Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 22 giugno 2018, n. 16541

Tributi - Accertamento - Riscossione- Cartella di pagamento - Notificazione - Contenzioso tributario

 

Ritenuto in fatto

 

1. In data 2/01/2006 l'Agenzia delle entrate notificava alla C. Srl un avviso di accertamento, ai fini IRPEG, IRAP e IVA, relativo all'anno d'imposta 2003; la società formulava istanza di accertamento con adesione, ai sensi dell'art. 6, comma 2, d.lgs. 19 giugno 1997, n. 218 e, quindi, in data 19/05/2006, sottoscriveva con l'Amministrazione finanziaria un verbale di contraddittorio; il 25/05/2006 l'Agenzia delle entrate notificava alla C. Srl, in liquidazione, un atto di rigetto dell'accertamento con adesione che veniva impugnato dalla società.

Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso della contribuente e tale decisione era confermata dalla Commissione Tributaria regionale del Piemonte (hinc: CTR) con sentenza n. 37/30/09, avverso la quale l'Agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione.

2. Nel frattempo l'Ufficio, sul presupposto dell'omessa impugnazione del summenzionato avviso di accertamento, iscriveva a ruolo le somme in esso indicate e, in data 15/06/2007, notificava alla contribuente la relativa cartella esattoriale che veniva impugnata dalla società che, con ciò, dava avvio al presente processo.

Il giudice di primo grado ha respinto il ricorso; tale decisione è stata riformata dalla CTR, con la sentenza indicata in epigrafe.

Il giudice d'appello ha ritenuto che la cartella di pagamento impugnata si fondasse sull'accertamento dei redditi della contribuente, definiti con il verbale di contraddittorio che doveva essere trasfuso nell'accertamento con adesione, sicché l'Ufficio avrebbe dovuto emettere un nuovo avviso di accertamento e non limitarsi a comunicare alla contribuente la reiezione del verbale di contraddittorio, per poi procedere ad emettere la cartella di pagamento impugnata.

Per la cassazione della sentenza della CTR propone ricorso l'Ufficio, sulla base di 15 motivi, cui resiste la contribuente con controricorso.

 

Considerato in diritto

 

1. Primo motivo di ricorso: «Nullità della sentenza impugnata per inosservanza (violazione e falsa applicazione) dell'art. 36 D. Lgs 546/92, in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c.».

La ricorrente lamenta il difetto di chiarezza della sentenza impugnata le cui rationes decidendi non sarebbero precisamente individuabili.

2. Secondo motivo: «Violazione e falsa applicazione art. 2909 c.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.».

La ricorrente denuncia l'errore di diritto ove l'interpretazione della sentenza della CTR sia nel senso che essa abbia ritenuto di essere vincolata dalle sentenze di merito, riguardanti l'impugnazione del diniego dell'accertamento con adesione, trattandosi di pronunce non definitive.

3. Terzo motivo: «Motivazione omessa su un fatto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c.».

Si deduce che la CTR non ha motivato sul passaggio in giudicato delle predette sentenze di merito.

4. Quarto motivo: «Nullità della sentenza impugnata per inosservanza (violazione e falsa applicazione) dell'art. 295 c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c.».

Si fa valere l'errore di diritto della sentenza impugnata che non ha sospeso il processo in attesa della definizione della controversia riguardante l'impugnazione del diniego di accertamento con adesione.

5. Quinto motivo: «Violazione e falsa applicazione art. 2 e 7 D. Lgs 218/97 e dei principi generali in tema di accertamento con adesione anche in combinato disposto in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.».

Il rilievo concerne l'errore di diritto della sentenza impugnata che ha  affermato che il verbale di contraddittorio del 19/05/2006 dovesse essere necessariamente trasfuso in un atto di accertamento con adesione.

6. Sesto motivo: «Violazione e falsa applicazione art. 2 e 7 D. Lgs 218/97 (anche in combinato disposto) in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.».

Si addebita alla CTR di non avere adeguatamente apprezzato le differenze strutturali tra l'accertamento con adesione ed il verbale di contraddittorio.

