Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 28 luglio 2017, n. 18839

Lavoro - Dirigente scolastica - Dimissione - Riammissione in servizio - Riliquidazione dall'INPDAP del trattamento di fine rapporto

 

Fatti di causa

 

La Corte d'appello di Venezia, con sentenza n. 530/2011, ha accolto l'impugnazione proposta dall'INPDAP avverso la sentenza del Tribunale di Verona di accoglimento della domanda proposta da G. M., dirigente scolastica dimessasi dal servizio, riammessa su sua richiesta il 1.9.2002 e cessata definitivamente in data 1.9.2005, tesa ad ottenere la riliquidazione dall'INPDAP del trattamento di fine rapporto per il periodo 2002-2005 secondo la disciplina dei dipendenti pubblici assunti prima del 31.12.2000, sul presupposto che la riammissione in servizio corrispondesse a nuova assunzione come previsto dagli artt. 516 del d. Igs. 297/1994 e 132 del d.p.r. n. 3/1957 con consequenziale applicazione della disciplina del calcolo del trattamento di fine rapporto relativa al nuovo rapporto instaurato a seguito della riammissione.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione G. M. prospettando due motivi illustrati da memoria. Resiste l'INPS, nelle more succeduto all'INPDAP ai sensi dell'art. 21 del d.l. n. 201/2011 conv. in I. 214/2011, con contro ricorso.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo di ricorso G. M. lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 516 del d.lgs. 297/1994, dell'art. 132 del d.p.r. 3/1957, dell'art. 97 della Cost., degli artt. 3 del d.p.r. 3/1957 ed 1 del d.p.r. n. 487/1994 e dell'art. 2 della legge n. 335/1995, ai sensi dell'art. 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ., evidenziando che, contrariamente alla tesi adottata dalla Corte territoriale, la riammissione in servizio costituisce una ipotesi peculiare e distinta tra i modi di costituzione del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni per cui essa non avrebbe potuto essere assimilata alle mere assunzioni, avvenute a decorrere dal 31.12.2000, a cui era stata estesa la disciplina di calcolo del t.f.r. prevista dall'art. 2120 cod. civ. ad opera dell'art. 2 comma 5 della I. n. 335/1995 e dei successivi dd.mm.20.12.1999 e 2.3.2001.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e o falsa applicazione dell'art. 4 del d.p.r. 1032/1973 derivante dalla circostanza, disattesa dalla Corte territoriale, che tale norma prevede che l'indennità di buonuscita venga riliquidata dopo la riassunzione in servizio con ciò rafforzando la tesi che si tratti di ricalcolare un diritto già acquisito dal dipendente.

3. I due motivi, legati da evidente connessione e dunque da trattare congiuntamente, sono infondati. La questione centrale è chiaramente quella relativa alla ricostruzione sistematica dell'istituto della riammissione in servizio del dipendente pubblico ed, in particolare, se la riammissione sortisca l'effetto di una nuova costituzione di rapporto d'impiego ovvero se si tratti di una mera ripresa del precedente rapporto lavorativo, mentre tutte le ulteriori considerazioni svolte dalla ricorrente costituiscono mere conseguenze adattabili alla premessa.

4. Questa Corte di cassazione, (Cass. 14 agosto 2008 n. 21660), ha avuto modo di chiarire che, a seguito della contrattualizzazione del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti, il potere di disporre la riammissione in servizio previsto dall’art. 132 t.u. n. 3 del 1957 si è trasformato in potere privato. Dunque, è stato precisato che l'istituto della riammissione in servizio del dipendente pubblico già dimissionario, ai sensi dell'art. 132 del d.P.R. 3 del 1957 e 516 del d.lgs. 297 del 1994, presuppone la decisione discrezionale dell'amministrazione volta alla verifica del soddisfacimento dell'interesse pubblico con la copertura del posto vacante senza concorso, sicché resta esclusa la configurabilità di un diritto soggettivo all'accettazione di quella che, a seguito della privatizzazione del rapporto di lavoro, è da qualificare in termini di proposta contrattuale.

5. Inoltre, poiché il potere amministrativo è procedimentalizzato dalla specifica disciplina legislativa, recante l'obbligo della valutazione dell'interesse pubblico, dell'esame tempestivo e secondo correttezza e buona fede della domanda, nonché della motivazione della decisione di riammissione (ancorché negativa), il richiedente, non può chiedere la stipulazione del contratto, ma solo il risarcimento del danno da inadempimento di tali obblighi strumentali (principio affermato con riferimento al settore scolastico e a domanda di riammissione in servizio e risarcimento del danno proposta da direttrice didattica cessata dal servizio per dimissioni).

