Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 09 maggio 2017, n. 22286

Omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali - Reato ex art. 2, co. 1 bis, D. L. 463/1983 - Sospensione - Vittima dei delitti di estorsione e di usura

 

Ritenuto in fatto

 

1. La Corte di appello di Brescia, con sentenza del 23 marzo 2015, ha confermato la sentenza del Tribunale di Bergamo del 31 gennaio 2014, che aveva condannato M.R. alla pena di mesi 6 di reclusione ed € 600,00 di multa oltre alle spese per il reato di cui all'art. 2, comma 1 bis, d. I. 463 del 1983, in quanto nella sua qualità di amministratore della ditta E.L., ha omesso di versare all'INPS le ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti per i mesi da settembre 2010 a febbraio 2011 (quota complessiva € 28.515,00); accertato in Bergamo il 9 settembre 2011.

2. Ricorre per Cassazione l'imputato, tramite il difensore, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.

2. 1. Violazione dell'art. 606, comma 1, lettera B e lettera E, cod. proc. pen. in relazione all'art. 20 della I. 44/1999.

Il Giudice di primo grado osservava che le somme dei contributi non versati per le mensilità da settembre a novembre 2010, in relazione alla natura appropriativa della violazione, non potevano rientrare nella sospensione prevista dalla specifica normativa, invocata dal ricorrente. La Corte di appello con la sentenza impugnata ha ritenuto corretta la decisione del tribunale.

Il ricorrente aveva denunciato l'8 dicembre 2009 ai Carabinieri di Bergamo fatti estorsivi ai suoi danni, commessi a partire dall'ottobre del 2009; e aveva presentato richiesta al fondo di solidarietà per le vittime di estorsione e usura ai sensi della I. 44/1999, per i relativi benefici. Il Prefetto di Bergamo esprimeva parere favorevole sulla possibilità che fossero sospesi ex art. 20. L. 44/1999 i termini ricadenti entro un anno dall'evento lesivo dell'8 dicembre 2009. In conseguenza è evidente che per tali mensilità - ricadenti entro un anno dall'8 dicembre 2009, operando ex lege (trattandosi di crediti vantati dall'INPS) la sospensiva il ricorrente non poteva essere chiamato a rispondere degli inadempimenti.

Ha chiesto pertanto l'annullamento della decisione impugnata.

 

Considerato in diritto

 

3. La Corte di appello (ed il giudice di primo grado) ha ritenuto non applicabile al caso in giudizio - per le mensilità da settembre a novembre 2010 - la sospensione prevista dall'art. 20 della I., 23 febbraio n. 44 del 2009 poiché la "natura appropriativa della violazione esclude che il debito possa essere assimilato a debito ordinario, ivi compresi quelli nei confronti dell'Erario, e escluda che possa rientrare nella sospensione dei termini di cui al provvedimento prefettizio".

Il quesito di diritto posto con il ricorso per Cassazione è quello della applicabilità, o no, della normativa specifica per la sospensione dei termini prevista in favore dei soggetti vittime dei delitti di estorsione e di usura, che abbiano richiesto la specifica elargizione, prevista dall'art. 20 della I. 23 febbraio 1999, n. 44, relativamente alle somme da pagare all'INPS per le ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti.

3. 1. L'art. 20, comma 7 ter, I. 23 febbraio 1999, n. 44 (comma aggiunto dalla I. 27 gennaio 2012, n. 3) prevede: "Nelle procedure esecutive riguardanti debiti nei confronti dell'erario, ovvero di enti previdenziali ed assistenziali, non sono poste a carico dell'esecutato le sanzioni dalla data di inizio dell'evento lesivo, come definito dall'art. 3, comma 1, fino al termine di scadenza delle sospensione della proroga di cui ai commi da 1 a 4 del presente articolo".

Conseguentemente anche per i debiti verso l'INPS opera la speciale norma dell'art. 20, I. 23 febbraio 1999, n. 44.

Che prevede la sospensione dei termini. Nel concetto di debiti verso l'INPS non possono non essere ricompresi le omissioni dei versamenti contributivi, rilevanti per il reato ex art. 2, comma 1 bis, d. I. 463 del 1983. La norma infatti non distingue alcun tipo di debito nei confronti di enti previdenziali, ovvero se proveniente dalle omissioni dei pagamenti per le ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, o da altra causa. La motivazione dei giudici di merito sul punto quindi risulta manifestamente illogica perché esclude arbitrariamente dal concetto di debiti nei confronti dell'ente previdenziale (previsto espressamente, come sopra visto, nella norma dell'art. 20, comma 7 ter, I. 44/1999) le omissioni contributive per la loro "natura appropriativa". Invero la natura del debito non è prevista dalla norma, con la conseguenza che tutti i debiti con gli enti previdenziali beneficiano della norma citata.

4. Può conseguentemente affermarsi il seguente principio di diritto: "Anche i debiti previdenziali rilevanti ai fini del reato ex art. 2, comma 1 bis, d. I. 463 del 1983, devono ritenersi ricompresi nella speciale disciplina di favore prevista dall'art. 20, commi 1 e 2, I. 23 febbraio 1999, n. 44 ai fini della sospensione dei termini ricadenti entro un anno dalla denuncia".

La sentenza impugnata deve quindi annullarsi con rinvio per nuovo esame, alla Corte di appello di Brescia, in relazione all'omessa valutazione della sospensione (per i periodi applicabile).

 

P.Q.M.

 

Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Brescia, diversa composizione.