7. Settimo motivo: «Motivazione omessa su un fatto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c.».

La sentenza impugnata è criticata per non avere verificato se il verbale di contraddittorio contenesse una manifestazione di volontà "certa" di addivenire ad un accertamento con adesione.

8. Ottavo motivo: «Motivazione omessa su un fatto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c.».

La sentenza impugnata è criticata per non avere verificato se il verbale di contraddittorio contenesse la liquidazione delle maggiori imposte e delle sanzioni dovute dalla contribuente.

9. Nono motivo: «Motivazione omessa su un fatto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c.».

La sentenza impugnata è criticata per non avere verificato se il verbale di contraddittorio contenesse: «l'indicazione separata per ciascuno dei tributi interessati dall'accertamento con adesione stipulando [...].» (cfr. pag. 84 del ricorso).

10. Decimo motivo: «Violazione e falsa applicazione art. 7 D. Lgs 218/97 in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.».

La ricorrente censura la sentenza della CTR ove essa debba essere interpretata nel senso di equiparare il verbale di contraddittorio all'accertamento con adesione, sulla scorta di un solo elemento (l'accordo tra le parti sugli aspetti essenziali per la determinazione del reddito), trascurando gli altri elementi, nella specie insussistenti, vale a dire: che l'accertamento con adesione reca tale esplicita denominazione; che in esso debbono essere liquidate le maggiori imposte e le sanzioni e, ancora, che in esso, separatamente per ciascun tributo, vanno indicati gli elementi e le motivazioni su cui la definizione si fonda; infine, che esso deve essere firmato dal direttore dell'Ufficio o da un suo delegato.

11. Undicesimo motivo: «Motivazione omessa su un fatto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c.».

La sentenza impugnata è criticata per non avere verificato se il verbale di contraddittorio contenesse la denominazione di accertamento con adesione.

12. Dodicesimo motivo: «Motivazione omessa su un fatto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c.».

La sentenza impugnata è criticata per non avere verificato se il verbale di contraddittorio contenesse la liquidazione delle maggiori imposte e delle sanzioni dovute dalla contribuente.

13. Tredicesimo motivo: «Motivazione omessa su un fatto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c.».

La sentenza impugnata è criticata per non avere verificato se il verbale di contraddittorio contenesse l'indicazione separata, per ciascun tributo oggetto dell'accertamento, degli elementi e della motivazione sulla quale la definizione si fondava (come stabilito dall'art. 7, comma 1, d.lgs. n. 218/1997).

14. Quattordicesimo motivo: «Motivazione omessa su un fatto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c.». La sentenza impugnata è criticata per non avere verificato se il verbale di contraddittorio contenesse la precisa indicazione della volontà attuale di addivenire ad un accertamento con adesione.

15. Quindicesimo motivo: «Motivazione omessa su un fatto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c.».

La sentenza impugnata è criticata per non avere verificato se il verbale di contraddittorio fosse stato sottoscritto dal direttore del competente Ufficio o da un suo delegato.

16. I quindici motivi del ricorso proposto dall'Ufficio investono diversi aspetti della controversia, ma la loro numerazione non risponde ad un preciso criterio di priorità, sul piano logico-giuridico.

16.1. In ossequio al principio d'economia, quindi, conviene esaminarli a prescindere dalla loro sequenza numerica, cominciando da quelli che consentono di trarre la ragione più liquida di definizione della res litigiosa.

Ciò premesso sul piano sistematico, il quinto, il sesto e il decimo motivo, da esaminare congiuntamente perché strettamente connessi, sono fondati.

Con questi profili di critica si denuncia, sotto diverse angolazioni, il vizio della sentenza impugnata che, secondo la prospettazione difensiva dell'Ufficio, avrebbe affermato contra legem l'equivalenza, sul piano giuridico, tra il "verbale di contraddittorio" e "l’atto di accertamento con adesione".

