Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 15 maggio 2017, n. 11984

Lavoro - Collaborazione coordinata e continuativa - Irregolarità - Riqualificazione in rapporto di lavoro subordinato - Verbali di ispezione - Impugnazione

Ritenuto in fatto

La Società A. (ora A.C.) s.p.a. ha promosso davanti al Tribunale regionale amministrativo per il Lazio un giudizio contro il Ministero del lavoro e delle Politiche sociali e la Direzione Provinciale del lavoro di Roma per l'annullamento dei verbali di ispezione redatti fra il 21 ed il 24.8.2006, nn. 6.5. vig./103-153 e 6.15.pen./103-153, per asserite irregolarità dei rapporti di lavoro di collaborazione coordinata e continuativa e poi di progetto, con consequenziale riqualificazione dei medesimi in rapporto di lavoro subordinato ai sensi dell'art. 69 D.L.vo n. 276/2003.

Instaurato il contraddittorio, nella resistenza dell'Amministrazione, intervenuti ad opponendum, al fine di sostenere le ragioni delle resistenti i lavoratori V.A.G., C.B., A.T. e C.Q., il TAR con ordinanza n. 9187 del 20 agosto 2014 ha dichiarato il difetto di giurisdizione del g.a.

In virtù di rituale appello interposto dalla A.C., nella resistenza delle sole Amministrazioni, il Consiglio di Stato ha rigettato il gravame evidenziando che le impugnazioni avverso i verbali di contestazione de quibus allorchè avevano carattere sanzionatorio dovevano essere proposte dinanzi al giudice individuato dalla legge n. 689/1981, mentre le mere diffide a sanare le inadempienze, non avendo natura sanzionatoria, non erano impugnabili in sede giurisdizionale.

L'A.C. ha presentato ricorso per regolamento di giurisdizione, cui hanno replicato con controricorso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero del lavoro e delle Politiche sociali.

In prossimità della pubblica udienza le Amministrazioni hanno depositato memoria illustrativa.

 

Considerato in diritto

 

La parte ricorrente sostiene che nella fattispecie sussista la giurisdizione del giudice amministrativo, affermando che a monte dei verbali opposti ed impugnati vi sarebbe attività provvedimentale lesiva di interessi; aggiunge che le prescrizioni impartite dalla direzione provinciale del lavoro, avendo una duplice natura, seguono un percorso autonomo e parallelo rispetto al procedimento sanzionatorio con il quale si coordinano, mantenendo una propria autonoma efficacia accertativa e cogente in relazione alle condotte che ne costituiscono l'oggetto. Secondo la parte ricorrente l'Autorità amministrativa ha facoltà di portare ad esecuzione le prescrizioni e le stesse possono essere utilizzate quale presupposto per l'assunzione di iniziative sotto il profilo della qualificazione dei rapporti giuridici e dei trattamenti previdenziali, per cui non può essere negata la tutela giurisdizionale che spetta avverso agli atti amministrativi illegittimi.

Insiste la ricorrente nel ritenere che l'autonoma impugnabilità in sede giurisdizionale di detti verbali di accertamento consegue ad una corretta interpretazione dell'art. 17 legge n. 124 del 2004, il quale non esclude poi la possibilità dei ricorsi amministrativi.

Il ricorso è inammissibile.

Nell'ambito del programma di riforma del mercato del lavoro e dell'occupazione di cui alla legge 14 febbraio 2003 n. 30 al Governo è stata delegata anche la materia relativa alle funzioni ispettive nel settore della previdenza sociale e del lavoro.

In particolare, ai sensi del 10 comma dell'art. 8 della citata legge, all'Esecutivo è stata attribuita la delega, da esercitarsi con uno o più decreti legislativi di attuazione, ad intervenire sul riassetto della disciplina vigente nelle ispezioni in materia di previdenza sociale e di lavoro, nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati nel successivo comma.

I limiti imposti dal legislatore delegante destinati ad incidere con maggiore rilevanza sul contenuto e nello svolgimento della funzione ispettiva sono quelli stabiliti alle lettere a), b), f) e g) del 2° comma del citato art. 8.

Attraverso la loro previsione, infatti, viene realizzata una profonda e sostanziale modifica dell'attività ispettiva in materia di lavoro e previdenza sociale sia sotto il profilo organizzativo che funzionale.

