Prassi - AGENZIA DELLE ENTRATE - Risposta 18 luglio 2019, n. 272

Interpello articolo 11, comma 1, lettera a), legge 27 luglio 2000, n. 212 - Regime speciale per lavoratori impatriati - Continuità dell’attività lavorativa all’estero - Articolo 16, comma 2, decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147

 

Con l’interpello specificato in oggetto è stato esposto il seguente

 

Quesito

 

ALFA (di seguito, "Istante") dichiara di avere conseguito, in data 20 luglio 2012, la Laurea Magistrale in International Management presso l’Università BETA e di avere frequentato, dal 17 agosto 2015 al 26 luglio 2017, un Master in Business Administration (MBA) presso la London Business School (LBS) di Londra.

In data 25 gennaio 2016, l’istante ha ottenuto l’iscrizione all’AIRE. Tuttavia, fino al periodo d’imposta 2017, egli ha presentato la dichiarazione dei redditi in Italia in qualità di soggetto residente, assoggettando a tassazione in Italia i compensi percepiti quale membro del Consiglio di Amministrazione di una società italiana.

In data 17 luglio 2017, l’Istante ha iniziato un rapporto di lavoro dipendente con GAMMA presso la sede di Londra. Tale rapporto lavorativo è terminato con effetto dal 31 dicembre 2018, sebbene dal 5 dicembre 2018 - dopo avere rassegnato le proprie dimissioni - il contribuente fosse in aspettativa retribuita con il divieto fino al 31 dicembre 2018 di avviare altri rapporti di lavoro.

L’Istante fa, altresì, presente di avere stipulato, in data 20 novembre 2018, un contratto di lavoro dipendente con DELTA. La nuova attività lavorativa ha avuto effettivamente inizio il 7 gennaio 2019 (allegato 9). Il contratto prevede che, fino all’apertura della sede italiana di DELTA (prevista per agosto 2019), il contribuente svolgerà il proprio lavoro presso la sede di Londra e che, successivamente, lo stesso potrà essere trasferito presso la sede italiana. Una volta che sarà aperta la sede italiana, il contribuente intende trasferirsi a .... per essere assunto presso l’ufficio italiano di DELTA.

Ciò posto, l’Istante chiede se, con decorrenza dal periodo d’imposta 2020, possa fruire del beneficio fiscale previsto dall’articolo 16, comma 2, del d.lgs. n. 147 del 2015. In particolare chiede:

1) se il periodo d’attività lavorativa svolta all’estero alle dipendenze di GAMMA e di DELTA possa essere considerato svolto in modo "continuativo", ancorché tra la fine del primo e l’inizio del secondo lavoro si sia verificata una breve interruzione coincidente con la festività natalizie;

2) in subordine, in caso di risposta negativa, se, al fine di fruire dell’agevolazione in commento, sia necessario che l’attività continuativa di studio svolta all’estero per almeno 24 mesi debba essere svolta in concomitanza con il requisito della residenza fiscale all’estero. Chiede di sapere, in altri termini, se il requisito dell’attività di studio all’estero debba essere coevo al periodo di residenza fiscale all’estero o se, viceversa, sia ammissibile che durante il periodo di studio post universitario all’estero, l’Istante possa svolgere anche attività lavorativa in Italia mantenendo ivi la propria residenza fiscale.

 

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

 

L’interpellante ritiene che il requisito della residenza all’estero, per il periodo minimo richiesto di 24 mesi, risulta integrato in quanto, assumendo che il rientro in Italia avvenga alla fine di agosto 2019, per i periodi d’imposta 2018 e 2019 non risulta verificato nessuno dei tre presupposti cui l’articolo 2 del TUIR che riconnette la residenza fiscale in Italia.

A tal fine, il contribuente evidenzia di essere iscritto all’AIRE e, dunque cancellato dall’anagrafe della popolazione residente, a partire dal 25 gennaio 2016, avendo trasferito la propria dimora abituale a Londra come risulta, tra l’altro dai contratti di affitto e dagli estratti conto inviati da GAMMA, dall’estate del 2015 in concomitanza con l’inizio del MBA.

Inoltre, l’Istante rileva che dal 2018 non ha percepito alcun compenso per l’attività di lavoro svolta in Italia in qualità di amministratore e, nello stesso anno, si è sposato e vive stabilmente a Londra con la moglie, sicché ritiene che, a partire da tale periodo di imposta e per il successivo (assumendo che il trasferimento in Italia avvenga nella seconda metà del 2019), la sede principale dei suoi affari ed interessi sia localizzata nel Regno Unito.

Posto che il rientro in Italia è previsto nella seconda metà del 2019 e che, pertanto, il contribuente acquisirà la residenza in Italia a partire dal 2020, l’Istante ritiene di poter rientrare nel regime degli impatriati a partire da tale periodo d’imposta (2020).

In particolare, con riferimento al quesito 1 (svolgimento dell’attività lavorativa all’estero), il contribuente ritiene che, al momento del suo rientro in Italia alla fine di agosto 2019, avrà maturato il requisito dell’attività di lavoro all’estero per un periodo di 24 mesi (dal 17 luglio 2017 al 31 dicembre 2018 presso GAMMA e dal 7 gennaio 2019 alla fine di agosto 2019 presso DELTA).

Relativamente al requisito della continuità dell’attività di lavoro svolta fuori dall’Italia, il contribuente ritiene che detto requisito si considera soddisfatto e che, a tal fine, non rilevi la circostanza che tra due rapporti di lavoro si sia verificata una interruzione dell’attività lavorativa di circa una settimana (dall’1 al 6 gennaio 2019) fisiologica all’avvicendamento di una nuova posizione lavorativa e, peraltro, coincidente con le vacanze natalizie.

Per completezza, ai fini della verifica del predetto requisito, l’Istante precisa che il periodo d’aspettativa (dal 5 al 31 dicembre 2018) deve, a suo parere, ritenersi equiparabile all’attività lavorativa in quanto nel suddetto periodo lo stesso ha percepito in misura piena la remunerazione ed inoltre gli è stato fatto espresso divieto di iniziare altre attività lavorative, trattandosi in sostanza di un periodo di aspettativa disposta nell’interesse del datore di lavoro per evitare che il proprio ex dipendente potesse trasferire a terzi informazioni acquisite nello svolgimento dell’attività lavorativa.

Con riferimento al quesito 2 (attività di studio all’estero), l’Istante ritiene comunque di potere beneficiare del regime speciale dei lavoratori impatriati avendo svolto attività di studio all’estero per 24 mesi continuativi conseguendo una specializzazione post lauream, avendo frequentato dal 17 agosto 2015 al 26 luglio 2017 un MBA in Londra della durata di due anni accademici, conseguendo il relativo titolo.

In particolare, il contribuente istante ritiene irrilevante, ai fini della verifica del requisito in questione, la circostanza che durante il periodo di studio all’estero egli fosse ancora fiscalmente residente in Italia. E ciò, in quanto la norma non richiede la necessaria coincidenza tra gli anni di studio all’estero (2015-2017) e gli anni in cui il contribuente è residente all’estero (2018-2019).

 

Parere dell’agenzia delle entrate

 

L’articolo 16, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 (c.d. decreto internazionalizzazione) ha introdotto il "regime speciale per lavoratori impatriati" al fine di incentivare il trasferimento in Italia di lavoratori con alte qualificazioni e specializzazioni e favorire lo sviluppo tecnologico, scientifico e culturale del nostro Paese.

Verificandosi i requisiti e le condizioni previsti, alternativamente, dal comma 1 o dal comma 2 dell’articolo 16 sopra citato, la disposizione prevede che i redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 50 per cento a decorrere dal periodo di imposta in cui il lavoratore trasferisce la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi (articolo 16, comma 3).

In particolare, il comma 2 del detto articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 prevede che il criterio di determinazione del reddito di cui al comma 1 si applichi anche ai soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 30 dicembre 2010, n. 238, le cui categorie sono state individuate con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 26 maggio 2016, attuativo della disposizione in esame.

In base a quanto previsto dall'articolo 16 e dal decreto attuativo, i soggetti individuati dal comma 2, per accedere al beneficio, devono avere, tra l'altro, i seguenti requisiti:

a) essere in possesso di un titolo di laurea;

b) aver svolto continuativamente un’attività di lavoro o di studio fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più.

Con riferimento all’attività di lavoro e di studio all’estero, la circolare n. 17/E del 23 maggio 2017 ha precisato che "il requisito dello svolgimento dell’attività di lavoro o studio all’estero in modo continuativo negli ultimi ventiquattro mesi, non deve necessariamente far riferimento all’attività svolta nei due anni immediatamente precedenti il rientro, essendo sufficiente che l’interessato, prima di rientrare in Italia, abbia svolto tali attività all’estero per un periodo minimo ed ininterrotto di almeno ventiquattro mesi. Infine, relativamente all’attività di studio, tale requisito è soddisfatto a condizione che il soggetto consegua la laurea o altro titolo accademico post lauream aventi la durata di almeno due anni accademici".

Per accedere al regime speciale in esame, la norma istitutiva presuppone, inoltre, che il soggetto non sia stato residente in Italia per un periodo minimo precedente all’impatrio.

