Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 13 dicembre 2018, n. 32269

Dichiarazioni dei redditi - Omessa presentazione - Accertamento - Riscossione - Valore terreno - Plusvalenza

 

Rilevato che

 

S.D. ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 18/03/2011, depositata il 27.01.2011 dalla Commissione Tributaria Regionale dell'Abruzzo;

ha riferito che a seguito della vendita di un terreno, detenuto in proprietà unitamente al coniuge F.A., l'Agenzia delle Entrate le notificava l'avviso di accertamento n. 879010300549/2007 sul presupposto della mancata presentazione della dichiarazione dei redditi per l'anno 2005, e, determinando il valore del terreno da sottoporre a tassazione separata ai sensi degli artt. 67 e 68 co. 2 del d.P.R. n. 917 del 1986, gli attribuiva una plusvalenza pari a € 97.329,63 pro quota, con applicazione delle imposte, degli interessi e delle sanzioni.

Seguiva il contenzioso, esitato dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale dell'Aquila con la sentenza n. 284 del 2009, che accoglieva parzialmente le doglianze della contribuente, rideterminando la plusvalenza nel più contenuto importo di € 49.000,00.

L'Agenzia appellava la sentenza dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale dell'Abruzzo, insistendo sui valori accertati; parimenti la contribuente proponeva appello incidentale per l'accoglimento integrale del ricorso introduttivo, con il quale negava ogni plusvalenza. Con la sentenza ora impugnata il giudice regionale accoglieva l'appello principale.

La S. censura la sentenza con cinque motivi:

con il primo per <<invalidità della sentenza di secondo grado per omessa pronuncia>> per non aver esaminato l'appello incidentale;

con il secondo per <<inammissibilità dell'appello principale proposto dinanzi alla CTR di l'Aquila dall'Agenzia delle Entrate>> relativamente alla doglianza formulata dall'Ufficio sulla non inerenza delle migliorie apportate ai terreni edificabili, per la quale il contribuente aveva eccepito l'inammissibilità mentre il giudice d'appello ha omesso l'esame della eccezione;

con il terzo per <<violazione e falsa applicazione dell'art. 68 TUIR>> dolendosi che sul punto la motivazione della sentenza è solo una petizione di principio;

con il quarto per <<omessa e insufficiente motivazione>> per aver acriticamente affermato che le migliorie rivendicate dal contribuente non erano state realizzate sulla parte del terreno oggetto di compravendita;

con il quinto per <<violazione degli artt. 359 e 277 c.p.c.>> per l'omesso esame dell'appello incidentale.

Ha chiesto pertanto la cassazione della sentenza, con decisione nel merito di annullamento dell'avviso di accertamento o in via gradata con rinvio ad altro giudice.

Si è costituita l'Agenzia, eccependo la inammissibilità di ciascuno dei motivi per mancata specificazione delle ipotesi, tra quelle indicate nell'art. 360 c.p.c., che si assumono violate, e nel merito sostenendo la loro infondatezza.

 

Considerato che

 

esaminando in via preliminare l'eccepita inammissibilità dei motivi di ricorso per come formulati, questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha affermato che il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall'art. 360, co. 1, c.p.c., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l'esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi (cfr. Cass., n. 10862/2018; 23381/2017; 24553/2013; 6671/2006).

Con riferimento al caso di specie la formulazione del primo motivo, pur non completa, è sufficientemente specifica tenendo conto delle argomentazioni sviluppate.

Nel merito il motivo, con il quale ci si duole dell'omesso esame del ricorso incidentale, è infondato. Il ricorso incidentale infatti era speculare a quello principale introdotto dalla Agenzia. Così come questa insisteva nel riconoscimento integrale della plusvalenza contestata al contribuente, allo stesso modo la S. insisteva per il disconoscimento integrale della plusvalenza. La valutazione degli elementi e delle ragioni addotte da ciascuna delle parti erano prova della propria domanda e controprova avverso le istanze della controparte. Ne consegue che la motivazione del giudice regionale ha tenuto conto di tutti gli elementi, e con essi delle reciproche istanze -ancorché manchi nella premessa della sentenza un esplicito riferimento alla domanda incidentale del contribuente, tant'è che nella motivazione sono esplicitamente esaminati, e ritenute prove non idonee, molti degli elementi su cui la contribuente ha fondato l'insussistenza di ogni plusvalenza.

Il quinto motivo è assorbito dalla decisione sul primo.

È inammissibile invece il secondo motivo. Con esso infatti si chiede l'inammissibilità dell'appello principale della Agenzia perché, si assume, l'Ufficio aveva affermato che le migliorie rivendicate dal contribuente non erano inerenti il terreno edificabile oggetto di cessione, e tale affermazione era da ritenersi generica, mentre sul punto la sentenza non si è pronunciata. Sennonché l'omessa pronuncia doveva essere censurata sotto il profilo dell'error in procedendo, invocando la nullità della sentenza, mentre anche dallo svolgimento delle argomentazioni del motivo di ricorso in cassazione nulla si evince in tal senso.

È inammissibile il terzo motivo, con il quale il contribuente sostiene che il giudice regionale, valorizzando ai fini della plusvalenza solo il decreto pronunciato nel 1995 in sede giurisdizionale per il riconoscimento della proprietà del terreno (per usucapione) si limiterebbe ad una petizione di principio. Con il motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell'art. 68 cit. e nello sviluppo argomentativo continua a dolersi della errata interpretazione delle norme. Sennonché le censure alla interpretazione della norma vengono fondate su elementi di fatto, che afferiscono però al vizio motivazionale e non ad un error in iudicando.

Con il quarto motivo lamenta l'omessa e insufficiente motivazione, insistendo nel valorizzare gli elementi addotti ai fini del disconoscimento di ogni plusvalenza ricavata dalla cessione onerosa del terreno.

In materia di vizio di motivazione la Corte ha affermato che la sua deduzione non attribuisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico - formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico - giuridico posto a base della decisione (Cfr. Cass., Sez. 5, ord. n. 19547/2017; sent. n. 17477/2007).

Nel caso di specie la sentenza: 1) ha valorizzato il decreto emesso dal pretore nella causa per usucapione risalente al 1995; 2) ha invece negato valore -può aggiungersi correttamente - a scritture private o perizie di parte; 3) ha ulteriormente specificato che i costi per migliorie andavano comunque documentati così come provata la loro inerenza al terreno edificatorio oggetto di cessione; 4) ha espresso in ogni caso valutazioni sulla consulenza prodotta dal ricorrente; 5) ha evidenziato che manca ogni prova documentale dei costi presunti sostenuti. La motivazione non è viziata da salti logici o da errori materiali, sicché sotto questo profilo il controllo riservato al giudice di legittimità non evidenzia profili di insufficienza o omissioni. Ogni diversa lettura dei dati disponibili, come pretende evidentemente la ricorrente, è inibita in questo giudizio.

In conclusione il motivo è infondato.

Considerato che.

Il ricorso va rigettato. Le spese di causa seguono la soccombenza nella misura specificata in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento in favore della Agenzia delle spese di causa, che liquida in € 3.600,00 oltre spese prenotate a debito.