Sul primo versante, l'attività ispettiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali viene riorganizzata attraverso l'istituzione di una direzione generale con compiti di direzione e di coordinamento delle strutture periferiche del Ministero al fine di assicurare l'esercizio unitario della predetta funzione (lettera f), provvedendosi, altresì, a razionalizzare gli interventi ispettivi di tutti gli organi di vigilanza, compresi quelli degli enti previdenziali, ed attribuendosi alle direzioni regionali e provinciali del lavoro compiti di direzione e coordinamento operativo sulla base delle direttive adottate dalla direzione generale (lettera g).

Sotto il profilo funzionale, l'attività ispettiva viene connaturata, rispetto al passato, di competenze ulteriori quali la consulenza a favore dei soggetti destinatari della disciplina in materia di lavoro e previdenza sociale e la conciliazione delle controversie individuali e ciò, da un lato, al fine di improntare il sistema delle ispezioni alla prevenzione e promozione dell'osservanza degli obblighi previdenziali, del rapporto di lavoro, del trattamento economico e normativo minimo e dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (lettera a) e, dall'altro, nell'intento di definire un raccordo efficace tra la funzione ispettiva e quella conciliativa (lettera b).

Ai sopra evidenziati principi si è ispirato il decreto legislativo 23 aprile 2004 n. 124.

Come già affermato in recenti pronunce (cfr Cass. SSUU nn. 19707 e 3694 del 2012), il D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124 in tema di razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro, a norma della L. 14 febbraio 2003, n. 30, art. 8, le attività degli ispettori del lavoro sono due, consistendo o nella sola vigilanza amministrativa o in quella penale. In ipotesi di vigilanza amministrativa, quale è quella oggetto del giudizio nel corso del quale è stato presentato il regolamento di giurisdizione, sono ammessi dal D.Lgs. n. 124 del 2004 i ricorsi in sede amministrativa alla direzione regionale del lavoro (art. 16) o al comitato regionale per i rapporti di lavoro (art. 17).

In sede giurisdizionale, tuttavia, la giurisdizione continua ad appartenere al giudice del lavoro ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689, ex art. 22, espressamente richiamata dalle predette norme con la disciplina generale per le sanzioni amministrative stabilita dalla detta legge.

Questa Corte ha già osservato che l'atto con il quale l'organo di vigilanza, ai sensi del D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, art. 20, avendo accertato una contravvenzione alla normativa in materia di prevenzione degli infortuni e di igiene del lavoro, impartisca le opportune prescrizioni fissando un termine per l'eliminazione delle irregolarità, non è annoverabile fra i provvedimenti amministrativi - dovendosi ad esso attribuire, invece, natura di atto di polizia giudiziaria - ed è quindi sottratto alle impugnazioni previste per i suddetti provvedimenti, tanto in sede amministrativa quanto in sede giurisdizionale (Cass. pen. 14 febbraio 2000 n. 1037; anche Cass. pen. 16 giugno 2009 n. 24791), trattandosi di atti endoprocedimentali.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla parte ricorrente, che ritiene l'esistenza di procedure (quella amministrativa e quella sanzionatoria) autonome tra loro, l'atto con il quale vengono impartite le prescrizioni al contravventore è ricondotto dal legislatore nel panorama degli atti tipici di polizia giudiziaria, sicché fa ad esso difetto qualsiasi connotazione di discrezionalità - sia pure sul versante, per così dire atipico, della cosiddetta discrezionalità tecnica - e promana da un organo che, in quanto esercente le funzioni previste dall'art. 55 c.p.p., è posto alle dipendenze e chiamato ad operare sotto la direzione della autorità giudiziaria, a prescindere (e, dunque, in piena autonomia funzionale) dal plesso ordinamentale in cui risulti iscritto da un punto di vista burocratico ed amministrativo.

Alla stregua dell'interpretazione che risulta del tutto prevalente nella giurisprudenza sia amministrativa che ordinaria, con riguardo a provvedimento prescrittivo adottato dal personale ispettivo quale organo di vigilanza relativamente all'applicazione della legislazione sulla sicurezza del lavoro, ex art. 20, d.lgs. 19 dicembre 1994 n. 758, deve escludersi la configurabilità di un mezzo di impugnazione di natura giurisdizionale, sia di legittimità del giudice amministrativo sia di merito del giudice ordinario.

Le spese del giudizio di legittimità - liquidate in dispositivo - vanno poste a carico della ricorrente.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate nella misura di € 7.000,00, oltre a spese prenotate e prenotande a debito e accessori.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.