Osserva, al riguardo, la Corte che l'Amministrazione finanziaria ha correttamente individuato la ratio decidendí della sentenza impugnata che, sia pure in modo implicito, considera il verbale di contraddittorio, quale atto interno al procedimento di accertamento con adesione, alla stregua dell'atto di accertamento con adesione.

Infatti, nella sentenza si stabilisce che: «la Commissione non può disconoscere [...] valore ad un verbale di accordo tra le parti che contiene elementi essenziali per la definizione del reddito per l'anno 2003. Erra l'Ufficio quando comunica la reiezione del verbale di contraddittorio, senza emettere un nuovo avviso di accertamento [...]» (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata).

Muovendo dalla premessa giuridica dell'equiparazione tra due atti amministrativi - il verbale di contraddittorio e l'atto di accertamento con adesione (disciplinato dall'art. 7, d.lgs. n. 218/1997) - eterogenei e perciò non equiparabili, la CTR afferma (erroneamente) l'illegittimità della cartella esattoriale, emessa in base all'originario avviso di accertamento (quello notificato il 2/01/2006, cui segue la richiesta di accertamento con adesione da parte della contribuente) e soggiunge che, dopo la comunicazione alla contribuente della reiezione del verbale di contraddittorio, l'Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto emettere un nuovo avviso di accertamento.

16.2. La decisione della CTR non è conforme a diritto, perché si discosta dall'orientamento della Corte (Cass. 10/02/2017, n. 3586) - che qui rileva come giudicato esterno - che, definendo la controversia concernente l'impugnazione (da parte della contribuente) del diniego di accertamento con adesione (di cui si discute anche in questo giudizio), ha stabilito che: «[ritenere] il verbale di cui trattasi come un compiuto accertamento con adesione, è senza dubbio in contrasto con l'art. 7 del d.lgs. n. 218 del 1998 che, ai fini delle imposte dirette, prevede che "l'accertamento con adesione è redatto con atto scritto in duplice esemplare, sottoscritto dal contribuente e dal capo dell'ufficio o da un suo delegato. Nell'atto sono indicati, separatamente per ciascun tributo, gli elementi e la motivazione su cui la definizione si fonda, nonché la liquidazione delle maggiori imposte, delle sanzioni e delle altre somme eventualmente dovute, anche in forma rateale", elementi questi che pacificamente non sono presenti nella fattispecie e non possono essere sostituiti da calcoli unilaterali, stante anche l'esigenza che la rateazione venga specificamente concessa, concludendosi poi l'accordo con il versamento delle rate (salvo, in base a disciplina successiva, il ravvedimento operoso). Ne deriva, quindi, che - anche al di là del dato testuale dell'intitolazione dell'atto, che può assumere valenza indicativa - l'assenza nel verbale, per come descritto in ricorso e nella sentenza impugnata, della liquidazione delle maggiori imposte, delle sanzioni e delle altre somme eventualmente dovute, anche in forma rateale, non ne consente - ai fini di quanto si dirà nel senso della decisione di merito da parte di questa corte - la qualificazione quale accertamento con adesione.».

16.3. Conclusivamente, l'Amministrazione finanziaria, in seguito al diniego dell'accertamento con adesione, non era tenuta ad emettere un nuovo avviso di accertamento prima di procedere all'iscrizione al ruolo del credito tributario e alla conseguente emissione della cartella di pagamento.

17. L'accoglimento dei tre anzidetti motivi rende superfluo l'esame degli altri, che rimangono assorbiti.

18. In definitiva, la sentenza impugnata va cassata; non è necessario il rinvio alla CTR in quanto, una volta stabilito che il verbale di contraddittorio non è equiparabile all'atto di accertamento con adesione, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.

19. Le spese processuali dei due gradi del giudizio di merito vanno compensate, tra le parti, poiché, all'epoca dell'instaurazione della causa, non esisteva un chiaro orientamento giurisprudenziale; le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso;

cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente;

compensa, tra le parti, le spese processuali dei gradi di merito;

condanna la contribuente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 15.000,00 a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.