Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 13 luglio 2017, n. 17296

Tributi locali - TARSU - Attività alberghiera - Riscossione - Cartella di pagamento - Applicazione delle tariffe

 

Esposizione dei fatti di causa

 

1. La società M. s.r.l. in liquidazione impugnava la cartella di pagamento notificata il 22.1.2007 dal concessionario G. s.p.a. per conto del Comune di Tivoli relativa alla Tarsu ed al tributo provinciale per l'anno 2005. La commissione tributaria provinciale di Roma rigettava il ricorso con sentenza che era confermata dalla commissione tributaria regionale del Lazio. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la società M. s.r.l. in liquidazione affidato a cinque motivi. Si è costituita in giudizio con controricorso Equitalia Sud s.p.a., già G. s.p.a..

2. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge e nullità della sentenza, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, n. 3 e 4, cod. proc. civ., in relazione all'articolo 161 cod. proc. civ. poiché in calce alla sentenza di secondo grado risultano apposte due sigle illeggibili sotto l'indicazione del relatore e del presidente sicché è impossibile comprendere chi effettivamente abbia emesso la sentenza impugnata.

3. Con il secondo motivo deduce nullità della sentenza, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., in relazione all'articolo 112 cod. proc. civ. dato che i giudici di appello hanno omesso di pronunciarsi in ordine all'eccezione di decadenza e di prescrizione dell'azione accertatrice ed in ordine alla genericità del contenuto della sentenza di primo grado perché in essa mancava qualsiasi ricostruzione dell'iter procedimentale e qualsiasi riferimento alle richieste delle parti nonché al contenuto della cartella impugnata. Sostiene, poi, che nella sentenza impugnata è stata omessa l'indicazione del comune di Tivoli quale parte processuale nel giudizio di primo grado e che la CTR ha omesso di pronunciarsi in ordine alla illegittimità della cartella esattoriale derivante dal fatto che era stato applicato dal Comune il regolamento comunale che, in violazione dell'articolo 68 del decreto legislativo 507/93, prevedeva una tariffa differenziata per le unità abitative e per gli esercizi alberghieri; tale regolamento avrebbe dovuto essere disapplicato ai sensi dell'articolo 7, comma 5, del decreto legislativo 546/92. Inoltre la CTR ha omesso di pronunciarsi in ordine all'ulteriore rilievo secondo cui il Comune di Tivoli avrebbe dovuto operare una riduzione della tariffa Tarsu in considerazione del fatto che l'attività alberghiera veniva svolta solamente in modo saltuario ed occasionale in taluni periodi dell'anno, rimanendo chiusi i locali nei restanti periodi. Infine nella cartella non era specificato quali importi erano richiesti a titolo di Tarsu e quali, invece, a titolo di tributo provinciale per lo svolgimento delle funzioni ambientali e per l'addizionale erariale.

4. Con il terzo motivo deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Sostiene che la CTR non ha motivato in ordine al rilievo relativo alla mancata differenziazione della tariffa per abitazioni ed alberghi, giusta l'art. 68. D. Lvo 507/93.

5. Con il quarto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, n. 3 e 5, cod. proc. civ., in relazione all'articolo 19 del decreto legislativo 546/92, all'articolo 68 del decreto legislativo 507/93 ed all'articolo 7 del decreto 70 stesso d.lgs, oppure nel caso in cui l'ufficio ritenga che la denuncia presentata sia infedele od incompleta, mentre, qualora, come nel caso di specie, la denuncia sia stata presentata, l'ente, ove ritenga di non contestarla, procede attraverso la notifica della cartella esattoriale senza previo emissione di alcun avviso di accertamento, liquidando il tributo in base agli elementi dichiarati dallo stesso contribuente o a seguito di denuncia di variazione. In tal caso la notifica della cartella di pagamento, prima dell'entrata in vigore della legge n. 296/2006, non era sottoposta ad alcun termine di decadenza, posto che quello fissato dall'art. 72, comma 1, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, si riferisce esclusivamente alla formazione e alla notifica del ruolo, ma doveva comunque avvenire nel termine di prescrizione di cinque anni, ai sensi dell'art. 2948, n. 4, cod. civ. (Cass. n. 24679 del 23/11/2011)

La legge n. 296/2006, art. 1, comma 163, prevede che, nel caso di riscossione coattiva dei tributi locali il relativo titolo esecutivo deve essere notificato al contribuente, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo. Ed il successivo comma 171 prevede che le norme di cui ai commi da 161 a 170 si applicano anche ai rapporti di imposta pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Ora, considerato che la cartella di pagamento è stata notificata nel 2007 per la tassa afferente il 2005, il rapporto di imposta era ancora pendente poiché non era maturato il termine di prescrizione di cinque anni, per il che si applicava il termine triennale di cui all'art. 1, comma 163, citato. La notifica della cartella è, dunque, avvenuta nei termini anche secondo la nuova disciplina introdotta dalla legge n. 296/2006.