A tal fine, si osserva che il comma 2 dell’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 non indica espressamente un periodo minimo di residenza estera, come, invece, previsto per i soggetti di cui al comma 1 del medesimo articolo 16.

A tale proposito, come chiarito con la risoluzione n. 51/E del 7 luglio 2018, considerato che il comma 2 prevede un periodo minimo di lavoro all’estero di due anni, si ritiene che per i predetti soggetti, la residenza all’estero per almeno due periodi d’imposta costituisce il periodo minimo sufficiente ad integrare il requisito della non residenza nel territorio dello Stato e a consentire, pertanto, l’accesso al regime agevolativo.

Detti soggetti, pertanto, possono accedere all’agevolazione a condizione che trasferiscano la residenza in Italia, ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, e si impegnino a permanervi per almeno due anni.

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 2 del TUIR, sono residenti in Italia le persone fisiche che, per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile. Le condizioni appena indicate sono fra loro alternative; pertanto, la sussistenza anche di una sola di esse è sufficiente a fare ritenere che un soggetto sia qualificato, ai fini fiscali, residente in Italia.

Per fruire del beneficio fiscale di cui al citato comma 2 dell’articolo 16, il soggetto, per i due periodi di imposta antecedenti a quello in cui si rende applicabile l’agevolazione, non deve essere iscritto nelle liste anagrafiche della popolazione residente e non deve avere avuto nel territorio dello Stato il centro principale dei propri affari ed interessi, né la dimora abituale, circostanze queste ultime, che richiedono verifiche di fatto non esperibili in sede di interpello (cfr. circolare n. 9/E del 1 aprile 2016).

Ciò premesso, con riferimento al caso di specie, posto che il rientro in Italia dell’Istante è previsto alla fine di agosto 2019, si ritiene che, al momento del rientro, lo stesso avrà maturato il requisito della residenza estera nonché quello di svolgimento dell’attività di lavoro all’estero per un periodo di almeno ventiquattro mesi.

Pertanto, in presenza di tutti i presupposti previsti dalla normativa di riferimento, l’Istante può essere ammesso a fruire dell’agevolazione di cui al citato art. 16, comma 2, del d.lgs. n.147 del 2015 dall’anno d’imposta 2020.

Al riguardo, si evidenzia che da ultimo l’articolo 5, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, in vigore dal 1° maggio 2019 e attualmente in fase di conversione in legge, ha apportato modifiche e integrazioni all’articolo 16, del d.lgs. n. 147 del 2015 in commento.

Le modifiche introdotte trovano applicazione, in linea generale, ai sensi del comma 2 del citato articolo 5 del d.l. n. 34 del 2019, "a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto" e, pertanto, per i soggetti che acquisiscono la residenza fiscale in Italia a partire dal periodo d’imposta 2020.

In particolare, ai sensi del comma 1 della nuova disposizione "i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30 per cento del loro ammontare".

Occorre, altresì, evidenziare che il successivo comma 5-bis, di nuova introduzione, stabilisce che la percentuale del reddito imponibile si riduce al 10 per cento "per i soggetti che trasferiscono la residenza in una delle seguenti regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia".

Si osserva, infine, che il comma 3 dell’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 prevede che il contribuente fruisce dell’agevolazione dal periodo d’imposta in cui acquisisce la residenza fiscale nel territorio dello Stato e per i quattro periodi d’imposta successivi ma, con le integrazioni apportate dal suddetto articolo 5 del d.l. n. 34 del 2019 (attualmente in corso di conversione) è stata prevista l’estensione ad ulteriori periodi d’imposta in cui il soggetto, a determinate condizioni, può continuare a godere dell’agevolazione in esame.

Infatti, il comma 3-bis dell’articolo 16 sopra citato, in vigore dal 1° maggio 2019, prevede che "Le disposizioni del presente articolo si applicano per ulteriori cinque periodi di imposta ai lavoratori con almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo. Le disposizioni del presente articolo si applicano per ulteriori cinque periodi di imposta anche nel caso in cui i lavoratori diventino proprietari di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento; l’unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà. In entrambi i casi, i redditi di cui al comma 1, negli ulteriori cinque periodi di imposta, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50 per cento del loro ammontare. Per i lavoratori che abbiano almeno tre figli minorenni o a carico, anche in affido preadottivo, i redditi di cui al comma 1, negli ulteriori cinque periodi di imposta, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 10 per cento del loro ammontare".

Si pone, infine, l’attenzione sulla circostanza che la presente risposta tiene conto di disposizioni attualmente vigenti e che sarà onere dell’Istante verificare se le stesse saranno oggetto di eventuali modifiche in sede di conversione del citato decreto legge n. 34 del 2019.