Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 30 dicembre 2016, n. 27588

Gestione commercianti - Iscrizione d'ufficio - Requisiti

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza pubblicata il 22 dicembre 2010, la Corte d'appello dell'Aquila rigettava l'appello proposto da R.M. nei confronti della sentenza di primo grado che, nel giudizio di accertamento negativo dell'obbligo contributivo proposto dalla stessa M. nei confronti dell’Inps, lo aveva parzialmente accolto (limitatamente alle somme aggiuntive, ritenute dovute a titolo di omissione e non già di evasione contributiva), dichiarando tuttavia la stessa obbligata al pagamento dei contributi conseguenti alla sua iscrizione d'ufficio alla gestione commercianti.

La Corte riteneva che sussistessero i presupposti per l'iscrizione, dal momento che l'attività svolta dalle due società in accomandita semplice, di cui la M. era socia accomandataria, era di tipo commerciale, come emergeva dalla natura dell'attività indicata nell'oggetto sociale che, nella specie, esulava dal mero godimento del patrimonio. Inoltre, le società erano organizzate e dirette con il lavoro dei soci e dei familiari e avevano prodotto redditi unicamente grazie all'apporto dell'amministratrice, in assenza di altri dipendenti.

Avverso tale pronuncia la M. ricorre per cassazione sulla base di due motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso l'Inps.

 

Motivi della decisione

 

1. - Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma 202, L. n. 662/1996, in relazione all'art. 49, comma primo, L. n. 88/1998, per avere la Corte di merito ritenuto sussistente l'obbligo della sua iscrizione nella gestione commercianti: ad avviso della parte, infatti, l'affermazione secondo cui deve aversi riguardo esclusivamente all'oggetto sociale e non anche all'attività in concreto svolta dall'amministratore, si poneva in contrasto con le norme di settore, le quali, invece, richiedono l'effettivo svolgimento di un'attività commerciale da parte del soggetto della cui iscrizione si discute. Per contro, l'attività volta alla gestione del patrimonio immobiliare non è attività commerciale, in quanto non consiste in un'attività intermediaria nella circolazione dei beni ma è attività di puro godimento di beni propri.

2. - Il secondo motivo è invece fondato sull'omessa motivazione su un fatto decisivo, ai sensi dell'art. 360, n. 5, cod.proc.civ. Si lamenta che la Corte ha dato rilievo all'entità dei redditi, senza verificare se essi fossero il frutto dell'attività commerciale della ricorrente: dall'estratto conto del suo conto corrente bancario, prodotto in giudizio e trascritto nel ricorso in ossequio al principio di autosufficienza, risultava che i redditi erano esclusivamente i canoni di locazione degli immobili di proprietà della ricorrente. Tale documento, nonostante la sua decisività, non era stato esaminato dalla corte territoriale.

3. - I motivi, che si esaminano congiuntamente in quanto connessi, sono fondati.

La disciplina relativa alla gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali e del terziario è stata, come noto, modificata dall'art. 1, comma 203, I. n. 662/1996, il quale, nel riformulare l’art. 29, comma primo n. 160/1975, ha previsto che l'obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali di cui alla legge n. 613/1966 sussiste per i soggetti che siano in possesso dei seguenti requisiti:

a) siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia, ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero siano familiari coadiutori preposti al punto di vendita;

b) abbiano la piena responsabilità dell'impresa ed assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione (ancorché tale requisito non sia richiesto per i familiari coadiutori preposti al punto di vendita nonché per i soci di società a responsabilità limitata);

c) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza;

d) siano in possesso, ove previsto da leggi o regolamenti, di licenze o autorizzazioni e/o siano iscritti in albi, registri e ruoli.

Tenuto conto che l'art. 2, I. 1397/1960, nel testo modificato dall'art. 3, I. n. 45/1986, stabilisce a sua volta che analogo obbligo di iscrizione (ricorrendo l'ulteriore requisito della partecipazione personale al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza) grava sui soci di società in nome collettivo e sui soci accomandatari di società in accomandita semplice, risulta evidente che il presupposto imprescindibile per l'iscrizione alla gestione commercianti consiste pur sempre nella prestazione di un’attività lavorativa abituale all'interno dell’impresa, sia essa gestita in forma individuale che societaria: e ciò perché - come a suo tempo rimarcato da Cass. S.U. n. 3240 del 2010 - l'assicurazione obbligatoria non intende proteggere l'elemento imprenditoriale del lavoro autonomo, ma piuttosto accomunare commercianti, coltivatori diretti e artigiani ai lavoratori dipendenti in ragione dell’espletamento di attività lavorativa abituale, qualora il loro impegno personale si connoti, rispetto agli altri fattori produttivi, come elemento prevalente all'interno dell'impresa.

Nel caso di specie, la Corte ha fondato il suo giudizio esclusivamente sulla base dell'oggetto sociale della società e sulla presunzione, in forza della quale, attesa l'entità dei redditi e l'assenza di dipendenti, essi non potevano che essere stati prodotti dall'apporto dell'amministratrice, senza tuttavia accertare se si sia trattato di un effettivo svolgimento di un'attività commerciale ovvero di una mera attività di gestione di contratti di locazione di immobili concessi in godimento a terzi.

Al riguardo deve precisarsi che questa Corte ha già affermato il principio secondo cui, ai fini dell'iscrizione nella gestione commercianti, l’attività di mera riscossione dei canoni di un immobile affittato non costituisce di norma attività d’impresa, indipendentemente dal fatto che ad esercitarla sia una società commerciale (Cass. n. 3145 del 2013), salvo che sì dia prova che costituisca attività commerciale di intermediazione immobiliare (Cass. n. 845 del 2010); e che, inoltre, l’eventuale impiego dello schema societario per attività di mero godimento, in implicito contrasto con il disposto dell’art. 2248 c.c., non può trovare una sanzione indiretta nel riconoscimento di un obbligo contributivo di cui difettino i presupposti propri, per come sopra ricostruiti.

Il ricorso, pertanto, va accolto e la causa rinviata ad altro giudice d'appello perché proceda a fare i dovuti accertamenti alla luce del seguente principio di diritto: "ai sensi dell'art. 1, comma 203, L. n. 662/1996, che ha modificato l’art. 29 L. n. 160/1975, e dell'art. 3 L. n. 45/1986, nelle società in accomandita semplice la qualità di socio accomandatario non è sufficiente a far sorgere l'obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, essendo necessaria anche la partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza, la cui ricorrenza deve essere provata dall’istituto assicuratore". Il giudice del rinvio provvederà anche a regolamentare le spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio alla Corte d'appello dell'Aquila, in diversa composizione.