6. E' proprio la necessaria valutazione dell'interesse pubblico che preclude, dunque, la possibilità di ravvisare la continuità tra il nuovo impiego e quello precedente alla riammissione in servizio ed anzi la riammissione determina necessariamente la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro (vd. in tal senso anche la giurisprudenza amministrativa : Cons. St., sez. IV, 5 agosto 2005 n. 4200, in materia di effetti derivanti dal blocco delle assunzioni; Cons. St., sez. V, 16 aprile 1998 n. 458).

7. A fronte di tale ricostruzione dell'istituto è evidente che la individuazione della disciplina applicabile per il calcolo del trattamento di fine rapporto non potrà che conformarsi al presupposto della novità del rapporto lavorativo successivo alla riammissione.

8. Né, come già osservato dalla Corte di merito, assume valore ostativo rispetto a tale ricostruzione il contenuto dell'art. 4 del d.p.r. n. 1032/1973, secondo cui <al dipendente statale, che abbia conseguito il diritto all'indennità' di buonuscita e venga riassunto, spetta la riliquidazione dell'indennità per il complessivo servizio prestato, purché il nuovo servizio sia durato almeno due anni continuativi. La riliquidazione viene effettuata sull'ultima base contributiva. Dal nuovo importo viene detratto quello dell'indennità già conferita e dei relativi interessi composti al saggio annuo del 4,25 per cento per il periodo, computato in anni interi per difetto, intercorrente tra la prima attribuzione e quella definitiva >.

9. Occorre, infatti, considerare che l'art. 2 comma 5 della I. n. 335/1995, norma successiva rispetto al citato art. 4, ha introdotto una nuova disciplina prevedendo che per i lavoratori assunti dal 1 gennaio 1996 alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, i trattamenti di fine servizio, comunque denominati, sono regolati in base a quanto previsto dall'articolo 2120 del codice civile in materia di trattamento di fine rapporto.

10. L'introduzione di tale ultima disposizione ha comportato una profonda innovazione in materia di prestazioni di fine rapporto del personale alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni giacché il trattamento di cui all'art. 2120 cod. civ. ha caratteristiche strutturali del tutto diverse da quelle dell'indennità di buonuscita.

11. Questa Corte di legittimità ha, infatti, precisato - attesa l'inderogabilità della normativa previdenziale, nel cui ambito rientra l'indennità di buonuscita - che, mentre in merito al trattamento di fine servizio per i pubblici dipendenti già assunti alla data del 31 dicembre 1995 è demandata alla contrattazione collettiva soltanto la definizione delle modalità applicative della disciplina in materia di trattamento di fine rapporto (art. 2, comma 7, della legge n. 335 del 1995), per quelli assunti successivamente è stata prevista ed attuata una "nuova regolamentazione contrattuale della materia", destinata a superare la previgente disciplina ex art. 72, comma 3, del d.lgs. n. 29 del 1993, ora trasfuso nell'art. 69, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001.

12. Con tale regolamentazione si è realizzato un intervento complessivo di modifica del quadro normativo e non meri interventi specifici su taluni punti, quale l'inclusione di voci retributive nella base di calcolo dell'indennità di buonuscita (vd. Cass. n. 709/2012; 24673/2016).

13. Da tale strutturale difformità di disciplina tra i due trattamenti deriva la giuridica impossibilità di effettuare il ricalcolo previsto dall’art. 4 del d.p.r. 1032/1973, in quanto il presupposto applicativo implicito della norma è rappresentato dalla assoluta omogeneità delle due frazioni di prestazione sulle quali operare il ricalcolo; deriva da tale considerazione che tale norma non è applicabile alla concreta fattispecie in esame, caratterizzata dal fatto che la riammissione in servizio si è verificata all'interno del periodo di vigenza della nuova normativa.

14. Correttamente, dunque, l'Istituto ha calcolato il trattamento di fine rapporto considerando il maturato dalla riammissione alla definitiva cessazione secondo le nuove regole, a prescindere dal ricalcolo dell'importo della buonuscita già corrisposto al momento delle dimissioni rassegnate.

15. Il ricorso va, quindi rigettato. Le spese del giudizio vanno compensate attesa la novità della questione oggetto di giudizio.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.