispecie riguardante l’impugnazione del rigetto della richiesta, ex art. 37-bis, co. 8, d.P.R. 600/73, di disapplicazione della disciplina di cui all’art. 30, L. n. 724/94 (cd. società non operative o "di comodo"), la contribuente ha denunziato con il primo motivo di ricorso la "violazione e falsa applicazione dell’art. 30, comma 4-bis, Legge n. 724/94, nonché nullità della sentenza per omessa o contraddittoria esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4 e all’art. 115, 2° comma, c.p.c." ed analogamente con il secondo la "violazione e falsa applicazione dell’art. 30, primo comma, legge n. 724/94, nonché nullità della sentenza per omessa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4, c.p.c.".

2. Secondo la ricorrente, in particolare, la decisione impugnata si fonderebbe erroneamente sul mancato superamento del test di operatività previsto dalla normativa antielusiva e sulla mancata documentazione della crisi economica che avrebbe indotto la società - operante sul mercato da circa un ventennio — a ricorrere all’affitto a terzi di un ramo d’azienda, sostanzialmente poiché il giudice d’appello avrebbe trascurato di valutare i docc. 1), 3) e 4) prodotti in prime cure.

3. La proposta del relatore, formulata ai sensi del novellato art. 380-bis c.p.c. in termini di manifesta fondatezza del ricorso, presupponeva — come esplicitato in camera di consiglio — una riqualificazione dei motivi proposti ex art. 360, n. 3) e n. 4) c.p.c., in termini di omesso esame di fatti decisivi, ai sensi del successivo n. 5).

4. Tale opzione non appare però percorribile, dovendosi fare applicazione del principio per cui è inammissibile una censura veicolata come error in indicando ovvero in procedendo — ai sensi rispettivamente dell’art. 360, comma 1, n. 3) e n. 4) c.p.c. — ma che in realtà si risolva nella denuncia di un error facti ex art. 360 comma 1, n. 5), c.p.c., in tale categoria di vizio di legittimità ricadendo tanto "la denuncia della illogica inferenza probatoria, o della inesatta rilevazione dei fatti rappresentati nel documento prodotto in giudico, non essendo in questione la violazione di una norma che ponga divieti alla acquisizione di documenti o perizie provenienti dalla stessa parte in causa", quanto la critica rivolta alla "inesatta ricostruzione della fattispecie concreta alla stregua delle risultante istruttorie, e dunque un errore di fatto che doveva essere censurato attraverso il vizio di illogica motivazione" (in termini, tra le più recenti, Cass. sez. V, sent. n. 26110/15).

5. La ontologica incompatibilità tra le diverse categorie di vizi di legittimità sopra menzionate è stata ripetutamente affermata da questa Corte, la quale, nel distinguere l’attività interpretativa della fattispecie normativa astratta rispetto dall’attività valutativa della fattispecie concreta emergente dalle risultanze probatorie (v. Cass. sez. I, n. 15499/04), ha espressamente affermato che "in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella decisione di un'erronea ricognizione, da patte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l'allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultante di causa è esterna all'esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l'aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l'una  l'altra ipotesi - violazione di legge in senso proprio a causa dell'erronea ricognizione dell'astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta - è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa" (Cass., sez. IV, n. 16698/10; cfr. sez. II, n. 6224/02; sez. IlI, n. 10385/05 e n. 10295/07; sez. V, n. 9185/11).

6. Di conseguenza, il ricorso va dichiarato inammissibile, senza che, in assenza di difese della parte intimata, sia necessaria alcuna statuizione sulle spese processuali, le quali restano a carico della ricorrente che le ha anticipate.

7. Sussistono invece i presupposti di legge per il raddoppio del contributo unificato.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibili i motivi del ricorso. Dichiara altresì irripetibili le spese anticipate dalla ricorrente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, co. 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 - bis dello stesso art. 13.