Il motivo riferito al non aver la CTR pronunciato in ordine al rilievo della genericità del contenuto della sentenza di primo grado perché in essa mancava qualsiasi ricostruzione dell'iter procedimentale e qualsiasi riferimento alle richieste delle parti nonché al contenuto della cartella impugnata è inammissibile perché generico, non avendo indicato specificamente quali censure erano state svolte in ordine al contenuto della sentenza di primo grado.

Il fatto che nell'intestazione della sentenza di secondo grado sia stata omessa l'indicazione del comune di Tivoli, benché esso fosse stato parte processuale nel giudizio di primo grado, non determina la nullità della sentenza, non essendo stata eccepita la violazione del principio del contraddittorio e posto che dal contenuto della sentenza è dato evincere il riferimento all'ente territoriale quale parte processuale.

I rilievi relativi alla carente motivazione della cartella per non essere in essa indicati separatamente gli importi dovuti a titolo di Tarsu e quelli a titolo di tributo provinciale per lo svolgimento delle funzioni ambientali e di addizionale erariale sono inammissibili per difetto del requisito dell'autosufficienza sancito dall'art. 366 cod. proc. civ., avendo la ricorrente censurato la sentenza della commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione della cartella senza riportarne il testo. Ciò facendo la ricorrente non ha consentito la verifica esclusivamente in base al ricorso medesimo, dovendosi considerare che la predetta cartella non è un atto processuale, bensì amministrativo, la cui legittimità è necessariamente integrata dalla motivazione dei presupposti di fatto e dalle ragioni giuridiche poste a suo fondamento (cfr. Cass. n. 9536 del 19/04/2013; Cass. n. 8312 del 04/04/2013).

Analogamente è inammissibile il rilievo relativo al fatto che l'illegittimità della cartella deriverebbe dalla circostanza che è stato applicato dal Comune il regolamento comunale che, in violazione dell'articolo 68 del decreto legislativo 507/93, prevedeva una tariffa differenziata per le unità abitative e per gli esercizi alberghieri, dal che sarebbe derivato l'obbligo della disapplicazione del regolamento stesso da parte della CTR a norma dell'articolo 7, comma 5, del decreto legislativo 546/92. Invero, ai fini dell'ammissibilità del ricorso per cassazione avverso l'applicazione della tassa sui rifiuti solidi urbani (TARSU) per violazione del regolamento di un Comune, ove siano sollevate censure che comportino l'esame di detto regolamento, è necessario, per il principio di autosufficienza del ricorso, che le norme del regolamento invocate siano interamente trascritte o allegate, non operando, con riguardo alle norme giuridiche secondarie, il principio iura novit curia, e non rientrando, pertanto, la conoscenza dei regolamenti comunali tra i doveri del giudice che, solo ove disponga di poteri istruttori, può acquisirne diretta conoscenza, indipendentemente dall'attività svolta dalle parti (Cass. n. 1391 del 23/01/2014; Cass. n. 29322 del 15/12/2008; Cass. n. 12786 del 29/05/2006).

Quanto al rilievo relativo al fatto che il Comune avrebbe dovuto concedere una esenzione poiché l'attività alberghiera veniva svolta solamente in modo saltuario ed occasionale in taluni periodi dell'anno, rimanendo chiusi i locali nei restanti periodi, si osserva che, in tema di TARSU, nel caso di esercizi alberghieri dotati di licenza annuale, essendo il presupposto del tributo costituito dalla occupazione o conduzione di locali a qualsiasi uso adibiti, ai fini della esenzione dalla tassa non è sufficiente la sola denuncia di chiusura invernale ma occorre allegare e provare la concreta inutilizzabilità della struttura (Cass. n. 22756 del 09/11/2016). Nel caso che occupa la ricorrente non ha allegato né di aver effettuato la denuncia di chiusura invernale né di non aver provato in concreto di non averla utilizzata, per il che il rilievo è infondato.

Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere ad Equitalia Sud s.p.a. le spese processuali che liquida in euro 2.200,00, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge.